Emergenza idrica a Teramo

Per 12 ore migliaia di teramani e abitanti dei comuni limitrofi hanno preso d'assalto gli scaffali dei supermercati a seguito del divieto di potabilità dell'acqua proveniente dal massiccio del Gran Sasso. Ecco i fatti e le motivazioni

Alla fine il timore che si potesse verificare una situazione simile a quella di gennaio, quando molte zone rimasero senza luce anche per 8 giorni, ha prevalso tra la gente. È così che molti teramani hanno preso letteralmente d’assalto gli scaffali dei supermercati per approvvigiornarsi d’acqua a seguito del divieto di potabilità dell’acqua gestita dalla Ruzzo spa e proveniente dal massiccio del Gran Sasso. Per 12 ore è stata emergenza idrica per 300 mila persone di Teramo e altri 31 comuni. Poi, dopo nuovi prelievi, il 10 maggio l’Asl di Teramo ha dato il via libera all’uso potabile. Della vicenda ne ha parlato anche lo stesso ministro della Salute Beatrice Lorenzin in visita a Teramo l’11 maggio dichiarando che occorre una “vigilanza rafforzata” data la ripetitività dei casi. Intanto è stata aperta un’inchiesta con pool di tre magistrati che si occuperà di indagare su questo nuovo capitolo di una vicenda  più ampia.

Il fatto. Ma intanto facciamo un passo indietro. L’8 maggio l’allarme era scattato in seguito ai prelievi effettuati dall’Arta (Agenzia regionale per la tutela dell’ambiente) al Traforo del Gran Sasso e comunicato con una nota del Sian dell’Asl di Teramo in cui si stabiliva la non conformità dell’acqua per “odore e sapore non accettabili” durante un prelievo di monitoraggio. Si è disposta così la messa a scarico da parte del gestore, la Ruzzo spa, dell’acqua proveniente dallo sbarramento. Sempre nella stessa nota il Sian aveva perciò disposto l’uso per soli fini igienici con il divieto dell’uso potabile. A partire dal pomeriggio di martedì 9 maggio, il mancato approvvigionamento dalle sorgenti del Gran Sasso ha provocato così la progressiva disalimentazione delle utenze in 32 comuni del teramano.

I protagonisti. Questa vicenda sembra avere 4 attori principali: il gestore, la Ruzzo Reti spa, la Asl di Teramo, l’autostrada dei Parchi e il laboratorio INFN (Istituto nazionale di Fisica nucleare). Un problema ben conosciuto in zona. Il massiccio del Gran Sasso è la più grande idrostruttura dell’Abruzzo e  viene utilizzato da più acquedotti: il Ruzzo che serve la provincia di Teramo, l’Aquila e l’Aca. 1,2 milioni le persone servite. Da anni si parla del fatto di come le realizzazioni delle due canne del Traforo e del laboratorio dell’INFN  abbiano avuto dei riflessi sull’acquedotto.

I precedenti. Già nel 2002 c’era stato un caso di sversamento accidentale di trimetilbenzene proveniente dalla sala C dei Laboratori dell’INFN. L’indagine evidenziò che c’era un contatto idraulico fra laboratorio e le acque prelevate dagli acquedotti.

Il secondo caso è avvento nell’agosto 2016  quando l’Arta, agenzia regionale per la tutela ambientale, ha rilevato la presenza di diclorometano nell’acqua con valori inferiori ai limiti di legge per le acque potabili ma superiori ai limiti per le acque sotterranee. La notizia dell’incidente è avvenuta solo due mesi dopo.

Il sindaco. Intanto il sindaco dimissionario della provincia di Teramo, Maurizio Brucchi, a seguito del rientro dell’emergenza acqua, ha affidato a Facebook l’annuncio ufficioso del ritiro delle dimissioni in questo momento delicato per la popolazione: «Sento il bisogno di riprendere il mio posto di Sindaco per difendere il bene più prezioso che noi abbiamo: la nostra acqua». Attraverso il il social-network continua: «È importante capire quello che è successo, perché è successo e cosa bisogna fare».

Le dichiarazioni dell’INFN e della Strada dei Parchi. In queste ore si susseguono i comunicati dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS) dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) che informano che le acque provenienti dal punto di captazione interno ai Laboratori sono messe a scarico dal primo maggio. Si legge nella nota che dal 1 maggio «tutte le acque provenienti dai laboratori non vengono immesse nella rete idrica dell’acquedotto del Ruzzo». Una misura precauzionale d’intesa con la ASL, si legge: «In occasione dei lavori di parziale ripavimentazione in corso nei Laboratori sotterranei».

Anche la Strada dei Parchi Spa, la società che gestisce l’autostrade A24 dove si trova il traforo del Grano Sasso ha diramato un comunicato stampa: «Se non bastasse ciò a rendere infondata la possibilità che la nostra attività di manutenzione possa aver creato un qualche problema alla falda e all’acquedotto, ci pensano i fatti a dimostrare l’infondatezza del sospetto».

La Associazioni.  Nel frattempo il mondo associativo  si sta muovendo in diverse direzioni per trovare nuove vie. WWF, Legambiente, Mountain Wilderness e ARCI  auspicano che si possa creare un movimento partecipato e che si crei un “Osservatorio indipendente sull’acqua del Gran Sasso d’Italia”. D’altro canto il Forum H2O denuncia la presenza già nei campioni raccolti il 4 e 5 maggio, di sostanze quali il Toluene, l’Etilbenzene e lo Xilene in occasione dei lavori di verniciatura realizzati tra il 3 e il 5 maggio nei tunnel.

La popolazione. Infine, la popolazione ha molto commentato la vicenda sui social: da una prima preoccupazione per l’approvvigionamento dell’acqua si è passati ad oggi a chiedere di far chiarezza  su tutta la vicenda. Ma si chiede altresì di attuare un sistema di messa in sicurezza per la gli abitanti e che salvaguardi l’ambiente.

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