Battisti: iniziato il percorso verso la libertà

Il senso della pena e della giustizia dal caso della cattura in Bolivia dell’ex terrorista ricercato per una serie di omicidi compiuti in Italia
ANSA/ETTORE FERRARI

Era a Santa Cruz de La Sierra dal 16 novembre Cesare Battisti, poi è rientrato per una decina di giorni in Brasile e alla fine è tornato in Bolivia il 17 dicembre, passando il confine nei pressi della cittadina boliviana di San Matias, proveniente dal Mato Grosso.

 

Inquirenti e investigatori hanno ricostruito le tappe della fuga dell’ex terrorista. I primi controlli su Cesare Battisti e sulla sua rete di protezione  sono cominciati lo scorso 16 ottobre ed è emerso che l’ex terrorista, ha usato anche il suo profilo Skype ‘Cesare 1900′. E’ quanto risulta dalle indagini della Digos di Milano e del sostituto pg Antonio Lamanna che, grazie e un sofisticato sistema di monitoraggio, hanno individuato gli spostamenti di Battisti, sfuggito per 37 anni alle carceri italiane

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La notizia della cattura di Battisti ha fatto subito il giro del mondo.  Ma non manca chi, primo fra tutti l’ex brigatista Paolo Persichetti, compagno di ‘esilio’ a Parigi con Cesare Battisti, Oreste Scalzone e tanti altri fuoriusciti italiani, ha – giustamente –criticato le modalità con cui la stessa è avvenuta: «Siamo alla barbarie. Un trofeo esibito e la muta che lo rincorre».

 

«Nel caso Battisti la Bolivia non ha esercitato nemmeno la sovranità più elementare, neppure ha provato a salvare le apparenze pretendendo una formale richiesta di estradizione dall’Italia – spiega l’ex Br – Il “compagno” Morales lo ha semplicemente rispedito in Italia al di fuori di ogni regola».

 

E in Italia, sottolinea, le cose andranno nello stesso modo: “Non gli rifaranno un nuovo processo, come pure avevano assicurato alla Francia quando ne chiedevano l’estradizione, né gli faranno scontare 30 anni, come da accordi presi con il Brasile. Qui Battisti si farà l’ergastolo. Con Salvini che, violando tutti i principi di separazione dei poteri, da ministro dell’Interno già ha deciso che ‘non avrà benefici’. Una barbarie giuridica, peraltro applaudita da buona parte della sinistra. Stiano attenti quelli che plaudono a violazioni di una tale portata, però, perché poi si arriva anche a loro”, sottolinea. “Battisti viene descritto come l’eterno latitante, l’uomo in fuga, ma in realtà si è sempre avvalso delle prerogative sovrane degli Stati che lo hanno ospitato – sostiene l’ex Br – E’ sempre stato nella legalità in Francia, in Brasile, perfino in Bolivia, dove aveva chiesto asilo. I periodi di latitanza effettiva si riducono di fatto a quell’anno e mezzo prima che lo arrestassero in Brasile. Anche l’accesso illegale a La Paz è opinabile perché lui aveva con sé il documento brasiliano per i residenti esteri, riconosciuto in molti Paesi dell’America Latina”.

 

Ergastolo                                                                                   

 

In realtà l’applicazione dell’ergastolo non è proprio così scontata, come sembra far apparire il Ministro della Giustizia. In base all’accordo tra  Brasile ed Italia, sottoscritto il 6 ottobre 2017, l’Italia poteva applicare al massimo la pena di trent’anni di reclusione, visto che in Brasile non è previsto nell’ordinamento l’ergastolo.

 

È una decisione presa dal Ministro della giustizia all’insegna del pragmatismo. Meglio vederlo trent’anni in carcere piuttosto che non averlo; ma così non è stato.

Per questo l’aereo che ha riportato Battisti in Italia non è passato dal Brasile ma è arrivato direttamente dalla Bolivia.

Ma gli aspetti giuridici sono altri. Battisti ha commesso quattro omicidi: concorso nell’omicidio Torregiani e Sabbadin: 12-13 anni; omicidio Andrea Campagna: ergastolo; omicidio Antonio Santoro: ergastolo. Le  pene sono divenute definitive nel 1991.

