EU Kids, i rischi per i piccoli sul web

Ricerca europea pluriennale sui pericoli online. La responsabilità dei genitori. La prevenzione
Sorto per studiare come i bambini e gli adolescenti, e anche i loro genitori, usano Internet in Europa, il progetto Eu Kids Online nacque nel 2006, promosso dalla Commissione europea. A dirigere le ricerche, Sonia Livingstone e Leslie Haddon della London School of Economics and Political Science, coordinando il lavoro di squadre di ricercatori di diversi Paesi. Nella prima fase (2006-2009) vi parteciparono 21 Paesi, nella seconda (2009-2011) furono 25, e ormai vi lavorano gruppi di ricercatori di 33 Paesi, oltre a quelli che in Sudamerica si sono aggiunti al progetto. Negli ultimi anni si sono svolte ricerche che tentano di andare al passo degli avanzamenti tecnologici in materia di comunicazione digitale: Net Children Go Mobile, Global Kids Online, Toddlers and Tablets.
Per capire un po’ Eu Kids Online, soffermiamoci sugli obiettivi della seconda fase (2009-2011), in cui i ricercatori si dettero il traguardo di migliorare la base di conoscenza sulle esperienze dei minorenni e i loro genitori riguardanti l’uso rischioso o sicuro di Internet e le nuove tecnologie online, allo scopo di disegnare un ambiente online più sicuro per i minorenni. Con lo sguardo fisso su questa meta, fu messo di rilevo come incidono i rischi online nei bambini e adolescenti, quali sono, e perché, quelli più a rischio, tenendo conto dei fattori di vulnerabilità, e qual è l’effettività dei controlli parentali e le strategie di sensibilizzazione.
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Per raggiugere l’obiettivo, fu disegnato un insieme di strumenti di analisi statistica in grado di concludere con precisione come accedono i minorenni a Internet, l’uso che ne fanno, i rischi che trovano e la loro capacità di affrontarli. E lo stesso per i genitori, aggiungendo la preoccupazione sull’uso che i loro figli fanno di Internet. Lo scopo finale, dunque, era di identificare e diffondere delle raccomandazioni per sviluppare iniziative sulla sicurezza in Europa.
Uno degli ultimi rapporti, presentato martedì scorso nella sede della rappresentanza della Commissione europea a Madrid, è quello elaborato dall’equipe dell’Università dei Paesi Baschi, dal titolo “Tra selfies e whatsapps. Opportunità e rischi per i bambini e gli adolescenti collegati“. Lo studio, diretto dalla professoressa Maialen Garmendia, tira fuori delle novità legate alla diffusione dei dispositivi mobili, ogni volta più sviluppati, tra i minorenni spagnoli. Così, mentre nel 2010 i bambini accedevano a Internet raggiunti i 10 anni, oggi lo fanno con solo 7 anni. Afferma però Garmendia che «nonostante la presenza dei minorenni in Internet e il fatto che l’uso di cellulari, computer e tablets incomincia a un’età sempre più precoce, l’esposizione ai rischi non è aumentata nella stessa proporzione».
Parlando poi dei rischi più comuni, come il cyberbullismo, il rapporto conclude che, se pure e vero che il bullismo nei ragazzi tra 9 e 16 anni e aumentato da un 15% a un 31% negli ultimi 6 anni, è molto più frequente quello che si produce “faccia a faccia” che non quello su internet o attraverso il cellulare. Sono poi i bambini di 9 e 10 anni quelli che mostrano più dispiacere in una situazione di cyberbullismo mentre con l’età aumenta la capacità di gestire meglio la situazione, in modo che solo un 6% dei ragazzi di 15 e 16 anni dicono essersi sentiti «molto dispiaciuti» in tale situazione.
Un altro pericolo, i contatti “faccia a faccia” con persone sconosciute, ha poca rilevanza perché i ragazzi «prendono precauzioni quando contattano sconosciuti e vanno sempre accompagnati da amici». Riguardo poi ai contenuti disponibili nella Rete, uno su tre minori ammette di aver visto qualcosa di «potenzialmente dannoso», come i messaggi di odio, disordini alimentari, forme di suicidio o esperienze sulla droga. Per ultimo, il 74 % dei giovani di 13 e 14 anni ha un profilo in un social network, anche se è illegale per i minori di 14 anni.

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