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TELEFONIA MOBILE

L’eCall salvavita

 

La stima è che possa «salvare 2500 vite all’anno nell’Unione europea e garantire un risparmio di 26 miliardi di euro in termini di costi generati da incidenti e ingorghi».

L’eCall è il servizio paneuropeo di chiamata d’emergenza a bordo dei veicoli, ideato per facilitare i soccorsi in caso di incidente stradale. Il sistema funziona attraverso un dispositivo installato a bordo dell’auto – che può essere attivato manualmente o automaticamente in caso di incidente grave (come succede per l’airbag) – che esegue una chiamata al numero unico d’emergenza europeo 112, il quale a sua volta la inoltra al servizio di soccorso più vicino. La chiamata trasferisce dati sulla localizzazione del veicolo, il tipo di vettura, la direzione di marcia e il tipo di urto, la data e l’ora della chiamata stessa e l’indicazione del Paese di immatricolazione e della lingua parlata dall’utente.

Un servizio, allo studio da anni, che ha guadagnato il pieno sostegno dell’Unione europea, che nei mesi scorsi è tornata a sollecitare «i governi e l’industria automobilistica e delle telecomunicazioni in Europa a fare di più per la diffusione di eCall». Sarebbero infatti sei i Paesi dell’Unione che non hanno ancora firmato il protocollo d’intesa per l’attuazione del servizio su scala europea (Danimarca, Francia, Irlanda, Lettonia, Malta e Regno Unito) ma buone notizie giungono dagli operatori di telefonia. Risale a poche settimane fa la firma del protocollo da parte dell’Associazione Gsm Europa, che a livello mondiale raggruppa 800 gestori di telefonia mobile e oltre 200 imprese del settore.

 

Si avvicina dunque la prospettiva di una piena implementazione del servizio in Europa, ma in Italia, a dispetto della firma del protocollo, le prime sperimentazioni incontrano diverse problematiche. Prima fra tutte la mancata adozione del 112 come un numero unico europeo (Nue), e dunque anche nazionale, per le emergenze. Ad oggi nel nostro Paese numeri diversi fanno da interfaccia alle chiamate di emergenza: fra i più noti, il 112 per i carabinieri, il 113 per la polizia, il 115 per i vigili del fuoco e il 118 per il soccorso sanitario. Una collezione di numeri che rende più complesse le operazioni di smistamento e coordinamento degli interventi.

 

Negli ultimi anni la situazione italiana ha motivato provvedimenti da parte dell’Unione europea che, dopo la condanna del gennaio scorso e l’avvio di una procedura di infrazione, torna a chiedere l’adozione del 112 come Nue e l’attivazione del servizio di localizzazione del chiamante. Pena – secondo l’Aduc, l’Associazione per i diritti di utenti e consumatori – una multa di almeno 10 milioni di euro. Dal canto suo il ministro dell’Interno Maroni ha annunciato l’avvio di un progetto pilota della durata di tre anni; ma secondo i parametri europei i tempi sarebbero troppo lunghi. A dipanare allora la matassa è stata chiamata in causa la Protezione civile nazionale, che dovrà coordinare le piattaforme informatiche di carabinieri, polizia, vigili del fuoco e servizi sanitari. Il nodo della questione sarebbe l’attribuzione delle competenze, ma «al cittadino poco importa delle beghe tra i vari enti – lamenta l’Aduc – importa che l’operatore che risponde al 112 possa immediatamente capire le sue urgenze e inviare i soccorsi più opportuni». La parola ora alla Protezione civile.

 

PC

Il Fisco li regala

 

Usati ma ancora in forma, saranno distribuiti dando priorità a scuole ed enti no profit. Il bando è sul sito www.agenziaentrate.gov.it. Fino al 16 ottobre.

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