Cosa resta della Rivoluzione russa?

Tra il 6 e il 7 novembre (il 24 e il 25 ottobre del nostro calendario) 1917 i bolscevichi conquistarono Pietrogrado, dando vita ad un governo rivoluzionario presieduto da Lenin. Il primo centenario della rivoluzione russa in Italia è passato un po’ in sordina. Eppure ce n’è da ricordare! Dalla rivista Città Nuova di ottobre.
Manifestazione di membri del Partito comunista russo (Mosca, 2017).

Tra Baltico e Urali nel ’17 è successo di tutto. Dopo il prologo insurrezionale del 1905, che aveva cambiato lo zar assolutista in monarca costituzionale, la rivoluzione scoppiò a febbraio con la caduta dei Romanov e la nascita del Soviet di Pietrogrado, un consiglio di soldati, operai e contadini. I mesi successivi furono una continua esplosione di eventi. Dalla nascita del governo moderato del principe L’vov e poi del socialista Kerenskij, accettato dai bolscevichi, al rientro di Lenin dall’esilio e alla svolta in senso rivoluzionario e non più collaborativo, secondo le Tesi di Aprile enunciate dal leader bolscevico, cioè comunista; dall’ascesa dell’altro mitico capo rivoluzionario, Leone Trotsky, alla formazione del Soviet di Mosca e di altre città russe; dalle Conferenze dei bolscevichi ai Congressi dei Soviet; dalle accese Giornate di Luglio alla creazione di un fronte rivoluzionario – bolscevichi, Soviet, socialrivoluzionari di sinistra ecc. – con un programma coerente: “tutto il potere ai Soviet” (era lo slogan di Lenin), terra ai contadini, collettivizzazione delle fabbriche, fine unilaterale pure se svantaggiosa della guerra con la Germania. Come infatti avverrà nel ’18 con la pace di Brest-Litovsk, firmata da Lenin, che aveva dichiarato, come disse, “guerra alla guerra”.

Così si arriva al fatale “ottobre rosso”, l’ora x della rivoluzione e della nascita dell’era sovietica. Il 25 le “guardie rosse” comandate da Trotsky (soldati, marinai della Flotta del Baltico, operai armati) occupano i punti chiave di Pietrogrado, mentre Lenin decreta la fine del governo Kerenskij e il passaggio dei poteri al Comitato militare. La sera gli insorti irrompono nel mitico Palazzo d’Inverno, sede non più dello zar ma del governo defunto. Il 26 il nuovo governo, composto di soli bolscevichi e presieduto da Lenin (Trotsky sarà ministro degli esteri e capo dell’Armata Rossa), confisca le terre ai possidenti, avvia la pace separata coi tedeschi e prepara la nascita dell’Urss, che avverrà ufficialmente nel ’22, dopo 5 anni di guerra civile non solo con i nostalgici dello zar, l’Armata Bianca, i Cosacchi del Don e gli interventi stranieri, ma anche con i dissidenti di sinistra e gli oppositori di Lenin.

Tutto questo, si è detto, non si sta commemorando molto. Del resto nel mondo quali Paesi hanno oggi interesse a farlo tranne Cina Popolare, Corea del Nord e (ma fino a quando?) Repubblica Cubana? Pure se la rivoluzione russo-sovietica è stato un evento tra i più decisivi del ’900, e ha avuto un’influenza politico-culturale enorme in ogni parte  del mondo, ciò non impedisce che ora i soli Paesi che si considerano eredi morali e storici di quella rivoluzione siano ridotti ai tre sopraricordati. E pensare che fino al crollo del Muro di Berlino (1989) erano decine. Comunque, aggiungiamo, sarà interessante vedere in che modo entro il 2017 lo “zar” Putin potrà commentare, se lo farà, i natali rivoluzionari della Russia comunista. In tal caso, da buon ex agente KGB, saprà nascondere il suo imbarazzo.

Abbiamo accennato all’influsso culturale della rivoluzione leninista-trotskista. È difficile sopravvalutarlo, tanto è stato potente, largo e pervasivo per quasi tutto il ’900. Rivoluzioni, politiche, governi, partiti, sindacati, movimenti, tutto è stato influenzato dalla cultura rivoluzionaria sovietica e dalla sua matrice filosofica marxista.

Il marxismo-leninismo è entrato a vele spiegate nelle editrici e nei giornali, nelle scuole e nelle università, negli uffici culturali dei partiti e nel pensiero d’innumerevoli saggisti e narratori, artisti e teatranti, cineasti e musicisti. Senza la Rivoluzione d’Ottobre, queste ideologie non si sarebbero diffuse e radicate con la stessa tenacia e profondità.

Che resta dell’eredità del ’17, ci chiediamo 100 anni dopo, ora che gli autori dichiaratamente marxisti sono diventati più rari degli Stati? Resta, secondo me, quello che l’azione rivoluzionaria ispirata al marxismo-leninismo ha avuto sempre di positivo: l’anelito alla giustizia, all’uguaglianza, alla fratellanza, la lotta per una libertà e una democrazia non formali. I lati più discussi di Lenin (machiavellismo, spregiudicatezza, doppiogiochismo, repressione del dissenso e delle minoranze) e quelli inaccettabili di Stalin (superfluo esemplificare) hanno spento l’uno e tradito l’altra.

I più letti della settimana

Chiara D’Urbano nella APP di CN

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons