Elezioni, riforma del carcere in pericolo

Ultime ore per poter approvare la riforma Orlando su certezza e umanità della pena. Il peso del calcolo elettorale e lo sciopero dei garanti dei diritti dei detenuti
ANSA / CIRO FUSCO

C’è una data da tenere sotto controllo che metterà alla prova il governo e le forze politiche sui problemi dell’esecuzione penale: giovedì 22 febbraio 2018. Per capire di che si tratta occorre fare qualche passo indietro.

Era il 19 maggio 2015 quando nel carcere di Bollate il Ministro della Giustizia Orlando apriva i tavoli degli Stati Generali sull’esecuzione penale e assegnava sei mesi di tempo per la conclusione dei lavori. Si trattava di una grande rivisitazione dell’esecuzione della pena, della normativa che la governa e in particolare dell’ordinamento penitenziario risalente al 1975. Il 14 giugno 2017 il Parlamento approva la legge delega che indicava al Governo i riferimenti e i paletti per procedere, con decreti delegati, alla concretizzazione dei principi enunciati nella delega.

Con un lavoro serrato e straordinariamente puntuale, tre commissioni ministeriali hanno redatto i decreti delegati che sono stati approvati dal Consiglio dei ministri e inviati alle Camere per i previsti pareri prima della loro promulgazione. C’è stato in questo mese il pronunciamento delle commissioni competenti di Camera e Senato che hanno prodotto delle osservazioni alle quali il governo deve “controdedurre”, deve cioè spiegare ed eventualmente correggere quello che le commissioni hanno chiesto di modificare.

Ma nel frattempo le Camere sono state sciolte ed è iniziata  la campagna elettorale  caratterizzata da generose e costosissime promesse. Tutti promettono mari e monti ma della questione penale si parla solo per prefigurare miracolose assunzioni di personale nelle forze dell’ordine,con corrispettivo aumento di stipendio e per reclamare più sicurezza per i cittadini. Per tutti la sicurezza dei cittadini sarebbe garantita da una frase magica: certezza della pena!” Nessuno spiega cosa esattamente significhi questa espressione o di quali contenuti riempia questa affermazione.

Gli argomenti che riguardano la vita dei carcerati e dell’ esecuzione della pena sono urticanti e non si può rischiare di perdere voti per far star meglio i detenuti. Sta di fatto che tutto il lavoro degli Stati Generali, delle tre Commissioni ministeriali e del Governo stesso rischia di essere vanificato se entro il 4 marzo non verranno promulgati i decreti attuativi della legge delega che porta il titolo “modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario”. Per compiere questo passo decisivo non resta che l’ultimo Consiglio dei Ministri utile fissato per giovedì 22 febbraio.

La delega, in termini finanziari, non costituisce un aggravio di spesa essendo state stralciate dal decreto legislativo i provvedimenti onerosi riguardanti, per esempio il lavoro in carcere. Le modifiche all’ordinamento penitenziario quindi vanno a incidere su norme che meglio definiscono diritti e doveri delle persone detenute, semplificano procedure di accesso alle misure alternative contribuiscono, in definitiva, ad una chirurgica e puntuale rivisitazione di un assetto normativo che richiede, dopo 42 anni della sua entrata in vigore, il necessario adeguamento alle mutate situazioni sociali del nostro Paese.Qualsiasi costruzione ha bisogno di costante manutenzione per non farlo cadere in rovina. A maggior ragione l’edificio penitenziario che inevitabilmente diventa specchio della civiltà di una nazione. Non possiamo dimenticare le numerose procedure di infrazione e i numerosi deferimenti dell’Italia alla Corte Europea di Giustizia sul tema dei diritti umani in carcere. C’è voluta la sentenza Torreggiani, e la relativa condanna, per imporre a tamburo battente un adeguamento degli standard detentivi nelle carceri italiane.

Un politico affidabile si assume la responsabilità di decisioni impopolari ma necessarie, specialmente quando sono in ballo i valori della dignità della persona che non cessa di essere tale anche se responsabile di gravi reati. Per questo deve scontare la giusta pena che, è bene ricordarlo, consiste nella privazione della libertà senza ulteriori e gratuite “pene” aggiuntive non previste dal codice penale. Come cittadini abbiamo il diritto di vedere puniti gli autori dei reati che tanto ci allarmano, ma la nostra Costituzione, di cui dobbiamo andare orgogliosi, ci indica una strada: la pena deve tendere alla rieducazione del condannato. Ci deve cioè restituire cittadini che si vogliono impegnare a non delinquere. Se questo obiettivo è rimosso o oscurato dal cedimento verso interpretazioni strettamente punitive, si finisce per  moltiplicare i costi della sicurezza comprensivi di quelli collaterali sulla convivenza civile.

Per questi motivi il 22 febbraio oltre 30 Garanti dei diritti delle persone  detenute o private della libertà personale, figura di tutela prevista nell’ordinamento penitenziario, hanno dichiarato di volersi unire al digiuno di protesta che sta portando avanti l’esponente radicale Rita Bernardini assieme a  migliaia di detenuti per sollecitare il Governo a dare attuazione alla riforma dell’Ordinamento penitenziario promulgando i decreti attuativi della legge delega. Una opportunità di credibilità per una norma di civiltà, frutto di un lungo e poco conosciuto lavoro condiviso tra gli operatori della giusti

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