Becchetti: Non servono manovre lacrime e sangue

Il programma possibile di un nuovo governo in campo economico. Le indispensabili politiche fiscali da concordare con un diverso rapporto con l’Unione europea. Intervista al noto esponente dell’economia civile in un momento cruciale per il futuro dell’Italia.

Senza un diverso e credibile accordo di “governo di legislatura”, l’Italia deve prepararsi alle urne per fine ottobre. La lettera aperta a Salvini, pubblicata su Facebook dal presidente del Consiglio Conte sembra aver posto fine, in maniera definitiva, all’esperimento operato da M5S e Lega. Ma tutto potrà ancora accadere il 20 agosto nell’aula del Senato dove è previsto l’intervento del premier. A prescindere dai possibili retroscena, destinati, del resto, a restare ignoti ai più, è interessante il dibattito sulle prospettive esugli  scenari che può aprire la crisi stessa, come ha auspicato Mauro Magatti su Avvenire.
Cercando di non restare nel campo delle suggestioni, abbiamo chiesto all’economista Leonardo Becchetti di individuare, a suo giudizio, i punti decisivi di un possibile nuovo patto di legislatura, che pare comunque improbabile tra centrosinistra e 5 Stelle.

Giuseppe Conte assieme ai ministri Tria e Costa, è stato ospite, nel marzo scorso, del Festival nazionale dell’economia civile di Firenze esponendo tesi e ragionamenti molto vicini a quelli espressi  in quella manifestazione. Può essere questa una traccia comune per una nuova maggioranza?
La storia di questi giorni ci dice che persone di responsabilità che sono in questo governo in carica hanno subito l’egemonia e l’influenza prevalente del ministro dell’Interno, ovvero la sua agenda. In parole semplici, l’idea che i due problemi principali delle difficoltà del Paese siano i barconi che cercano di arrivare sulle nostre coste e l’Europa. Lo scontro di questi giorni ci rivela però che è possibile costruire in Parlamento una diversa maggioranza sulla base di un’altra agenda molto più vicina ai temi dell’economia civile. La prima cosa da fare, che produrrebbe interessanti “dividendi”, tutto il contrario di manovre lacrime e sangue, è mandare in soffitta lo scontro con l’Europa e poter godere dunque delle condizioni di favore che oggi i nostri vicini come Spagna e Portogallo hanno per finanziare i loro investimenti emettendo titoli a tasso d’interesse reale negativo. Porre fine a queste inutili e dannose schermaglie con i partner europei avrebbe un immediato beneficio e consentirebbe poi di negoziare assieme ai partner mediterranei condizioni di favore sulle politiche fiscali.

E poi? Quale altra discontinuità è possibile?
Una maggioranza diversa metterebbe al centro il tema dell’emergenza climatica (egualmente caro al Pd e al movimento 5Stelle). In concreto si tratterebbe di dare un segnale di politica economica di stimolo agli investimenti ambientalmente responsabili, che sono gli unici che consentiranno alle aziende di avere un futuro. Altro tema sarebbe quello del “pagare meno pagare tutti” con una lotta all’evasione i cui proventi sarebbero destinati alla riduzione delle tasse. Importante anche la lotta al vero spread che ci allontana dai Paesi europei più virtuosi come quello dei tempi della giustizia civile e delle inefficienze della burocrazia. Come si può vedere sono tutte azioni innovative che non richiedono nessuna manovra lacrime e sangue

Esistono tuttavia tanti altri motivi di contrasto in materia di politica economica…
È evidente che un punto di frizione in un eventuale governo Pd/5 Stelle sarebbe apparentemente la questione degli investimenti. In realtà il movimento 5Stelle ha capito (ricordiamo il mea culpa di Di Maio in Confindustria) che depotenziare la politica di incentivi agli investimenti di Industry 4.0 è stato un errore. In un’epoca in cui il costo del denaro è così basso per le politiche espansive di tutte le banche centrali, è un delitto non spingere sull’acceleratore per gli investimenti privati e pubblici. È possibile definire prima a tavolino quali siano gli investimenti prioritari senza creare bandiere o tabù. Il potenziamento delle infrastrutture è fondamentale per lo sviluppo del Paese.

Recentemente il presidente dell’Antitrust, Roberto Rustichelli, ha denunciato un punto sensibile della finanza etica e cioè la permanenza di troppi paradisi fiscali in Europa con effetti dannosi, tra 5 e 8 miliardi di dollari all’anno, per il nostro Paese. Non potrebbe essere questo un punto di politica comune verso l’Europa?
Si tratta di un altro punto su cui c’è convergenza. Penso anche a quello della difesa della dignità del lavoro per il quale c’è grande sensibilità da entrambe le parti anche se si dovrebbe discutere maggiormente sugli strumenti da porre in atto. Bloccare la corsa al ribasso delle aziende verso i paradisi fiscali che creano quell’incubo che l’ex ministro Tremonti aveva ben descritto con l’espressione: “Paesi senza ricchezza, ricchezza senza Paesi”, è priorità assoluta. Gli strumenti sono sul tavolo (già applicati individualmente da Paesi come l’India) e si chiamano: tasse sulle transazioni o sui volumi di fatturato delle grandi società del web per aggirare le pratiche elusive. Si tratta, da questo punto di vista, di continuare con più forza una politica che nemmeno il governo gialloverde aveva del tutto bloccato, continuando ad usufruire dell’aumento delle entrate derivante dall’applicazione della fattura elettronica e del contrasto e delle richieste di patteggiamento fiscale ai giganti del web.

La nuova governance dell’Unione europea può essere l’interlocutore adatto per definire un grande piano di investimenti pubblici di tipo keynesiano, cioè con effetti moltiplicativi sull’occupazione e la produzione di ricchezza condivisa?
A questo proposito, viene in mente a l’interrogativo del capo economista del Fondo Monetario, un economista di fama mondiale come Blanchard, che si domanda come sia possibile in una fase storica in cui gli stati possono indebitarsi a tassi d’interesse inferiori all’inflazione (reali negativi) che non si individuino filoni d’investimento con rendimenti superiori al tasso zero. In questo caso le spese per investimenti dovrebbero essere scorporate dal computo del deficit come propongono in molti. È un tema su cui lavorare per riformare le regole fiscali europee. La premessa per farlo è avere altri Paesi alleati, sedersi al tavolo assieme e non inveire a distanza contro le istituzioni europee senza partecipare ad alcuna riunione.

Quindi? Si può dire che esiste la possibilità di accordo su alcuni punti tra pentastellati con Pd e Leu?
Lo scontro e la crisi di questi giorni hanno lasciato intravedere che la possibilità di voltare pagina c’è e le basi per costruire “contratti” per una nuova alleanza ci sono. Il risultato primo e più importante sarebbe quello di mandare in panchina una cultura di odio e contrapposizione che sta avvelenando il Paese. I politici non producono solo norme e leggi, ma anche una visione della vita che influenza profondamente quella dei cittadini. È su questo terreno che potremmo vedere progressi immediati e importanti senza trascurare il fatto che la nuova maggioranza deve avere in mano (e penso le avrebbe) delle carte per aiutare il Paese ad uscire dai suoi problemi.

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