A Bergamo anche il silenzio parla

Nel territorio italiano più colpito dal Coronavirus, il numero dei contagi cala ulteriormente e si inizia a pensare alla tanto discussa “fase 2”. Nel frattempo, con la speranza di poter presto chiudere questo doloroso capitolo, tanti bergamaschi hanno celebrato in modo diverso dal solito la giornata della liberazione.
Il partigiano Carlo Aresi, 90 anni (foto La Presse)

Il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana definisce i dati degli ultimi giorni sui contagi da Coronavirus «veramente incoraggianti.» Era da quasi 50 giorni che non si registrava un numero così basso di contagiati in Lombardia. A Bergamo ormai il numero di contagiati giornaliero è sempre sotto la soglia delle cento persone e aumenta il numero dei dimessi e delle persone non più in quarantena domiciliare.

C’è grande fiducia: la fine dell’incubo sembra davvero vicina. Ciò che preoccupa però è la ripartenza, la cosiddetta “fase 2” che dovrebbe iniziare il 4 maggio prossimo. Si attende il nuovo decreto-legge, che specificherà le nuove direttive per contenere il contagio nonostante l’allentamento delle misure restrittive. È necessario ripartire per non danneggiare ulteriormente la situazione economica nazionale, ma i cittadini chiedono buonsenso da parte delle istituzioni e maggiore reperibilità dei dispositivi di sicurezza.

Nel frattempo, la città di Bergamo non si dimentica di ricordare e celebrare la Festa della Liberazione del 25 aprile, giornata in cui l’Italia sconfisse il nazifascismo nell’anno del termine della Seconda Guerra mondiale.

«È così che vedo oggi la Resistenza e la Liberazione: come le fonti della forza che servono oggi al nostro Paese», dice il sindaco di Bergamo Giorgio Gori in un post sulla sua pagina Facebook. «Per ripartire ci servirà lo stesso spirito che accompagnò gli italiani nel Dopoguerra, la stessa disponibilità a sacrificarci per costruire un futuro migliore per noi e per i nostri figli. La stessa coesione e lo stesso coraggio. Difficile? Sì, molto, ma è quello a cui siamo chiamati.»

Il sindaco Gori, a nome dell’intere città di Bergamo e della comunità bergamasca, ha celebrato la ricorrenza recandosi con il presidente della Provincia Gianfranco Gafforelli e il presidente dell’ANPI orobica Mauro Magistrati alla Torre dei Caduti, il monumento che ricorda le vittime della guerra situato nel centro di Bergamo. Non ci sono stati né cortei né discorsi, come in ogni altro comune in italiano a causa delle restrizioni per l’emergenza Covid-19. Ma questo gesto, nel silenzio della città deserta, è forse ancora più suggestivo e sincero e ci ricorda che la memoria e la conoscenza sono le “buone armi” che ci permettono di vivere il presente in modo consapevole e proiettandoci al futuro.

In questo giorno così importante come il 25 aprile, anche nel mio piccolo paese solitamente vengono ricordati i caduti della Seconda Guerra mondiale. Gli alpini organizzano un corteo affiancando le istituzioni e bambini della scuola elementare intonano l’Inno di Mameli sventolando delle piccole bandiere tricolore. La banda, che guida il corteo, accompagna le voci dei bambini. È un evento atteso e sentito da tutti e che mobilita l’intera comunità.

Quest’anno, però, è stato diverso. Anziché canti e musica, nel paese c’è stato molto silenzio. Ma anche il silenzio parla e quest’anno racconta di un Paese, non solo il mio ma l’Italia intera, che soffre e che, in maniera diversa dagli anni della guerra, resiste. Non possiamo certo paragonare le due situazioni, ma forse i sentimenti che i nostri nonni e bisnonni provavano in quella situazione di incertezza e pericolo erano simili a quelli che anche noi oggi sentiamo dentro di noi. E guardiamo cosa è accaduto, a 75 anni di distanza da quel 25 aprile. Loro ce l’hanno fatta, hanno resistito e sconfitto il loro nemico, tanto insidioso e tenace, portatore di odio e violenza. E noi possiamo fare lo stesso.

Nell’attesa del giorno in cui anche questa grande tragedia che stiamo vivendo possa dichiararsi risolta, ricordiamo e non dimentichiamo che prima di noi tante persone hanno lottato e sono riuscite a donarci una vita bella, libera, ricca di opportunità che anche se ora non vediamo, presto torneranno a bussare alla nostra porta.

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