David Sassoli, il presidente buono

L’Europa che innova, che protegge, che è faro per un nuovo “progetto di speranza”: è il lascito dell’ex presidente del Parlamento europeo a un anno dalla scomparsa.
David Sassoli (Julien Warnand, Pool Photo via AP)

Un anno fa, l’11 gennaio 2022, David Maria Sassoli, allora Presidente del Parlamento europeo, scompariva dopo una lunga malattia. L’Europa di allora è molto diversa da quella di oggi, afflitta dall’aggressione della Russia all’Ucraina, dalla crisi energetica, dalla crisi economica, dal qatargate che ha svelato una corruzione senza precedenti in seno al Parlamento europeo.

Nel giorno in cui veniva eletto Presidente del Parlamento europeo, egli osservava che «l’Unione europea non è un incidente della storia». Proprio la nostra storia, quella «scritta sul dolore, sul desiderio di libertà di Sophie e Hans Scholl, sull’ansia di giustizia degli eroi del Ghetto di Varsavia, sulle primavere represse con i carri armati nei nostri paesi dell’Est». Ribadiva che «non siamo un incidente della storia, ma i figli e i nipoti di coloro che sono riusciti a trovare l’antidoto alla degenerazione nazionalista».

La sensibilità politica di David Sassoli era radicata nella Firenze di La Pira, Milani, Balducci, nonché in una gioventù vissuta fra lo scoutismo e l’esperienza de La rosa bianca di Giuntella, Ardigò, Scoppola: esperienze che già allora lo proiettavano oltre i confini italiani, verso una politica europea e verso la realizzazione della giustizia, fondata sulla dignità dell’uomo. David Sassoli considerava l’Europa come un cantiere da edificare con gli strumenti della democrazia, che attraverso il dibattito e il confronto facesse maturare la consapevolezza dei doveri e dei diritti che ne costituiscono la ragione politica e morale.

Era dal frate cattolico David Maria Turoldo che David Maria Sassoli doveva il suo nome. Proprio nell’orizzonte cristiano incentrato sull’esperienza dell’uomo la sua fede veniva interrogata, si radicava nella storia e si traduceva nell’attenzione per le dinamiche istituzionali e partitiche, per i processi sociali e culturali, per le gioie e le speranze, per le attese e i timori che attraversano il cuore dell’uomo.

In occasione della presentazione, a Roma, del libro La saggezza e l’audacia. Discorsi per l’Italia e per l’Europa, che, per l’appunto, raccoglie alcuni discorsi del compianto David Sassoli, Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione europea, lo ha definito «un uomo con una passione per la democrazia e per l’Europa», per il quale «i valori dei padri fondatori e delle madri fondatrici» dell’Unione europea (Ue) erano anche «la bussola con cui [egli] si orientava per il futuro».

David Sassoli e Ursula von der Leyen (AP Photo/Jean-Francois Badias, Pool, File)

David Sassoli «non era soltanto un arguto oratore, ma un raffinato politico», che «capiva i meccanismi della politica e le logiche del potere», e che «era entrato in politica per passione e non per sete di potere»; una caratteristica «che lo ha reso così credibile e autorevole». Infatti, alla sua morte, tutti gli schieramenti politici gli hanno reso omaggio. Del resto, Ursula von der Leyen ha anche osservato che «David era un uomo gentile», ricordando «il suo sorriso e i suoi occhi limpidi».

Egli aveva un «profondo senso della storia»; ancor di più, «era un uomo dalla lunga memoria», cosa che aveva «alimentato la sua passione per l’Europa», dato che «sapeva esattamente cosa era accaduto prima della nostra Unione». Egli «lo sapeva da suo padre, che aveva combattuto nella Resistenza», ma «lo sapeva [anche] dalla sua gioventù, quando David era membro attivo di un’associazione chiamata La Rosa Bianca, in memoria dei giovani tedeschi che si opposero con coraggio al nazismo». Infatti, egli «non si stancava mai di parlare degli orrori della Seconda guerra mondiale e del coraggio visionario di coloro che hanno costruito la nostra Europa unita».

