Cattivissimo me, il fascino (sinistro) del cattivo

Riflessione per i lettori che nutrono simpatia per i cattivi. Dalla rivista Città Nuova di agosto

Chiudere i porti a una nave piena di naufraghi, proporre il censimento dei rom, minacciare di togliere la scorta a un giornalista a rischio, rinunciare alla difesa della memoria di un giovane studioso morto in Egitto, mentre si dedicava ad attività di studio, cercandone le responsabilità, alzare i toni, mostrare i muscoli, sbeffeggiare l’avversario politico. Quali sentimenti suscitano in noi queste espressioni della politica? Disagio, paura, preoccupazione? Oppure un sentimento più vago, una sottile soddisfazione?

Vorrei rivolgermi a quelli tra noi, che in questi mesi, hanno provato dentro di sé un mix di pensieri inconfessabili, la speranza che i cattivi possano risolvere i nostri guai sporcandosi le mani anche per noi. Vorrei riflettere con quei lettori che nutrono simpatia per i cattivi.

Il cattivo ha sempre più fascino del buono. Cattivissimo me – noto film di animazione per ragazzi – ce lo insegna. Tutta la letteratura e la cinematografia si nutrono di cattivi, cattivi dichiarati, cattivi che non si vergognano di provare sentimenti di odio e di risentimento verso chi è più debole. Il bullo che mette pepe nelle fiction per ragazzi, la mente diabolica e criminale che costruisce la fascinazione di tanti gialli e polizieschi. Il cattivo seduce, il male seduce.

Di odiatori seriali è piena la storia. La loro più grande maestria sta nel convincere le masse che la cattiveria sia sinonimo di forza, di capacità di risolvere le situazioni senza esitazione. Finalmente è arrivato qualcuno che non ha paura di andare dove gli altri non hanno osato andare, di dire che gli stranieri sono troppi, che non c’è posto per tutti, che dobbiamo prima pensare ai nostri figli. Quanto pragmatismo pare celarsi dietro questi slogan.

Di bulli sono piene le scuole. Il ragazzino che non è abbastanza amato né accudito, diventa il leader, maschera la sua fragilità, convince i compagni. Non gli è difficile comandare, convincere gli altri a prendersela con i deboli, rendere ammissibile la celia e lo scherno.

Chi tra di noi ama l’ordine, volentieri confida nel cattivo che mette a posto le cose senza le briglie dei valori. Che può fare a meno dei fardelli della solidarietà e della pietas.

Il cattivo parla alla nostra componente psicologica non cresciuta, quella che spera sempre di avere un padre che ti toglie dai guai, quella un po’ codarda e gregaria. È così, basta saperlo.

Però tutti possiamo fare leva sulla nostra parte adulta. Ricordare a noi stessi che il bene fa breccia cuore a cuore. Ha bisogno di persone disposte a rischiare tutto, di orecchie sensibili al grido silenzioso del povero. Il bene richiede coraggio, no che costano la vita. Ricordare che scegliere il bene è la strada degli uomini liberi e forti. Che il bullo è sempre un debole mascherato che prima o poi cala la maschera.

 

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