Armi e diplomazia, Draghi informa le Camere sulla guerra in Ucraina

Draghi informa le Camere sull’andamento della guerra in Ucraina e sulla posizione del governo che conferma la posizione atlantista di fornitura di armi al governo di Kiev. Dibattito in Parlamento senza il voto richiesto da Conte dei 5 Stelle. Tensioni striscianti nella maggioranza mentre il ministro degli Esteri, Di Maio, presenta al segretario generale dell’Onu una proposta di trattativa di pace da parte dell’Italia  
Mario Draghi sugli sviluppi del conflitto tra Russia e Ucraina Nella foto Mario Draghi Photo Roberto Monaldo /

Mario Draghi si è recato come previsto alle Camere il 19 maggio per dare un’informativa sulla strategia dell’Italia nei confronti della guerra in Ucraina. Una comunicazione sobria e puntuale per ribadire la salda collocazione atlantica del nostro Paese a fianco della presidenza Usa.

Qui il resoconto stenografico della Camera e Qui quello del Senato.

La maggioranza governativa, sostenuta anche dall’opposizione di Fratelli D’Italia, procede decisa sulla linea della fornitura di armi all’Ucraina rivendicando il fatto che solo grazie a tale sostegno militare occidentale al governo di Kiev si può ora parlare di una possibile trattativa di pace.

Il giorno prima il ministro degli esteri Luigi Di Maio ha presentato al segretario generale dell’Onu la proposta italiana per arrivare al cessate il fuoco e avviare un percorso verso un trattato di pace. Un’iniziativa riservata che la Farnesina ha fatto circolare tramite un servizio in prima pagina del quotidiano La Repubblica. Gli stessi parlamentari hanno detto di aver appreso tale novità direttamente da questa fonte di informazione.

Draghi ha ribadito che ogni accordo deve passare attraverso il consenso dell’Ucraina, anche se ha riconosciuto che il segnale di un vero punto di svolta possibile è arrivato dal colloquio diretto avviato, il 13 maggio, tra i vertici militari di Usa e Russia.

Il leader del M5S Giuseppe Conte ha chiesto, invano, di poter mettere ai voti il nuovo invio di armi alla luce della mutata situazione del conflitto che non vede più l’Ucraina nelle condizioni di Davide contro Golia ma in grado, grazie al sostegno della Nato, di rovesciare le sorti della guerra dopo l’invasione russa del 24 febbraio.

Secondo il governo non ha senso rimettere in discussione la linea della mozione parlamentare votata con larga maggioranza il primo marzo dopo un importante discorso di Draghi che ha espresso una visione programmatica di lungo periodo che non può essere rimessa in discussione senza perdere di credibilità a livello internazionale.

Foto Mauro Scrobogna /LaPresse

È stata questa la tesi sostenuta con convinzione dalla maggioranza dei parlamentari intervenuti per commentare l’informativa del presidente del Consiglio. Si segnala, in particolare, l’intervento in Senato di Ignazio La Russa, già ministro della Difesa con Berlusconi al tempo dell’intervento militare in Libia nel 2011, che ha rivendicato la scelta atlantista (“da alleati e non sudditi” ha tenuto a precisare) di una tradizione politica di destra che parte dal Movimento Sociale fino a Fratelli D’Italia. D’altra parte è stato proprio tale partito che ha permesso di eleggere, dopo la rimozione dell’ormai ex 5 Stelle, la forzista Stefania Craxi alla presidenza della commissione esteri del Senato al posto del candidato dei 5 Stelle concordato tra i partiti di maggioranza.

L’indicazione del pentastellato Licheri era già frutto di una mediazione dopo l’esclusione del senatore Gianluca Ferrara, ritenuto troppo pacifista. Conte parla di tradimento e di cambio di fatto della maggioranza ma è evidente la divisione all’interno del “Movimento” tra la sua posizione e quella del ministro Di Maio. Il voto in aula avrebbe certificato questa spaccatura e rinsaldato temporaneamente il rapporto con la diaspora 5 Stelle ricollocata in diverse sigle.

