Carcere: una bussola per il legislatore

L’Associazione Antigone rilancia l’importanza di dare attuazione all’esperienza di partecipazione promossa dal Ministero della Giustizia sull’esecuzione della pena mentre diminuiscono i reati ma cresce la richiesta di porto d’armi tra i cittadini

Un gran lavoro con 200 esperti su 18 tavoli tematici dove hanno partecipato operatori penitenziari, magistrati, avvocati, docenti, esperti, rappresentanti della cultura e dell’associazionismo civile. Che fine hanno fatto questi “Stati generali dell’esecuzione penale”? La domanda è stata posta lunedì 10 aprile 2017 dall’Associazione Antigone ad un numeroso pubblico di esperti ad un anno esatto dalla solenne chiusura dei lavori dei tavoli di riflessione e discussione voluti dal Ministro della Giustizia Orlando.

Gli esperti presenti, che hanno partecipato ai diversi tavoli di lavoro, avevano passato in rassegna tutte le problematiche inerenti l’esecuzione della pena e avevano prodotto un corpo di proposte e orientamenti ai quali dover guadare nel rinnovare la legislazione, l’organizzazione e la gestione della esecuzione penale.

L’esperienza degli Stati Generali ha contribuito a far uscire, fuori dalla ristretta cerchia delle corporazioni professionali, una riflessione congiunta che ha visto lavorare insieme persone con punti di vista e idee diverse e a volte molto distanti tra di loro.

La speranza suscitata, da questa corale elaborazione di proposte, ha mostrato a chiare lettere che, lavorando tutti assieme, un nuovo approccio culturale della gestione penale è possibile.  Ma occorre ancora procedere tutti insieme per dare uno sbocco legislativo e gestionale in linea con le elaborazioni di pensiero messe a punto.

Purtroppo, la cruda domanda rivolta agli esperti e alle autorità presenti all’incontro, ha rivelato una situazione critica. Intanto si deve registrare un clima sociale diverso da quello avvertito durante i lavori degli stati generali.

C’è un clima che sovrasta tutti gli sforzi e contro il quale occorre mettere in campo un serio contrasto di carattere culturale controtendenza. Esemplare,sotto questo punto di vista, quanto affermato dal questore di Bologna: i reati diminuiscono ma la richiesta di permessi di porto d’armi aumenta. Ma noi, dice il questore, non abbiamo concesso più permessi. Infatti i dinieghi sono aumentati del 100%.

Un altro esempio, in questo contesto, è dato dall’emendamento che rischia di vanificare la legge che ha portato alla chiusura degli Opg (ospedali psichiatrici giudiziari) perché scaricherebbe  sulle Rems (residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza) tutto il peso della gestione del disagio psichiatrico che il carcere non riesce a curare in maniera appropriata.

Gli Stati Generali devono costituire una bussola per il legislatore, specialmente nel momento in cui si appresta ad esercitare la delega che gli viene dall’approvazione del disegno di legge sulla giustizia.

Purtroppo si deve costatare che il legislatore si muove senza tenere conto delle conclusioni della grande esperienza di partecipazione costituita dagli  Stati Generali.

Il motivo l’ha messo a fuoco il Garante Nazionale per i detenuti Mauro Palma che, tra l’altro , ha affermato: «Manca una direzione di marcia» in chi opera negli istituti penitenziari, nei decisori politici, nella pianificazione delle strutture, nella gestione dei molteplici circuiti penitenziari che rischiamo di immobilizzare la popolazione detenuta in cristallizzazioni organizzative. In definitiva «manca un asse di riflessione, un’idea chiara della pena».

Contro questo stato di cose è stata invocata da più parti un maggiore presenza nel dibattito pubblico per svolgere una corretta informazione ai cittadini e per  contrastare luoghi comuni o ragionamenti fatti su base emozionale. Diverse iniziative sono state indicate come possibili strumenti di corretta informazione dagli spot pubblicitari alle giornate di “carcere a porte aperte” per incontri dei cittadini con la realtà penitenziaria in tutti i suoi aspetti e, non ultimo, per far conoscer quanto di positivo si realizza ma di cui non si parla quasi mai.

Interessante la prospettiva di speranza annunciata dal nuovo Capo del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, presidente  Gemma Tuccillo.  La creazione del dipartimento che dirige, a suo avviso, esprime un segnale positivo di attenzione sul fatto che si va verso un ventaglio  di sanzioni penali,superando l’idea che l’unica pena sia il carcere.

In questo senso sono apprezzabili l’assunzione di 60 assistenti sociali, l’aumento delle risorse finanziarie destinate all’esecuzione penale esterna e la destinazione di un nutrito numero di agenti polizia penitenziaria.

Tuttavia occorre lavorare per incidere sul cambiamento culturale degli operatori che lavorano nell’esecuzione della pena. Senza un cambio culturale di mentalità tutto diventa più complicato. La Tuccillo ha infine annunciato che entro breve termine sarà emanata una circolare che, attraverso la semplificazione delle procedure, consenta di accrescere il numero dei volontari nell’esecuzione penale di comunità.  La carenza di volontari, al momento molto evidente, va colmata per rendere effettivi i numerosi progetti di risocializzazione che sono in cantiere.

Nel suo appello finale il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella, ha stimolato tutti a rimettere insieme gli sforzi dei protagonisti presenti per un’attenta vigilanza sulla produzione della normativa delegata, a mantenere viva l’attenzione sulle problematiche della esecuzione della pena valorizzando il patrimonio di idee maturate nei lavori degli Stati Generali.

Solo così sarà possibile contrastare il vento contrario che aleggia sul sistema penale e contribuire a modificare il clima dissonante che si registra nella produzione legislativa e nella pubblica opinione.

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