Edda

La storia vista dal salotto di casa del Duce. Presentando alla stampa Edda il film tv (Raduno) in due puntate sulla vita della figlia primogenita di Mussolini e di suo marito Galeazzo Ciano, gli autori e i produttori non hanno fatto mistero del loro obiettivo: raccontare la storia del ventennio dalla prospettiva inedita dell’intimità familiare del capo del fascismo. Dell’Italia in camicia nera molto si è detto e molto si è visto. Rifiutando l’opzione documentaristica, restava in piedi la versione romanzata dove i fatti sono tutti veri, ma la concatenazione degli eventi narrati si snoda attorno ad una vicenda privata con qualche concessione al melodramma. In questo caso il cuore della storia non è l’Italia che passa dalla marcia su Roma a Piazzale Loreto, ma la drammatica love story tra la mascolina e moderna Edda e suo marito, il dongiovanni e delfino del Duce, Galeazzo. La convinzione, suffragata dai dati d’ascolto, è che la Storia non possa essere digerita dal grande pubblico televisivo se non viene cucinata nella forma di un fogliettone popolare, dove le complicate scelte geopolitiche e strategiche di due decenni drammatici cedono il passo alle palpitanti intermittenze del cuore. C’è in verità anche un vincolo che viene dal budget. Per ricostruire con verosimiglianza le scene di massa occorrerebbero centinaia di comparse e un investimento enorme in costumi, location, scenografie e mezzi tecnici. Un occhio della testa. A quel punto più semplice è girare in interni, e lasciare fuori dalla porta i grandi accadimenti di popolo. Nel caso di Edda, le vicende dell’Italia tra le due guerra entrano nel tinello di casa Mussolini attraverso i mass media. I notiziari radio dell’Eiar e le ricostruzioni dei cinegiornali Luce vengono utilizzati per dar conto di quel che accade per le strade di un Paese ormai di proprietà del Duce. La fiction della Lux Vide assolve bene la sua missione di romanzo popolare, grazie ad una buona regia (di Giorgio Capitani) e a una convincente prova attoriale. Alessandra Martinez, al suo primo ruolo da personaggio storico, si cala bene nella parte di Edda, ancora meglio si esprime Massimo Ghini quasi perfetto nel ruolo di Galeazzo già interpretato in un misconosciuto film tv del 1985. L’amore tormentato tra i due è avvincente ed emozionante, segnato da ripetuti colpi di scena e con un finale da tragedia greca. Meno convincente è la parte storica, riassunta nella ambigua figura di Mussolini. Il Duce, con sguardi da orso buono, appare soprattutto come un padre premuroso e un nonno affettuoso. Un marito infedele, è vero. Ma bisogna aspettare la fine della prima parte, con l’annuncio della guerra di Etiopia, per vederlo restituito al suo ruolo di dittatore crudele. Lasciando sullo sfondo la sua dimensione pubblica, la dimensione privata, pantofolaia, è a tratti quasi irritante. L’uccisione di Matteotti passa quasi sotto silenzio e solo in rari casi nel salotto di casa del Duce, arrivano gli echi di un regime che sa farsi spietato fino alle leggi razziali. Rischi di un film sempre in bilico tra la necessità di avvincere lo spettatore e il pericolo di annacquare la verità storica.

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