Buon compleanno Giro d’Italia!

Riparte la corsa, con protagonisti vecchi e nuovi. Ma con l'eterno problema del doping sempre in agguato.
Articolo

Sono ben cento le candeline da spegnere, che ricoprono una torta dal sapore antico, fatta di corridori, di asfalto che scorre inesorabile verso il traguardo, di polvere che si alza fino ad attaccarsi al viso grondante di sudore di chi per mestiere ammira il mondo dal sellino di una bicicletta. Il Lido di Venezia e le acque della laguna veneta accolgono la partenza della manifestazione sportiva più antica d’Italia, un evento che ha segnato intere epoche, che ha portato sulle strade del Bel Paese milioni di persone per ammirare le fatiche di semplici uomini in cerca di gloria, di una maglia rosa da indossare, per ottenere il primato in classifica. Un colore, il rosa, duramente contestato da Benito Mussolini negli anni del fascismo perché non rappresentava il vigore, la potenza, la forza che un atleta doveva esprimere. Vengono alla memoria semplici episodi vissuti sulla strada che oramai sono diventati leggenda. Alfredo Binda nel 1930 venne pagato dal direttore della Gazzetta dello Sport Emilio Colombo per non schierarsi ai nastri di partenza della corsa. Andava troppo forte, infliggeva agli avversari distacchi incolmabili, nessuno era in grado di batterlo. Fausto Coppi e Gino Bartali, poi si contesero le simpatie degli italiani a colpi di pedalate e di imprese furibonde su e giù per le Alpi. Charly Gaul, scalatore lussemburghese, nel 1956, legò il proprio nome a una montagna: vinse sul monte Bondone sconfiggendo gli avversari e una indomabile bufera di neve guadagnandosi l’appellativo di angelo della montagna. Perse rocambolescamente un Giro d’Italia: si fermò a bordo strada per fare pipì, venne attaccato dai suoi diretti avversari che gli rubarono la maglia rosa e la gioia del gradino più alto del podio. E ancora: Eddy Merkx, il cannibale, il corridore più vincente di tutti i tempi, Felice Gimondi, Bernard Hinault, Francesco Moser, Giuseppe Saronni, Miguel Indurain, Marco Pantani, tutti campioni che hanno solcato le strade del Giro e che ora hanno raggiunto l’Olimpo del ciclismo. Oggi, Gilberto Simoni, Danilo di Luca, Denis Menchov, Damiano Cunego, Carlos Sastre, Franco Pellizzotti, Andreas Kloden, Ivan Basso, al rientro dopo una squalifica di due anni per aver frequentato un chiacchierato medico spagnolo, cercheranno di scrivere un altro capitolo della fantastica storia del Giro d’Italia. La battaglia per incoronare il successore di Alberto Contador, vincitore dell’ultima edizione si preannuncia esaltante e ricca di rivalità. Tra Basso e Simoni: dal 2006 non corrono buoni rapporti, e in più Ivan si ritrova in squadra Pellizzotti, un osso duro, che negli ultimi anni ha saputo guadagnarsi sul campo i gradi di capitano per le corse di tre settimane. Lance Armstrong, americano, 38 anni, sopravvissuto al cancro, vincitore di sette Tour de France, farà la parte della star. Tornato alle gare, dopo tre anni di stop, per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla lotta ai tumori, ha recuperato in tempo record da una frattura alla clavicola per potersi presentare al via. Una presenza che costa agli organizzatori ben due milioni di euro. Sarà invece un Giro d’Italia amaro per Ivano Fanini, patron della squadra italo-americana Amore&Vita McDonald’s, che negli ultimi anni ha condotto diverse battaglie per un ciclismo più pulito operando pesanti denunce. L’iniziativa da lui proposta, il Giro nel Giro ha riscontrato l’ostruzionismo del direttore della corsa rosa Angelo Zomegnan. Fanini voleva far percorrere il tracciato delle 21 tappe ai suoi atleti, ufficialmente fuori gara, monitorando giorno per giorno le loro condizioni di salute, tutto questo per dare una chiara testimonianza dell’impossibilità di gareggiare per tre settimane ad alto livello. Una iniziativa che avrebbe potuto far riflettere sullo stato attuale di uno sport, il ciclismo, che negli ultimi anni ha dimostrato di essere fortemente colpito dalla piaga del doping. Uno sport fatto di corridori, squadre e dirigenti onesti e a volte anche pentiti che vogliono restituire al pubblico l’immagine vera e autentica di una disciplina, di un mestiere che affonda le sue radici nel passato, dove la vittoria di una corsa era solo un modo per sfuggire alla povertà. Il Giro d’Italia del Centenario si presenta insomma al grande pubblico e agli appassionati di sport in abito da sera, mostrando in tutto il loro splendore le bellezze offerte dai territori attraversati dalla carovana. Basta pensare alla cronometro delle Cinque Terre, al circuito cittadino di Milano, all’arrivo in salita in cima al Vesuvio, al traguardo finale di Roma posto all’ombra del Colosseo. A noi, non resta altro che applaudire e incitare i corridori dai bordi delle strade, magari cercando di incrociare i loro sguardi lungo una salita perché alla fine è solo questa la magia del Giro d’Italia.

I più letti della settimana

Chiara D’Urbano nella APP di CN

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons