Da Bassetti parole di sapienza cristiana

Il presidente della Cei conferma la linea della Chiesa italiana nel segno del ricostruire, ricucire e pacificare
ANSA/ALESSANDRO DI MEO

Il cardinal Bassetti ha pronunciato il discorso di apertura  del consiglio permanente della Cei. Un discorso di grande rilievo, che ha avuto molta eco sulla stampa. Sono state parole evangeliche e di sapienza cristiana, in un Paese dove crescono l’odio e il rancore, dove il potere ha il volto mascherato del servizio, dove tutto si consuma nella negazione dell’altro attraverso parole falsificanti e false.

Egli indica tre verbi: ricostruire, ricucire e pacificare. Tre verbi per l’Italia, che indicano anche un cammino di conversione, che tocca la chiesa e la società italiana, in un passaggio drammatico della nostra storia.

L’Italia ha bisogno di unità, di pace e di ricostruzione, di perdono, parola posta all’inizio, a indicare il timbro di tutta la sua prolusione. La cultura del perdono è il fondamento della ricostruzione e senza perdono si costruisce sulla sabbia e non sulla roccia.

Questa cultura del perdono la ritroviamo nella Costituzione, nelle parole dei grandi padri della Costituzione. Dunque Costituzione e Vangelo, come orizzonte di parole e di azioni che possono fondare una nuova convivenza.

Ma il cardinale Bassetti pone come centrale la questione dei poveri, la loro vita e la loro sofferenza. Egli dice: ”La chiesa cattolica, sin dalla fondazione, si prende cura dei poveri, degli scartati, degli sconfitti della storia, con uno spirito di totale obbedienza al Vangelo, perché vede nelle loro piaghe  il riflesso di quelle di Cristo sulla croce. I poveri, tutti i poveri, anche quelli di cui non sappiamo  nulla, appartengono alla chiesa per diritto evangelico, come disse Paolo VI, nel discorso di apertura del Concilio. In virtù di questo diritto evangelico – e non certo in nome di una rivendicazione sociale – ogni cristiano è chiamato  ad andare verso di loro con un atteggiamento di comprensione e di compassione.”

Ecco i poveri al centro, servi del loro Signore. Sono i poveri che evangelizzano la chiesa, a misura del loro Signore. Sono i poveri che chiamano la società al suo rinnovamento. E i poveri hanno il volto dei disabili, dei ciechi, degli zoppi, degli storpi, dei lebbrosi, dei disabili gravissimi, feriti nel cuore e nella vita.

La chiesa deve porre questo segno, deve mettersi alla scuola dei disabili, che è la scuola di Gesù.

Fa impressione che nel dibattito culturale e politico i disabili siano i veri dimenticati, spesso oggetto di odio e di disprezzo e non si comprende che nell’applicazione dei diritti sociali dei disabili c’e’ la misura stessa della Costituzione e della sua applicazione.

Ecco, quando affrontiamo le barriere architettoniche, esse ci richiamano agli scalini, su cui inciampa la nostra vita. Spesso semplicemente non li vediamo, come se fossimo diventati all’improvviso sordi, ciechi, zoppi e muti. In questa campagna elettorale il silenzio del paese e delle forze politiche è segno di impotenza, che alla fine arriva e prende il cuore delle stesse associazioni dei disabili.

L’appello del presidente della Cei deve porre la questione dei disabili come grande questione che ha il suo fondamento nella Costituzione, e che domanda politiche coraggiose e innovative, evitando l’umanitarismo compassionevole, che riduce tutto a concessione e non ad affermazione dei diritti.

Bisogna passare all’altra riva, ai diritti, che sigillano la vita dei disabili. Nel suo discorso il card .Bassetti  parla di lavoro, di famiglia e di giovani. Così potremmo declinare i tre punti:

1) il lavoro. Grande questione nazionale, dove si manifesta il dolore civile del Paese. Ma ancora più drammatico è il problema del lavoro dei disabili.

2) le famiglie. Ecco un punto di presente e futuro senza il quale il paese si perde. Ma le famiglie con persone disabili portano un peso insopportabile di dolore e di fatica del vivere.

3) i giovani. Certo i giovani, la loro formazione sono la grande scommessa del paese, ma i giovani disabili hanno nella formazione la grande sfida per il futuro, per essere protagonisti della loro vita e della vita di tutti.

Infine entra nella prossima scadenza elettorale del nostro paese. C’e’ un forte appello al dialogo.

Il card. Bassetti così si esprime: «Come ha detto papa Francesco, al convegno ecclesiale  di Firenze, dialogare non è negoziare. Negoziare  infatti consiste  soltanto nel cercare  di ricavare la propria fetta della torta comune. Ma non è questo, ovviamente, ciò che intendiamo. Dialogare significa  “cercare il bene comune per tutti ”».

In questo orizzonte si pone l’agire di tutti, l’agire del bene comune, oltre gli interessi particolari, oltre le promesse senza senso, oltre la seduzione del tutto e subito, oltre le parole vane e sgangherate.

Il bene comune, dice il card. Bassetti, domanda la cura dei poveri e la difesa della vita. Ecco la nuova politica e cultura, che chiama alla gratuità e allo spirito di servizio.

Infine il card. Bassetti annuncia il rilancio del “nostro impegno per la pace nel Mediterraneo. Ecco la chiesa italiana e l’impegno per la pace. Questione decisiva e suprema. Da collocare in un orizzonte davvero europeo”.

Davvero il presidente della Cei intende riprendere con vigore il sentiero di Isaia. Il Mediterraneo non più mare di morte, cimitero tragico per molti, ma luogo di unità e d’incontro tra chiese e tra popoli, per declinare in termini nuovi e fecondi il vangelo della pace. Bassetti ricorda La Pira e ne coglie l’insegnamento mite e disarmato, senza opportunismi e senza politicismi astuti.

Nel respiro del Vangelo, azioni e parole nuove.

 

 

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