Da questo vissuto discendeva il suo senso di «responsabilità non soltanto di preservare la memoria del nostro passato, ma anche di impedire a quel passato di tornare», divenendo, di fatto, «un garante della democrazia e dei diritti» nell’Ue. Egli denunciava «a gran voce ogni nuovo episodio di antisemitismo», si batteva «strenuamente affinché i migranti fossero trattati con dignità e solidarietà», sosteneva, da devoto cattolico, «i diritti delle persone LGBTI» e lottava «instancabilmente contro la discriminazione».

David Sassoli, soprattutto, «credeva nella democrazia europea, nel suo potere e nella sua capacità di garantire diritti più ampi a un numero sempre maggiore di cittadini», così come «credeva nel ruolo vitale del Parlamento europeo, inteso come Casa della democrazia europea», di cui, durante la pandemia, aveva «rivoluzionato il modo di lavorare […] affinché potesse continuare a servire i cittadini europei in tempi di estrema necessità».

In quanto istituzione che più pienamente rappresenta democraticamente tutti gli europei, egli era convinto che il Parlamento europeo dovesse essere il fulcro del processo decisionale dell’Ue, l’agorà del continente nel quale sviluppare quel dibattitto pubblico europeo essenziale, quel foro nel quale si discutono le diverse idee e si assumono decisioni democratiche attraverso un processo inclusivo.

David Sassoli, avendo un forte «senso della storia» e «un lungo passato di giornalista, percepiva sempre quando i tempi erano maturi per un cambiamento», egli, inoltre, «sapeva ascoltare e sapeva guidare»; per questo capiva quando era il momento per i leader europei «di intervenire per plasmare il corso della storia». Ecco, allora, la sua attenzione per i giovani e per le loro sollecitazioni, da cui discendeva il suo attivismo per il clima e per la giustizia climatica.

Con il sopraggiungere della pandemia, durante un Consiglio europeo ne quale fu raggiunto un accordo su NextGenerationEU, il piano per la ripresa dell’Europa, Sassoli osservava che la posta in gioco era la sopravvivenza della stessa Ue e, per questo, era necessario dimostrarsi «degni della fiducia che i nostri cittadini» nutrivano nei leader europei.

È anche grazie a David Sassoli e al sostegno del Parlamento europeo che la prima proposta promossa dalla Commissione europea targata von der Leyen è stato il Green Deal europeo che, anche grazie a lui, è incentrato «sulla giustizia sociale e su una transizione giusta».

Infatti, Sassoli riteneva che «la transizione ecologica, di cui l’Europa può farsi motore nel mondo, sarà possibile solo se verrà assicurata una vera equità sociale». Per far questo è necessario «riaffermare la centralità della persona, la tutela dei diritti, il rispetto delle differenze e della pluralità», nonché «l’orgoglio del modello democratico europeo». Secondo Sassoli, «il Green Deal, la transizione digitale, un’Europa più forte e democratica, una maggiore giustizia sociale sono progetti indispensabili e di grande portata che l’Europa sta portando avanti, e dobbiamo riuscirci per lealtà verso i nostri concittadini».

Del resto, affermava il Presidente del Parlamento europeo in occasione dell’ultimo Consiglio europeo al quale prese parte, il 16 dicembre 2021, «l’Europa ha anche e soprattutto bisogno di un nuovo progetto di speranza, un progetto che ci accomuni, un progetto che possa incarnare la nostra Unione, i nostri valori e la nostra civiltà, un progetto che sia ovvio per tutti gli europei e che ci permetta di unirci». Nello specifico, tre erano gli assi sui quali costruire un ideale di Europa che fosse «unanimemente condiviso da tutti gli europei: quello di un’Europa che innova, di un’Europa che protegge e di un’Europa che sia faro».

La figura di David Sassoli riaccende anche i riflettori sul cattolicesimo democratico, che è tuttora una realtà viva, capace di alimentare una sensibilità umana e politica che modella e orienta l’iniziativa di chi opera nelle istituzioni. Infatti, nelle istituzioni è necessaria la presenza non di cristiani tout court ma di uomini e donne che adottano comportamenti cristianamente ispirati. L’esperienza di Sassoli è la testimonianza di una politica di qualità che, oggigiorno, è tanto necessaria.

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