Crivelli torna a splendere

L’8 ottobre è stato presentato nel duomo di Ascoli Piceno il Polittico del maestro veneziano restaurato da Rossana Allegri
Carlo Crivelli

Carlo Crivelli, chi era costui? Tanta gente non lo conosce, però qualcuno ha visto le sue opere. All’estero, al Louvre, alla National Gallery di Londra, e poi  a Milano (Brera), Firenze (Uffizi) e ai Musei vaticani. Ma le Marche, dove è vissuto quasi in fuga da Venezia, posseggono alcuni capolavori di un artista provinciale solo nella vita, ma non nella genialità.

Il Polittico dipinto per la cattedrale di sant’Emidio ad Ascoli, datato 1473 e firmato da lui, è di uno splendore abbacinante.  E’ un paradiso sacro e profano insieme, che dal fondo oro damascato proietta su di noi le figure di Maria, dei Santi, di Cristo, unendo raffinatezza di gesti e di colori, a tracce anticonformiste nella vivacità delle scene.

L’ancona centrale, con la cornice classica, mostra la Madonna col bambino, elegantissima tra festoni di frutta. Ai lati i santi: un Giovanni Battista petroso, un san Pietro assorbito nella lettura, san Paolo che ci guarda di sbieco (per la restauratrice un autoritratto di quest’artista “folle”), e un sant’Emidio giovane biondo dagli occhi chiari che ci guarda luminoso. Colori squillanti, tersi, tutta luce, costumi preziosi. In alto, sotto la cornice gotica fiammeggiante, la scena  della Pietà col Cristo morto: qui il pathos si fa tragedia, con Maria vecchia vedova urlante, Giovanni disperato e la Maddalena assorta: l’espressionismo del Nord Europa catapultato nelle Marche. Ma ai lati l’aria cambia: san Giorgio è un damerino biondo ascolano, sant’0rsola una bella ragazza cittadina,  san Girolamo un vecchione vestito di rosso e rosa, santa Caterina è la sola che guarda il cielo.

Nella predella,  il paradiso dorato della favola, il teatro  del sole nel colore e nelle vesti diventa un teatro provinciale anche divertente: il Cristo centrale benedicente è quasi spaventato dagli apostoli. Bartolomeo minaccia col coltello Giacomo, Pietro controlla che Paolo scriva un vangelo giusto,  Andrea e l’altro Giacomo stanno discutendo, chissà, litigando. E’ la parte meno visibile al pubblico, Crivelli si scioglie e racconta.

C’è tutto, c’è tutta la vita in questo polittico. Paradiso e purgatorio, vita terrena e vita celeste, dolore, contemplazione, sfilata di modelli e modelle ascolane vestite da santi, una religiosità ad un tempo aristocratica e popolare, un’arte bizantina e gotica, rinascimentale e nordica. E c’è lui, Emidio, il titolare, apparizione chiara e innocente che osserva il suo popolo.

È il prodigio della luce. Crivelli ne è innamorato: è vitrea, cristallina, non ci sono mai ombre. I colori palpitano, gli occhi dei santi sono colti in modo inesausto, si sprizza anche dolore, ma soprattutto un vivacissima vitalità.

Un restauro splendido, amoroso, in un’opera che – caso raro – è giunta non troppo rovinata né dispersa o disunita in altre sedi, come è toccato ad altri lavori del grande inarrivabile e incompreso Carlo Crivelli, morto sul 1495. Da vedere, assolutamente.

 

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