Covid, l’odissea di un medico di base

Medico di base a Verona, impegnata con il sindacato Fismu, un anno fa si ammala di Covid, entra in coma e dopo 7 mesi esce di ospedale. Oggi ha ripreso la sua attività con i suoi amati pazienti.

«Sono sana come un pesce. Mai stata malata. Le uniche volte che sono stata in ospedale è per il parto dei miei figli e le ultime analisi le avevo fatte nel 1995». Franca Mirandola è un medico di base di Verona, 57 anni, compiuti da pochi giorni, sposata con tre figli, appassionata del suo lavoro, della sua famiglia e dei suoi pazienti. Un anno fa di questi tempi visita un suo assistito di 84 anni. Intuiva che aveva il Covid e che le misure di difesa non erano ancora all’altezza dell’emergenza, ma corre il rischio «non perché sono un eroe ma solo una professionista». Il 29 marzo risulta positiva al tampone. Comincia una odissea inimmaginabile. Il 5 aprile entra in ospedale e poi è trasferita nella rianimazione d’urgenza dove gli salvano la vita. Una nuova ricaduta la riporta in rianimazione per polmonite interstiziale bilaterale, una pancreatite acuta gli causa una ciste pancreatica che si infetta portandole una sepsi. Entra in coma farmacologico e resta paralizzata. Non riesce a muovere più neanche un muscolo. Dopo circa due mesi si riprende ma per un intervento di tracheotomia e un tubo nella gola non riesce più a parlare. Gli operatori sanitari riescono a leggere il suo labiale e così cerca un ponte di comunicazione con le sue compagne di stanza Alberta e Lisetta. «Cerco dei legami, ho bisogno di essere di aiuto a qualcuno». Per ben due volte è sulla soglia della morte. Nel frattempo anche il marito Fausto si è preso il Covid, in modo più blando, ma anche lui è ospedalizzato. Sono momenti drammatici e Franca si riprende. «Non ho mai avuto paura di morire perché se credi, come nel mio caso, sai che la vita continua in un’altra forma. Se non credi tutto, comunque, finisce. La mia vera paura è stata non riuscire più ad alzarmi, avere degli handicap permanenti».

La lotta è anche interiore. «Litigo con Dio, mi arrabbio. La mia fede è messa a dura prova. Avrei bestemmiato. Ma senza la fede non sarei riuscita ad andare avanti». Molti pregano per lei, da Betlemme a gruppi di persone sconosciute. Dopo 7 mesi, a novembre 2020, esce di ospedale. Non cammina. Fa fatica a parlare perché ha ancora un buco nella gola da dove sfiata. La fisioterapia rappresenta la possibilità di riprendersi una nuova vita: compie i primi passi, sale le scale, comincia a vestirsi. A dicembre il foro alla gola viene chiuso. A febbraio, per le conseguenze del Covid la colecisti è asportata. Oggi ha ancora problemi con la gamba sinistra per i tendini ritratti e non riesce a chiudere del tutto la mano sinistra.

Durante la degenza sono state decisive le parole di un medico in ospedale: «Tornerai come prima!». «Lo osservavo come fosse un marziano. Tutto bardato. Vedevo solo i suoi occhi belli».

Franca Mirandola ce l’ha fatta. Ha ricominciato con gradualità a lavorare. «Se ce l’ho fatta io anche voi potete farcela. Certo ho visto morire tanti miei colleghi, molto migliori di me e mi chiedo come mai Dio mi ha lasciato su questa terra. Le più grandi preoccupazioni erano per mio marito e la mia famiglia. Alla fin fine posso dire che è una esperienza che mi ha maturato molto, ma sarò felice solo quando il Covid sarà completamente debellato dalla faccia della terra. Un microscopico virus mi ha atterrato, ma posso dire che ho vinto. Voglio riprendere ad andare a cavallo e tornare come prima».

A causa della sua lunga malattia non gli è ancora stato somministrato il vaccino, ma a giorni sarà il suo turno. Anche suo marito e il suo paziente di 84 anni sono guariti. In ospedale dopo essersi svegliata dal coma con un computer ha redatto la sua storia, non riusciva a scrivere, con il computer, più di una riga in un’ora, ma è stato terapeutico, la scrittura come unica forma di comunicazione. «La stesura della mia storia di 7 mesi in ospedale è il mio modo per ringraziare tutti coloro che si sono presi cura di me, per tutte quelle persone che con il loro supporto e le loro preghiere hanno permesso che si avverasse questo miracolo. Bisogna sempre lottare e mai arrendersi, lo devi a te stesso e a tutti coloro che soffrono per te».

 

 

 

 

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