Coronavirus, la necessità di una risposta europea

La Commissione europea prova a coordinare una risposta europea per contrastare l’impatto sociale e economico del coronavirus sugli Stati membri dell’Unione europea.
European Council President Charles Michel AP Photo/Olivier Matthys

La Commissione europea prova a mettersi in prima linea per coordinare e sostenere gli Stati membri dell’Unione europea (UE) negli sforzi volti a rallentare la diffusione del coronavirus COVID-19, in uno scenario in continuo mutamento.

L’aspetto maggiormente percepibile è la chiusura delle frontiere esterne dell’UE, come anticipato nel corso della videoconferenza tra i Paesi del G7, introducendo una restrizione temporanea ai viaggi non essenziali verso l’UE, per 30 giorni, a partire dal 17 marzo.

Del resto, è necessario ricordare che l’UE non ha una competenza specifica sulle politiche sanitarie, che restano in capo agli Stati membri che, purtroppo, si stanno muovendo in ordine sparso. Infatti, Paolo Gentiloni, Commissario europeo per l’economia, ha rilevato che «non sarà l’autarchia a liberarci dal coronavirus, non saranno le frontiere a tenerlo lontano», ma sono necessari «più logistica europea e più trasporti transfrontalieri per il materiale sanitario, più collaborazione medica tra paesi per vincere la battaglia comune».

Nel suo messaggio all’Italia, qualche giorno fa, la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha dichiarato: «Il vostro sforzo e il vostro esempio sono preziosi per tutti i cittadini europei. In Europa stiamo seguendo con preoccupazione, ma anche con profondo rispetto e ammirazione quello che state facendo», riconoscendo però che «in Europa è necessaria una maggiore solidarietà per garantire che i medici e gli infermieri dispongano delle attrezzature di protezione di cui hanno bisogno, e che i pazienti abbiano le cure necessarie».

Dopo avere istituito una task force della Commissione europea per l’epidemia COVID-19 e una pagina web dedicata al COVID-19, la Commissione europea intende avvalersi di tutti gli strumenti a sua disposizione per attenuare le conseguenze della pandemia del COVID-19. Tra queste, assicurare le forniture necessarie ai nostri sistemi sanitari, preservando l’integrità del mercato unico e della produzione e distribuzione; dare un sostegno ai cittadini facendo in modo che reddito e posti di lavoro non vengano colpiti in modo sproporzionato, e per evitare che la crisi abbia un effetto permanente; dare sostegno alle imprese e assicurare che la liquidità del nostro settore finanziario possa continuare a sostenere l’economia; consentire agli Stati membri di agire in modo risoluto e coordinato, permettendo flessibilità con gli aiuti di Stato e il patto di stabilità, che potrebbe essere sospeso.

Per Ursula von der Leyen «la pandemia del coronavirus sta mettendo tutti noi alla prova. È non solo una sfida senza precedenti per i nostri sistemi sanitari, ma anche un duro colpo per le nostre economie. Il pacchetto economico considerevole annunciato oggi fa fronte alla situazione attuale; siamo pronti a fare di più in base all’evolvere della situazione stessa. Faremo tutto il necessario per sostenere gli europei e l’economia europea».

Per la Commissione europea è essenziale agire insieme per garantire produzione, stoccaggio, disponibilità e uso razionale delle attrezzature mediche di protezione e dei medicinali in tutta l’UE, in modo aperto e trasparente, anziché adottare misure unilaterali che limiterebbero la libera circolazione dei prodotti sanitari essenziali. In aggiunta, poiché la Commissione europea ritiene che il COVID-19 sia già diffuso in tutti gli Stati membri, la chiusura delle frontiere interne tra i vari Paesi europei non sarebbe il modo migliore di garantire un ulteriore contenimento dell’epidemia di coronavirus. Altra cosa rappresenterebbe la chiusura delle frontiere esterne dell’UE, come anticipato nel corso della videoconferenza tra i Paesi del G7, introducendo una restrizione temporanea ai viaggi non essenziali verso l’UE per cui l’accordo di Schengen (del quale fanno parte 22 Stati membri dell’UE più Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera) resta pienamente in vigore, nonostante iniziative autonome di chiusura delle frontiere da parte di singoli Paesi (come la Germania, la Francia, ecc.).

Nelle prossime settimane 1 miliardo di euro dal bilancio dell’UE che, è bene ricordarlo, rappresenta solo l’1% del prodotto interno lordo (PIL) degli Stati membri, sarà riorientato come garanzia per il Fondo europeo per gli investimenti, per incentivare le banche a fornire liquidità a piccole e medie imprese, con finanziamenti per circa 8 miliardi di euro.

Con l’iniziativa di investimento in risposta al coronavirus, la Commissione europea propone di destinare 37 miliardi di euro nell’ambito della politica di coesione per la lotta contro il coronavirus e, dunque, di abbandonare quest’anno l’obbligo di chiedere agli Stati membri di rimborsare i prefinanziamenti non spesi per i fondi strutturali. Questo importo ammonta a circa 8 miliardi di euro provenienti dal bilancio dell’UE, che gli Stati membri potranno utilizzare per integrare 29 miliardi di euro di finanziamenti strutturali in tutta l’UE. Ciò aumenterà considerevolmente l’entità degli investimenti nel 2020 e contribuirà ad anticipare l’uso finora non assegnato di 40 miliardi di finanziamenti nell’ambito dei programmi della politica di coesione 2014-2020.

Inoltre, la Commissione propone di estendere l’ambito di applicazione del Fondo di solidarietà dell’UE includendo la crisi della sanità pubblica, al fine di mobilitarlo in caso di necessità per gli Stati membri più duramente colpiti. Nel 2020 sono disponibili fino a 800 milioni di euro. Il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione ha a disposizione fino a 175 milioni di EUR per mobilitare il sostegno a favore dei lavoratori licenziati e dei lavoratori autonomi.

Il coordinamento è necessario anche tra le istituzioni dell’UE, come dimostrato dal caso di Christine Lagarde, Presidente della Banca Centrale Europea (BCE), e della sua gaffe sulla riduzione dello spread tra i vari Paesi dell’area euro. D’altronde la BCE non ha tagliato il tasso d’interesse perché ritiene che ci sarà una profonda ma rapida recessione, nell’area euro, nel primo semestre 2020, che la Commissione europea stima in una flessione del 2,5% mentre alcuni economisti immaginano fino ad un -5% del PIL, seguito, però, da una crescita repentina. La BCE ha però confermato l’acquisto di titoli del debito pubblico italiano. In realtà, quello che manca all’UE, sarebbe l’emissione di Eurobond, dei titoli di debito pubblico europeo; se ne parla da tanto tempo ma molti Stati membri sono tuttora contrari.

La Commissione europea apre anche un’apposita pagina web dedicata al COVID-19, che fornisce informazioni sulle principali attività per quanto riguarda gli aspetti medici, la protezione civile, la mobilità, l’economia e le statistiche, nonché link ai siti web degli Stati membri, agli studi più recenti e ad altre informazioni pertinenti.

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