Decreto Salvini, dissensi e disobbedienze

Passato con il voto di fiducia in Senato, il testo arriva blindato alla Camera per l’approvazione definitiva. Ma l’intero impianto normativo raccoglie obiezioni radicali da parte dal mondo ecclesiale, associativo e del volontariato
ANSA/MAURIZIO BRAMBATTI

Il decreto “Salvini” in materia di sicurezza e migranti è stato approvato in Senato con il voto di fiducia facendo emergere il dissenso di 5 senatori M5S. Numero troppo esiguo per impensierire il governo che procede diritto sulla linea tracciata dall’attuale ministro dell’interno, nonché leader della Lega.

Da lunedì 12 novembre il testo ha cominciato a transitare nella commissione affari costituzionali della Camera dei deputati ma non sembra che esistano segnali di dissenso all’interno della maggioranza che si trova alla guida del Paese.

Diverse associazioni umanitarie e organizzazioni per i diritti umani hanno cercato un contatto con commissioni e singoli esponenti per mettere in evidenza le contraddizioni di determinate scelte su diversi aspetti del decreto e in particolare per quanto riguarda la materia relativa alla gestione dei migranti in arrivo nel nostro Paese. In tali casi si usa, di solito, un tono non accusatorio ma l’indicazione di un problema serio cominciando i comunicati con la frase “esprimiamo preoccupazione…”.

Di fatto, la divergenza è assoluta come è emerso nella manifestazione convocata a Roma sabato 10 novembre che ha ricevuto poco spazio sui media ma ha visto il blocco di decine di pullman in arrivo nella Capitale da parte della polizia per una serie di controlli che hanno riguardato, a quanto pare, anche il contenuto degli striscioni di protesta.

Mimmo Lucano, il sindaco di Riace, era nel corteo che ha visto sfilare migliaia di persone (100 mila secondo gli organizzatori, molti di meno secondo altre fonti). L’uomo simbolo dell’accoglienza e integrazione dei migranti ha ricevuto grandi segnali di affetto e sostegno ma pesa su di lui l’obbligo di stare lontano dal suo paese in Calabria, mentre continuano le indagini su presunte irregolarità commesse dagli amministratori comunali.

Nel frattempo una nave di volontari battente bandiera italiana si aggira per il Mar Mediterraneo grazie ad una straordinaria raccolta di fondi resa possibile da Banca etica. Secondo i promotori dell’operazione, la presenza del rimorchiatore “Mar Jonio” «ha permesso di riaccendere un faro su quanto realmente accade nelle acque a sud della Sicilia per sollecitare i governi dell’Unione Europea a non voltarsi dall’altra parte di fronte a drammi che li richiamano al comune senso di responsabilità̀ e di umanità̀».

Durante una prima ricognizione avvenuta in ottobre gli operatori presenti sull’imbarcazione, tra i quali alcuni giornalisti come Nello Scavo di Avvenire, hanno potuto raccogliere i segnali di richiesta di soccorso al Largo di Lampedusa permettendo il pronto intervento della Guardia costiera italiana.

Quali sono i motivi di grave preoccupazione relativi al “decreto Salvini”?

Secondo un documento  del “Tavolo Asilo nazionale” che raccoglie diverse realtà tra cui Acli, Centro Astalli e Comunità di Sant’Egidio,  il primo problema è costituito dal «passaggio dal permesso di soggiorno per motivi umanitari (pensato come clausola generale dalla precedente disciplina) ad un ristretto numero di permessi di soggiorno per “casi speciali”, che rischia di far cadere in una condizione di irregolarità le circa 140.000 persone titolari di un permesso di soggiorno per motivi umanitari, tra cui anche neomaggiorenni, esponendoli al rischio di povertà estrema, di marginalità e di devianza».

Ma ad essere contestato è tutto l’impianto della disciplina promossa dal governo Lega M5S. A cominciare dalla scelta strategica di sacrificare il sistema di accoglienza pubblico Sprar a favore dell’accoglienza straordinaria (CAS), «che presenta standard di qualità oggettivamente inferiori a quelli dello Sprar». Esempio più eclatante dell’indirizzo dell’esecutivo volto a sottrare risorse umane e finanziarie alle politiche di promozione dell’integrazione per sostenere, invece, favorire l’allungamento della detenzione amministrativa degli stranieri. Un provvedimento «inutile e sbagliato che in passato ha già dimostrato di essere inefficace».

Stessi argomenti hanno sostenuto l’appello rivolto ai senatori prima del voto di fiducia da Caritas italiana e Fondazione Migrantes, assieme ad altre associazioni cristiane come la Federazione delle Chiese evangeliche e la Tavola Valdese. Appello sostenuto anche dal Movimento dei Focolari in Italia.

I consigli comunali di grandi città come Torino (a guida M5S), Bologna, Bergamo e Padova hanno votato la sospensione degli effetti del decreto Salvini nei loro territori.

C’è chi come don Virginio Colmegna, 73 anni, presidente della Casa della carità di Milano invita ad esercitare queste forme di “disobbedienza civica”, mentre già da luglio, con un’intervista al Corriere della Sera, il vescovo di Ferrara, Giancarlo Perego, ex presidente di Fondazione Migrantes, ha auspicato la necessità di «un progetto politico chiaro, nuovo e alternativo» da parte dei 6 milioni di persone attive nel mondo del volontariato.

Il voto della Camera non lascia presagire un’inversione di tendenza visti i numeri in campo, e la refrattarietà verso gli appelli alla coscienza personale dei deputati, ma è evidente la crescita di un clima di forte polarizzazione al’interno della società italiana.

Qui il Decreto legge Sicurezza e imigrazione sul sito del ministero degli interni

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