 

Nel caso di Santoro, una guardia giurata, Battisti lo ha colpito alle spalle con una pistola, tre colpi di pistola, di cui due alla nuca. C’è una legge del 1991, che, in caso di omicidio con finalità di terrorismo, come in questo caso, prevede l’ergastolo ostativo, che non consente l’accesso ai benefici penitenziari.

 

Ma se questa legge non fosse applicata retroattivamente (sarà un giudice a stabilirlo), Battisti potrà usufruire di questi benefici: dopo 10 anni potrà avere permessi premio, dopo 26 anni la liberazione condizionale, cioè una sospensione dell’esecuzione della pena; dopo 26 anni liberazione anticipata che comporta una riduzione della pena (45 gg. ogni sei mesi).

 

Perché è importante sottolineare; ergastolo si, ergastolo no? Cosa cambia? Cesare Battisti ha oggi 64 anni, ne avrà 94 quando scadranno i 30 anni di pena. La differenza, a mio avviso, lo fanno le vittime. Il caso Calabresi lo insegna.

Come dice bene, in un suo libro, Mario, il figlio del commissario Calabresi: «Finché ci sarà, un figlio, una moglie un fratello, vittima di terrorismo, non ci potrà essere una rappacificazione sociale, né politica, né diplomatica: è semplicemente una questione di giustizia».

 

Latitante per 37 anni

Ma al di là degli aspetti squisitamente giuridici mi chiedo quale libertà ha potuto sperimentare Battisti nei trentasette anni di latitanza? Come può un uomo ritenersi libero se è costretto a nascondersi, a non avere relazione umane, che è prigioniero delle proprie convinzioni, delle proprie idee, forse della propria immagine …

In realtà è lo stesso amico Persichetti che ha confermato quanto duri siano stati per Battisti gli anni di latitanza: «Lo hanno descritto come uno dei salotti, viveva in una soffitta» dice ancora. «C’è una costruzione del mostro, del personaggio… – ragiona Persichetti analizzando da sociologo immagini e notizie di questi giorni – La birra, il ghigno, il sorriso strafottente, la barba finta che finta non è… Lo hanno descritto come uno che si godeva la vita, la bella gente… Ma Battisti viveva in una soffitta e faceva il portiere. Lavorava in un sottoscala dove c’era un computerone su cui scriveva, però nell’immaginario era uno che viveva nei salotti francesi. Ha pensato di salvarsi con la scrittura ed è finito intrappolato nella figura dell’intellettuale da salotto».

«Dicono è finita la pacchia – aggiunge – Ma non sanno di cosa parlano, l’esilio è una vita dura, è la vita del sans papier, con la differenza che loro c’hanno la pelle di un altro colore e questo li espone a maggiori controlli della polizia. Nessuna assistenza sanitaria, niente soldi… ti devi arrangiare, sbarcare il lunario, e lui aveva sublimato imparando il mestiere dello scrivere, e poi è rimasto vittima del personaggio».

La libertà

Leggendo le parole di Persichetti mi sono ricordato della frase che un ex detenuto ha messo sul suo profilo social dopo che, scontati diversi anni di carcere, è ritornato libero: ”Quando uno è libero dentro è libero ovunque”.

E forse per Battisti il percorso verso la libertà paradossalmente è iniziato proprio ora. Subito dopo l’arresto in Bolivia e prima di essere caricato sul volo che lo ha riportato in Italia, Battisti ha fatto due sole telefonate, entrambe in Italia: una alla figlia e una al fratello.

E poi un atteggiamento remissivo, di una persone consapevole “di essere arrivato al capolinea della storia”. Durante le ore che hanno preceduto la partenza, è rimasto seduto per 2 ore su una sedia e non ha chiesto nulla, neanche una bottiglia d’acqua. Una volta sull’aereo ha poi intervallato momenti di sonno a passaggi per ricostruire la sua fuga.

Arrivato a Roma, infine, si è complimentato con gli investigatori e li ha ringraziati per il trattamento che gli hanno riservato dopo l’arresto, fornendogli anche il giubbotto che indossava quanto è sceso dalla scaletta dell’aereo.

Il suo percorso verso la libertà è iniziato.

 

 

 

 

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