Dimmi che comodino hai e ti dirò chi sei.

È solo un comodino, abbinato per lo più con un letto. Piccolo regno personale, zona franca per i fortunati, difesa anche dal colpo di piumino di chi ci salva dalla polvere. Mobile che incrocia il sospiro di chi si confronta con la pila di libri che, appoggiata furtivamente sul suo ripiano, deve ancora leggere, se il tempo o la stanchezza lo permetteranno… Architettura d’interno, la più disparata per chi va in ferie e si confronta con le misure: il comodino è un diminutivo, giustamente, e non è mai ampio abbastanza, purtroppo. Chi viaggia frequentemente o partecipa ad eventi trova al posto del comodino, forse nella prestigiosa sede dei congressi residenziali, un’area d’atterraggio stile portaerei e, invitato ad attrezzarla, non trova poi l’interruttore, abilmente mimetizzato con altri incredibili e superflui pulsanti nascosti, o gli occhiali per accedere alla lettura serale distensiva, tanto agognata. Comodini da cui sono stati sfrattati temporaneamente esiti culturali, investiti invece di ciuccio-biberon-camomilla, bavaglino, sveglia-poppata e microfono- spia della stanza del bebè, se proprio si è stati bravissimi e si è riusciti a farlo dormire nella camera a lui destinata! Salvo, dopo tre mesi circa, far posto solo al ciuccio e ai fogli, nel caso, pur stanchi morti, si debba dare un’ultima occhiata per il giorno dopo al documento da presentare in ufficio… pasto notturno bebè permettendo. Ma vi sono comodini che sono templi di una vita speciale, dove accanto al farmaco d’urgenza qualcuno ravviva un fiore per accompagnare, come in cordata, un cammino difficile. E che dire dei comodini tristi e feriti, con i segni del calvario, che gridano l’incapacità di affrontare da soli l’esistenza e che solo in un angolo lasciano intravedere un rosario, come scialuppa di salvataggio? I comodini-arsenali, poi: cellulare senza segreteria, cordless ricaricato, il fruscio discreto dei manuali sulla psicologia dell’adolescente, sulla prevenzione delle sofferenze giovanili, sul ruolo del genitore. Dura qualche anno solo. Forse qualche comodino ospita, con l’ultimo Premio Strega, o la rivista specializzata sul giardino fiorito, un’edizione del Vangelo e una riserva di preghiere che, è vero, non vanno perse, ma recuperate, perché fanno parte della vita dei genitori e dei nonni e dei bisnonni… Che tipo di comodino abbiamo? Quello con l’ultima lettera arrivata, da meditare alla luce complice della lampada. È un’occupazione solo per i fortunati che hanno continuato a non inviare e-mail, o per quelli che, messo a riposo il computer, hanno ripreso in mano la penna… che è un’altra cosa! Poi c’è il lettore di riviste che assicura di aver scoperto una piccola fonte di gioia intima personale nel trovare sistematicamente pronto il suo periodico di salvezza dalla mediocrità, lì sul comodino, accanto alla radio-sveglia, ogni sera: il quindicinale in questione è Città nuova. Assicura il lettore, di aver trovato modo di accrescere il senso critico, l’informazione corretta, la documentazione su fatti sociali e culturali, i fenomeni attuali, la condivisione sulle riflessioni e sulle scelte da farsi. Si è sorpreso di avere una tesi da sostenere, perché documentato, in molte discussioni con colleghi e amici e questo gli ha fatto apprezzare quell’abbonamento che spesso si riduceva allo sfogliare distrattamente le pagine senza davvero leggerle, perché preso dalla routine. Deve a questo gesto serale anche un placido senso di pace del cuore, dove non sono lo zapping e le immagini inquietanti e fuggenti del video a concludere il suo approccio col mondo, ma un appuntamento con le parole che sgorgano semplici o un po’ più profonde, da chi ricerca la sorgente della vita. Sul comodino allora, accanto al bicchiere d’acqua, una raccolta di cuori e di volti impressi nelle parole che poi sono la redazione amica, che si fa vicina, in ascolto del lettore, dove lo staff ha a cuore l’esperienza viva di ciascuno.

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