Siamo invasi dai vestiti: i nostri armadi, le soffitte, le cantine e, purtroppo, le discariche (specie quelle che in altri continenti ospitano gli scarti del nostro guardaroba) traboccano di abiti ormai dismessi. In questo scenario la raccolta e il recupero di abiti, accessori e tessuti diviene quindi una priorità non differibile eppure, sfortunatamente, il sistema rischia di esplodere.
Alcuni attori del settore della raccolta e valorizzazione dei rifiuti tessili urbani ad aprile 2025 hanno lanciato l’allarme. Unirau (Associazione delle aziende e delle cooperative che svolgono attività di raccolta, selezione e valorizzazione della frazione tessile dei rifiuti urbani, aderente ad Assoambiente) e Ariu (Associazione Recuperatori Indumenti Usati) hanno infatti denunciato che il crollo dei prezzi del materiale recuperato, unito a costi di gestione sempre più onerosi, sta rendendo l’attività economicamente insostenibile. Per anni, il sistema si è auto-sostenuto grazie ai proventi della vendita degli abiti usati e dei materiali riciclabili, ma ora questo equilibrio è compromesso.
Un quadro critico: i costi economici superano i ricavi
Se, dal punto di vista ambientale, gli aspetti positivi sono palesi, è l’incertezza economica a costituire un freno al processo. Il problema fondamentale risiede nella drastica riduzione del valore di mercato dei tessili raccolti, a fronte di costi di raccolta che rimangono elevati. Secondo le analisi presentate dalle associazioni, i costi per raccogliere i rifiuti tessili variano tra i 306 e i 366 euro a tonnellata. Contemporaneamente, i prezzi di vendita del materiale agli impianti di selezione sono scesi sotto i 300 euro a tonnellata (con la previsione di un’ulteriore contrazione). Questa dinamica negativa “costringe a vendere le raccolte a quotazioni inferiori ai costi di raccolta, con il rischio di non poter dare continuità al servizio”.
Le cause della crisi
Come siamo arrivati a questo punto? Diversi fattori concomitanti hanno portato a questa situazione critica:
● aumento dei quantitativi raccolti su base europea. L’obbligo di raccolta differenziata dei tessili, entrato in vigore in Italia nel 2022 e progressivamente in altri Paesi europei (con scadenza generalizzata al 1° gennaio 2025), ha comportato un significativo aumento della quantità di materiale disponibile sul mercato. Questo surplus ha inevitabilmente spinto al ribasso i prezzi perché l’offerta di tessili raccolti è aumentata;
● scarsa qualità del Fast Fashion. La crescente diffusione del fenomeno del fast fashion e, più recentemente, del super fast fashion, come ricorda il Report, immette sul mercato abiti di bassa qualità, spesso non adatti al riutilizzo e difficilmente riciclabili. Questo materiale di scarso pregio abbassa ulteriormente il valore complessivo della raccolta;
● concorrenza globale nel mercato del Second Hand. La competizione sui mercati globali dell’usato è agguerrita. Le imprese di selezione, per rimanere competitive, sono spesso costrette ad acquistare materiale da altri Paesi europei, dove magari la qualità è maggiore e le quotazioni più basse;
● crisi geopolitiche ed economiche. Le tensioni internazionali e le crisi economiche in importanti mercati di sbocco per l’abbigliamento usato (come Ucraina, Est Europa, Nord Africa, Medio Oriente e Pakistan) hanno ridotto la domanda ed aumentato i costi di trasporto e logistica, aggravando ulteriormente la situazione;
● aumento dei costi energetici e di trasporto. L’incremento generalizzato dei costi, in particolare dell’energia e dei trasporti, pesa ulteriormente sui bilanci delle aziende del settore;
● mancanza di impianti di riciclo adeguati. Nonostante l’aumento della raccolta, mancano ancora impianti tecnologicamente avanzati per il riciclo “da tessile a tessile”, soprattutto per le fibre miste e di bassa qualità che caratterizzano molta della produzione attuale. [10][11] Attualmente, meno dell’1% del mercato globale delle fibre proviene da tessuti riciclati pre e post-consumo.
Le conseguenze: rischio paralisi e impatti ambientali
In conseguenza di tutto ciò, la sostenibilità economica dell’intera filiera è a rischio. Senza un rapido intervento, si prospetta la possibilità di una paralisi del servizio di raccolta, con diverse conseguenze negative. In primis, se la raccolta differenziata dei tessili dovesse interrompersi, questi materiali finirebbero nell’indifferenziato, aumentando la quantità di rifiuti destinati a discariche e inceneritori, con un conseguente impatto ambientale negativo. Non secondarie sarebbero le conseguenze in termini di perdita di posti di lavoro, considerando che sono molte le cooperative sociali e le aziende che operano nel settore, assicurando occupazione anche a soggetti svantaggiati e che sarebbero costrette a ridimensionare la propria attività o, addirittura, ad interromperla. Verrebbero inoltre vanificati gli sforzi per implementare un’economia circolare nel settore tessile, uno dei più impattanti a livello ambientale.
Uno sguardo al futuro: la necessità di un cambiamento strutturale
La crisi attuale evidenzia la necessità di un cambiamento strutturale nel modo in cui produciamo, consumiamo e gestiamo i prodotti tessili.
Di fronte a questo scenario, Unirau e Ariu hanno presentato ad Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) e Utilitalia (Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche) un report dettagliato con proposte per salvare il comparto, focalizzate sul miglioramento della raccolta, sul rinnovo dei contratti e delle condizioni economiche oltre che sull’accelerazione nella definizione di un quadro normativo stabile: a livello europeo, infatti, si sollecita una rapida definizione di un quadro normativo omogeneo e stabile per il comparto.
È fondamentale poi investire nella ricerca e nello sviluppo di tecnologie di riciclo più efficienti, promuovere la progettazione eco/compatibile dei prodotti (eco/design) per renderli più durevoli e riciclabili e contrastare il modello insostenibile del fast fashion. La transizione verso un’economia circolare nel settore tessile richiede un impegno collettivo da parte di istituzioni, produttori, operatori del riciclo e consumatori.
Senza interventi urgenti e coordinati, si rischia che un settore cruciale per l’economia circolare e la tutela dell’ambiente subisca un blocco con ripercussioni negative per l’ambiente, l’occupazione e il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità.