I colpi di scena della politica argentina

Maurizio Macri e Cristina Fernandez de Kirchner scelgono compagni di avventura elettorale che fanno fare loro un cambiamento a 180 gradi. Una politica con poca memoria e progettualità
Cristina Fernandez de Kirchner

La campagna elettorale argentina si avvicina e il ritmo dei colpi di scena accelera. Settimane fa, la ex presidente Cristina Fernandez de Kirchner sorprese tutti con una mossa astuta: si dichiarò candidata alla vice-presidenza appoggiando la presidenza di Alberto Fernandez, ex capo di gabinetto del governo del suo defunto marito, Néstor Kirchner, scomparso nel 2010. La mossa di Cristina ha come obiettivo di evitare che il suo nome, ed il suo modo di gestire la politica, fosse motivo di divisione all’interno del movimento peronista. Mentre un settore importante le è ancora fedele, il fatto di essere stata a capo di un governo sotto accusa di corruzione, con vari ex funzionari già condannati e lei stessa imputata in una decine di cause, ha determinato la scissione di settori che rifiutano la sua conduzione.

Alberto Fernandez ha più possibilità di riunire il peronismo, col risultato di mettere all’angolo l’attuale presidente, Maurizio Macri, la cui popolarità è a livelli minimi, determinato ad ottenere un secondo mandato con l’obiettivo di cancellare i pessimi risultati della sua gestione. Durante il suo mandato, il governo Macri non è riuscito a controllare l’inflazione, oggi superiore al 40%, mentre l’economia stagna e la povertà ha ripreso a crescere sensibilmente.

I tecnocrati del suo gabinetto hanno suscitato una crescenza irritazione per la loro imperterrita fedeltà ai dettami neoliberisti e la poca empatia con una popolazione che fa sempre più fatica ad arrivare a fine mese. Di fronte alla mossa di Cristina, persino attorno a Macri c’era chi lo scongiurava di non ripresentarsi per evitare una sconfitta sicura e sonante. Ma il presidente è tornato in lizza con una giocata parimenti astuta: ha proposto come vicepresidente un senatore del peronismo oggi contrario al kirchenrismo, Miguel Angel Pichetto. Macri si assicura così due risultati: quello di ampliare la sua coalizione al peronismo che non si riconosce nello stile dei Kirchner e, insieme, quello di chiamare questa forza popolare alla gestione di governo.

I problemi, nel caso delle due formule elettorali, sorgono quando si analizza la storia recente dei due candidati selezionati. Alberto Fernandez, dopo la morte di Néstor Kirchner, prese le distanze da Cristina, della quale è stato critico, specialmente quando sono scoppiati gli scandali che ne hanno avvolto la gestione. Spiegare come possa essere tornato al kirchenrismo gli sarà difficile. Pichetto, da parte sua, è stato fino a poco tempo fa uno strenue difensore dei Kirchner e del loro governo, giustificando spesso l’ingiustificabile. Se oggi Cristina non è agli arresti si deve proprio alla posizione di Pichetto di negare l’autorizzazione a procedere a legislatori che non siano stati condannato in secondo grado. Prendere ora le distanze da colei che ha difeso a spada tratta, nonostante errori ed indizi gravissimi, gli sarà altrettanto difficile.

Di certo, le due proposte fanno terra bruciata delle posizioni intermedie, i cui rappresentanti già cominciano a scegliere dove schierarsi, molto spesso dovendosi rimangiare le critiche rivolte fino a ieri a Macri o a Cristina Fernandez de Kirchner, facendo appello alla poca memoria e smentendo anche gli archivi dei mezzi stampa e delle reti sociali dove appaiono le posizioni prese appena alcuni mesi or sono. La facilità con la quale si passa da un settore ad un altro, ci si allontana o si ritorna sui propri passi in modo così plateale, la dice lunga anche sulla disputa per il potere che ha preso il posto della progettualità politica. Non si discute più su come governare ma su chi dovrà farlo.

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