Dimmi come ti vesti e ti dirò come stai

Secondo gli psicologi dell’Università di Hertforshire, l’abbigliamento può avere anche un effetto terapeutico.
Stili di abbigliamento diversi per strada

Secondo gli psicologi dell’Università di Hertforshire, nel Regno Unito, tanto più sono tristi, tanto più le donne tendono a scegliere capi d’abbigliamento poco raffinati che permettono di nascondersi il più possibile. Karen Pine, responsabile della ricerca condotta su centinaia di donne inglesi, sostiene che i jeans sono il rifugio ideale per chi, triste o addirittura depresso, non si cura di avere un bell'aspetto. Immagino che qualche lettore si stia già cambiando i pantaloni e qualcun altro stia sorridendo compiaciuto perché «io a queste cose non bado».
La ricerca ci informa che quando il morale è alle stelle, due terzi delle intervistate sceglie il suo look con più attenzione, optando per una maggiore eleganza e senza esitare ad esaltare le proprie forme. Compresi gli accessori del buonumore come cappelli e scarpe chic.

Esiste dunque un “vestito della felicità”? La ricerca svela che però l’abbigliamento può avere anche un effetto terapeutico: indossare gli abiti o le scarpe preferite aiuta ad allontanare la depressione e ad affrontare meglio la giornata. Se un semplice paio di pantaloni può fare la differenza, la terapia potrebbe nascondersi nel guardaroba anziché nel mobiletto dei medicinali.
Che l'abito non facesse il monaco si sapeva, ma, nell'era dell'immagine, l'abbigliamento è comunicazione: l'abito racconta chi siamo, il nostro mondo, l'amore che proviamo per noi stessi, la nostra posizione sociale e i nostri interessi. Leggo che esistono nuove figure, la style coach (guida dello stile) e il personal shopper (compratore personale), consulenti in grado di propormi un re-styling (restauro?) del mio abbigliamento dopo aver verificato il mio carattere, la mia postura, persino la mia musica e l'ideologia politica di riferimento. Ripenso a Giorgio Gaber che si chiedeva «cos'è la destra, cos'è la sinistra» e spiegava che «le scarpette da ginnastica o da tennis hanno ancora un gusto un po' di destra, ma portarle tutte sporche e un po' slacciate è da scemi più che di sinistra. I blue-jeans che sono un segno di sinistra con la giacca vanno verso destra. I collant son quasi sempre di sinistra, il reggicalze è più che mai di destra».

Mentre mi aggiusto la cravatta con sfumati colori neroazzurri, quelli della mia squadra del cuore che mi fanno sentire “a mio agio”, ripenso agli psicologi che affermano che le persone schiave della tendenza del momento hanno una personalità influenzabile, mentre chi è psicologicamente maturo non sta nel gregge, sceglie, integrando la sua creatività con quella degli stilisti. Lord Brummel, il primo dandy (accurato eccentrico), definiva l'autentica eleganza come «l'arte di passare inosservati» ed affermava che «il meno è più». In fondo al corridoio compare mio figlio Giorgio. Indossa una maglietta verde con la scritta «sono single, ma sto cercando di smettere». Che voglia comunicare qualcosa?

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