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Cagliari, insieme per la pace disarmata  

di Arnaldo Scarpa

- Fonte: Città Nuova

Oltre 70 organizzazioni di ogni genere hanno promosso, a partire da una frase di papa Leone XIV, una grande iniziativa nel pieno caldo della stagione come risposta al tentativo costante di promuovere la cultura della guerra e del riarmo. Un segnale di resistenza diffuso nel Paese

Cagliari 29 giugno 2025 Foto Warfree

L’urgenza di agire per la pace, in un mondo che sembra precipitare nel baratro della violenza, è la spinta che ha messo insieme, in tempi brevissimi, 70 organizzazioni della società civile di tutta la Sardegna, con qualche adesione anche dal “continente”, a formare un Comitato Regionale Sardo per la Pace, denominato “Insieme per la pace disarmata”.

Si tratta di un’espressione ispirata ad un recente discorso di papa Leone che è stata anche il leitmotiv della prima uscita pubblica del neonato comitato, a Cagliari, il 29 giugno scorso.

Tra le  70 sigle, con vari riferimenti religiosi, politici e sociali, portatrici di visioni del mondo e dell’umanità differenti e talvolta complementari, con stili, metodi ed obiettivi diversi, ci sono rappresentanze dei sindacati sardi e italiani, gruppi trans-femministi, associazioni ambientaliste nazionali e locali, come vari gruppi nati per difendere la Sardegna dalla speculazione energetica, l’associazione Medici per l’ambiente, movimenti e comunità di ispirazione cristiana, storiche espressioni della Resistenza antifascista, movimenti nonviolenti e partiti politici di sinistra contro la guerra, associazioni di promozione sociale, gruppi teatrali, di danza e di arti varie.

Li ha attivati e riuniti, a maggio 2025, un documento della Rete Warfree – Lìberu dae sa gherra, e del Comitato Riconversione Rwm, contro la propaganda di guerra nascosta dietro la presenza nel porto di Cagliari della nave “Trieste”, una portaerei tuttofare costata allo Stato italiano oltre un miliardo e cento milioni di euro, nel 2024.

Per alcuni giorni, la nave, con la sua dote di armi sofisticate e il suo equipaggio addestrato alla guerra, è stata adibita a polo sanitario, in sostituzione di un servizio pubblico essenziale e delicato come la prevenzione pediatrica, ultimamente quasi inesistente sul territorio sardo, con il coinvolgimento di oltre 200 bambini, i cui genitori hanno potuto prenotare, attraverso le scuole, la visita medica a bordo, nei capaci ambulatori situati nella pancia dell’enorme nave da guerra.

Contemporaneamente all’attività sanitaria, si sono svolte altre iniziative di carattere sportivo e ricreativo, tutte finalizzate a “sdoganare” l’immagine della macchina bellica per rendere accettabile e quasi familiare la guerra in preparazione con il Rearm-Europe.  Ma, come detto, oltre 90 organizzazioni della società civile sarda hanno aderito al comunicato stampa contro l’iniziativa, che è stata patrocinata anche da Regione Sarda e Comune di Cagliari, e hanno organizzato manifestazioni di protesta e sensibilizzazione dell’opinione pubblica.

Da quel momento sono partite le attività online che hanno condotto alla nascita del nuovo comitato regionale e alla preparazione della giornata di domenica 29 giugno, un evento pubblico collettivo rivolto alla cittadinanza: 8 ore piene di attività, tra teatro e piazza, in una giornata di sole implacabile, nel centro di Cagliari a 35 °C all’ombra. Una situazione certamente non attraente, col mare a due passi, ma la partecipazione è stata costante per tutta la giornata. Almeno 120 persone di mattina, fino alle 13:30 e ancora di più la sera, nella piazza della parrocchia di Sant’Eulalia, presidio di umanità e interculturalità nello storico quartiere di Marina, luogo di incontro e di abitazione di persone immigrate, prevalentemente africane e asiatiche.

Nel corso della mattinata, Pasquale Pugliese (filosofo e educatore della nonviolenza), Giorgio Beretta (esperto di produzione e commercio internazionale di armamenti), Aide Esu (sociologa e referente dell’Ateneo di Cagliari per la Rete Università per la Pace), Domenico Scanu (presidente regionale di ISDE – Medici per l’ambiente), Graziano Bullegas (Italia Nostra – Sardegna) e Ahlam Hmaidan (Giovane donna palestinese, attivista per i diritti umani e la pace) hanno svolto altrettante relazioni all’assemblea, seguite da un fecondo dibattito.

Dalle 18 alle 22, sul sagrato della Chiesa, si sono invece alternate testimonianze dall’Africa, poesie per la Palestina, canzoni dei Nomadi e di altri autori, qualche emozionante fuoriprogramma come l’imprevista irruzione di due pasticcere del quartiere: «Nel nostro negozio – hanno detto – parliamo sempre di pace, con tutti i clienti e sapendo che anche voi siete qui a parlare e agire per la pace, abbiamo pensato di portarvi un po’ dei nostri dolci per testimoniare la nostra solidarietà». La serata ha visto alcuni interventi informativi e varie performance di musica, danza e teatro, con, alla fine, un Circle Drum che ha coinvolto tutto il pubblico con un centinaio di piccoli strumenti a percussione, a simboleggiare l’effetto corale generato dalla partecipazione attiva di ognuno.

Una giornata del genere è solo una piccola goccia nell’arsura di un mondo in cui egoismo, prepotenza e fake news sembrano dominare su tutto, ma assistiamo ogni giorno a tantissimi piccoli e grandi eventi in ogni città e paese, che cercano di spingere chi ha in mano il timone delle potenze mondiali a cambiare decisamente rotta e puntare alla costruzione della pace. Sono le piccole gocce che ognuno può e deve portare. Piccole ma tante e, col tempo, certamente efficaci!

Non certo col riarmo, non certo con l’odio e i rancori che inevitabilmente anticipano e seguono ogni guerra e ogni violenza, spesso creati ad arte da chi dalla guerra ci guadagna abbondantemente, come i produttori di armi e gli autocrati che creano per i loro stessi popoli condizioni di sofferenza e di insicurezza tali da mantenerli indenni al potere. Non è certo con le ipocrisie, che definiscono armi e conflitti armati come ineluttabili, che si costruisce un futuro migliore per tutti, ma solo con la giustizia, l’apertura, la condivisione e la diplomazia.

 Solo riconoscendosi tutti figli e figlie della stessa umanità, tutti fratelli e sorelle, tutti e tutte, allo stesso modo, destinatari delle ricchezze planetarie. Solo così, solo essendo, come dice papa Leone, “disarmati e disarmanti”, miliardi di persone potranno vivere in pace.

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