Come combattere il terrorismo “fai da te”

Anche l’attacco di Barcellona, pur concepito in una “cellula” radicale, è stato compiuto con mezzi di fortuna. Così come altri atti compiuti in tutt’Europa. Cosa fare? Evitare l’assimilazione tra violenza ideologica e immigrazione

La strage di Barcellona, come quelle di Nizza e di Londra, ma anche altre definite “minori”, vengono classificate dagli specialisti come “vehicle-ramming attack”, cioè attacchi con speronamento per mezzo di veicoli. Queste forme di violenza urbana si stanno diffondendo non solo tra i cosiddetti “terroristi jihadisti” (espressione comunque erronea, perché il jihad musulmano è innanzitutto una lotta morale contro il male nella singola persona umana), ma anche in altri “anelli deboli” della società, uomini psicolabili che emulano simili attacchi per motivi loro propri che non hanno nulla a che vedere con l’Islam o l’ideologia wahhabita. È accaduto recentemente in Germania, in Russia, in Francia e anche da noi.

Ci sono poi gli attacchi all’arma bianca, come è accaduto la scorsa settimana a Turku, in Finlandia, o qualche mese fa ad Amburgo e a Londra. Verrebbe da dire che si tratta di un “terrorismo povero”, di un “terrorismo fai da te”, diffuso, possibile a chiunque, perciò fondamentalmente incontrollabile: sì, è possibile installare sui nostri marciapiedi paletti protettivi, così come si possono piazzare altre barriere fisse più solide o mezzi di polizia all’ingresso delle principali arterie delle nostre città, ma è materialmente impossibile proteggere tutto e tutti, a meno di trasformare le nostre comunità urbane in società in stato d’assedio con coprifuoco annesso.

Fa pensare il fatto che l’uso a fini di combattimento urbano o di terrorismo da parte di soggetti motivati politicamente e ideologicamente, più che religiosamente, sia comune da decenni in Israele-Palestina. I combattenti-terroristi palestinesi (uso questa doppia espressione scientemente) usano tali mezzi di fronte all’imponente spiegamento di sicurezza dello Stato israeliano, convinti di poter incidere in qualche modo sull’annoso problema locale. In ogni caso hanno portato alla militarizzazione estrema di due popoli interi. Ed è forse questo il rischio che corriamo in Europa di fronte ad atti difficilmente controllabili.

Già costatiamo che nel linguaggio dei politici europei l’attenzione al bisogno di sicurezza dei cittadini si sta facendo strada, ovunque. Le susseguenti misure di polizia e militari, oltre che di intelligence, confermano come l’argomento della sicurezza stia diventando centrale nell’opinione pubblica. I Paesi che non sono ancora entrati nel mirino di terroristi legati in qualche modo al Daesh tremano, anche se sperano di restare miracolosamente al riparo da tali violenze insensate.

Purtroppo piano piano si va anche facendo strada l’assimilazione nell’immaginario collettivo tra immigrazione (in particolare di provenienza da Paesi islamici, ovviamente) e terrorismo. Quindi, non potendo far più di tanto per evitare gli attacchi random, cioè a caso, dei terroristi fai da te di turno, ecco che troppa parte della politica europea sembra credere che, per conquistare voti alle elezioni o per mantenere il potere acquisito, si debba innanzitutto far credere che lo Stato lavora per la sicurezza dei cittadini controllando l’immigrazione. Certo, l’ingresso dei migranti va regolato e gestito, come scriveva bene recentemente Flavia Cerino su questo sito, ma il terrorismo è un altro affare.

Le misure di polizia, di intelligence e militari servono a tamponare le falle, ma non a risolvere alla base il problema del terrorismo. Diciamo a parole di non volerci lasciare condizionare nel nostro stile di vita dagli attacchi terroristici, ma nei fatti sempre più le nostre città stanno militarizzandosi. Il problema del terrorismo compiuto da pseudo-musulmani – su queste colonne lo ripetiamo da decenni – è innanzitutto una questione di giustizia, di memoria storica, di cultura, di fiducia. Finché l’Europa non arriverà a gettare reali ponti di collaborazione economica e culturale con i Paesi arabi e con gli immigrati provenienti da queste zone – non solo “affari” con i Paesi del Golfo persico, non solo cooperazioni che non raggiungono lo “zero virgola qualcosa” del Pil, non solo guerre scatenate e commercio d’armi! – non si riuscirà a estirpare la mala pianta della violenza terroristica “fai da te”. E non si riuscirà nemmeno a risolvere il problema dell’immigrazione.

I più letti della settimana

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons