Dai cantieri navali ai cantieri umani

Nel capoluogo ligure la crisi di Fincantieri del 2012 stimola una risposta adeguata da parte della società civile. “Città fraterna”, un’iniziativa che continua e si amplia

Racconta la storia, che il primo cantiere navale di grandi dimensioni sulla spiaggia di Sestri Ponente venne aperto nel 1815 col nome «Cantiere per le costruzioni navali in legno Fratelli Cadenaccio”. Tra Sestri Ponente, Cornigliano e Sampierdarena continuavano a crescere aziende per l’industria navale che diventavano una risorsa immensa per l’occupazione.

Alla vigilia della Seconda guerra mondiale erano occupati circa 36 mila dipendenti. Qui vennero costruiti i transatlantici Doria, Colombo, Da Vinci e Michelangelo, poi portacontainer, petroliere, traghetti e rinfuse. Nel 2001 si inizia la costruzione delle grandi navi da crociera, ma nel 2011 la Fincantieri presenta il nuovo piano industriale che prevede la chiusura definitiva dello storico cantiere: questo scatena la dura reazione delle maestranze e dell’intera città che porta la società  a una repentina retromarcia, ma non alla garanzia del lavoro. Nel maggio dell’anno successivo viene consegnata l’ultima nave da crociera. Passeranno due anni di grande crisi, con centinaia e centinaia di operai, impiegati, dirigenti senza impiego (soltanto nel 2015 il cantiere ritorna a produrre lavoro, in parte vengono richiamati dalla cassa integrazione i dipendenti e le ditte dell’indotto riprendono le attività).

Nel 2012 la città di Genova è piegata in maniera significativa dalla forte crisi economica: solo Fincantieri contava 800 dipendenti, circa duemila addetti di ditte esterne e il relativo indotto in zona e fuori città valutato  in ulteriori duemila interessati. Di questo dramma se ne parla anche nella Curia genovese e Renato Marcenaro, da poco in pensione, con altri cittadini cerca di offrire un parere e un aiuto concreto per alleviare le conseguenze della difficile situazione. Del problema viene investito anche il cappellano di fabbrica, i delegati sindacali e il presidente del municipio. Renato tramite le sue conoscenze riesce a ottenere una donazione di 18 mila kg di viveri da una catena di supermercati, mentre i delegati sindacali si incaricano della distribuzione ai disoccupati.

Due sindacalisti che avevano partecipato all’iniziativa, sorpresi e commossi da quanto stava accadendo, scrivono di getto: «Caro Renato, a nome nostro e dei nostri colleghi, ti scriviamo questa lettera per raccontarti la gioia e la commozione delle persone a cui abbiamo consegnato in questi giorni gli alimenti di prima necessità che, grazie al vostro aiuto, hanno ricevuto. Questa esperienza ci consegna l’infinito valore della solidarietà, della fratellanza, dell’amore per il prossimo, senza filtri, senza distinzioni. Ci è stato permesso di capire quanto difficile sia chiedere aiuto, cancellare sentimenti come l’orgoglio… Da qui abbiamo iniziato a cercare, ascoltare e capire, perché nelle lacrime versate, di cui siamo stati testimoni, abbiamo trovato sorriso, gioia e speranza. Con infinite grazie».

Bisogna però organizzare meglio il tutto, si convoca un incontro con i sindacalisti, il presidente del municipio, il gruppetto di amici di Renato e altri vicini al cantiere. Occorre trovare un locale per depositare i viveri e poter organizzare meglio la distribuzione. Il presidente del municipio, entusiasta di questa forma concreta di solidarietà, trova un locale che viene messo a disposizione. In meno di un mese vengono riparati e pitturati i muri e i soffitti, ripristinato l’impianto dei caloriferi, rifatto l’impianto elettrico, risistemato il servizio igienico e montata la porta blindata del magazzino. L’antivigilia di Natale il locale è ultimato, manca solo un’accurata pulizia, che Giulietta realizza con ore di paziente lavoro.

Per definire questa nuova attività, la prima idea è quella di costituire una onlus, ma ci vuole tempo. Si pensa così di inserirsi in una già esistente denominata “Città fraterna”, modificandone lo statuto societario. “Città fraterna”, ispirata al testo di Chiara Lubich Una città non basta, era nata a Genova Bolzaneto un paio di anni prima, quando in casa di Renato c’erano Riccardo, Giuseppe e Agostino che insieme si erano domandati come aiutare le tante persone in difficoltà nelle cure mediche e nei problemi legali. L’idea di modificare lo statuto viene accolta. Si inizia la raccolta degli alimenti, una catena di supermercati diversa dalla precedente comunica la disponibilità a far sì che presso di loro si possano ritirare viveri. C’è chi mette a disposizione camion e autista gratuitamente, operai del cantiere e di ditte esterne sono disponibili per il carico e lo scarico dei viveri.

Arrivano 52 quintali di derrate di vario tipo. Ma il locale richiede ancora una ulteriore sistemazione. Dal materiale avanzato da un trasloco arrivano due scrivanie, un bancone, una cassettiera doppia, un armadio a due ante. Da altri privati vengono regalati scaffali metallici da modificare. Riccardo con alcuni operai vanno a tagliarli sul posto, anche il trasporto è gratuito. Nei giorni successivi si effettua il montaggio: a lavoro ultimato vengono totalizzati oltre 100 metri di ripiani. Si organizza la distribuzione: una decina di volontari un pomeriggio ogni due settimane prepara le confezioni delle derrate proporzionate ai componenti del nucleo familiare, mentre l’indomani mattina altri 6-7 distribuiscono il cibo.

Anche un gruppo di senza lavoro si mette a disposizione per aiutare a raccogliere viveri, preparare i pacchi e distribuirli. Uno di loro ci racconta di essere al 50% assistito e al 50% volontario. E ogni distribuzione è anche un momento di ascolto delle tante necessità di ogni genere, delle incertezze per il futuro, delle speranze per un lavoro, per la casa. «È una grande lezione di vita per noi – ci dice un volontario –, per mettere al giusto posto i valori veri e lasciar perdere tanti capricci. Le persone che vengono a ritirare gli alimenti si dicono colpite dal rapporto che abbiamo tra di noi e nei loro confronti. Questa sintonia ci aiuta nella capacità di ascoltare e di esprimere il nostro amore verso tutti».

Le richieste di aiuto aumentano, il Banco Alimentare, i supermercati della città, amici vari non fanno mancare il necessario. Il lavoro di “Città fraterna” continua ad espandersi oltre che nella città anche nell’entroterra. Dove ci sono persone che hanno fame, i volontari cercano di arrivare.

Ora le famiglie che ricevono quindicinalmente gli alimenti sono 170 per un totale di circa 700 persone. Nei giorni della distribuzione la fila è rumorosa e variopinta. Mamme con i bimbi tenuti per mano o in carrozzina. Uomini attempati e ragazzotti. A ognuno vien dato il cibo proporzionato alle persone del nucleo familiare.

È possibile sostenere l’associazione “Città fraterna” onlus come volontari ogni primo e terzo mercoledì del mese per consegnare presso il magazzino di piazza Aquileia 5, a Sestri Ponente (Ge), ogni tipo di generi alimentari, prodotti per il bucato e l’igiene personale.

Info su cittafraternagenova. altervista.org.

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