Protesta deputate. Foto gruppo parlamentare Manifesta

Quella più consistente è espressa dal gruppo “L’Alternativa c’è” con il deputato Pino Cabras che ha avuto parole di dura condanna della linea di Draghi:  «In un’Italia alternativa, il presidente del Consiglio italiano indica agli alleati europei la risoluzione pacifica di un conflitto assurdo alle porte dell’Europa, non invia armi trascinandoci verso la mezzanotte nucleare, chiede il cessate il fuoco, frena l’ingresso nella Nato di Finlandia e Svezia per non gettare benzina su quel fuoco, organizza una conferenza di pace qui, a Roma, una città con la vocazione giusta e con la Costituzione adatta. Ma la realtà è ben diversa e il presidente del Consiglio scappa dal parlamento e fugge a Washington per farsi mettere la mano sulla spalla da Biden».

Foto Mauro Scrobogna /LaPresse

Più articolato e complesso l’intervento in Senato del leader della Lega Matteo Salvini che, fin dall’inizio della guerra, ha assunto una posizione critica verso l’invio di armi pur schierando il suo partito con la direttiva governativa. Salvini, che ha criticato apertamente l’incompetenza di Di Maio, ha invitato Draghi, in forza della sua autorevolezza, a non limitarsi a chiedere l’iniziativa di Biden ma che l’Italia sia direttamente «promotrice di pace e di dialogo». In che modo?  Ad esempio chiedendo «un cessate il fuoco di quarantotto ore con Italia, Francia, Germania e Santa Sede pronte a essere garanti dell’avvio di negoziati che oggi non ci sono. Chieda un cessate il fuoco di quarantotto ore per sedersi intorno a un tavolo e sono convinto che verrà ascoltato con attenzione». Il capo della Lega ha indicato come esempio di capacità originale di intervento diplomatico leader italiani come Craxi, Aldo Moro, Prodi, Berlusconi, ribadendo le proprie critiche contro chi insiste a voler continuare a inviare armi quando l’interesse del nostro Paese è quello di «far cessare la guerra il prima possibile significa salvare posti di lavoro in Italia».

Segnali importanti di dissenso strisciante interno alla maggioranza che hanno portato recentemente ad esempio l’economista Carlo Cottarelli, che non parla a vanvera, a presagire la necessità di un voto anticipato ad ottobre.

Mossa azzardata e pericolosa che Draghi vuole evitare come dimostra la convocazione urgente del governo il pomeriggio dello stesso 19 maggio per annunciare, in 10 minuti, la decisione di porre il voto di fiducia sul decreto concorrenza.

Lo scenario spalancato dalla guerra in Ucraina non ha permesso di affrontare il nodo della legge elettorale e di esporre una sana diversità di posizioni delle forze politiche in vista del voto previsto nella primavera del 2023. Secondo i sondaggi esisterebbe, ad esempio, una vasta parte dell’opinione pubblica ancora contraria all’invio di armi in Ucraina nonostante il posizionamento quasi unanime dei media sulla linea di Draghi.

Stando al dibattito dell’attuale parlamento si registra, comunque, un vasto consenso all’azione del governo Draghi espressa ad esempio dal senatore Pierferdinando Casini, aera Udc eletto con il Pd, che ha criticato duramente ogni dubbio sulla condotta della Nato, ad esempio sull’estensione provocatoria verso Est, come espressione di mistificazione, ingenuità o malafede. «L’ingenuità è molto pericolosa per uomini di governo e delle istituzioni» secondo Casini, che ha ribadito il caposaldo della dottrina Blinken (segretario di Stato della presidenza Biden) sulla «sfida tra le dittature e la democrazia». Una visione condivisa con convinzione da Draghi che, ad esempio, durante il suo viaggio negli Usa, è stato premiato dall’Atlantic Council, un pensatoio (think tank) promosso con lungimiranza dagli Usa nel 1961 per «promuovere la leadership americana e promuovere accordi internazionali basati sul ruolo centrale della comunità atlantica nell’affrontare le sfide del XXI secolo».

Foto Roberto Monaldo / LaPresse

Nell’informativa alle Camere, Draghi ha esplicitamente definito la necessaria difesa comune europea come «complementare all’Alleanza atlantica», una forza quindi che si dovrà «affiancare alla Nato». Ad oggi, ha precisato Draghi «l’attività di deterrenza nei confronti della Russia comprende anche l’intensificarsi delle operazioni dell’Alleanza atlantica. Il comandante supremo alleato ha rafforzato il livello di risposta lungo il fianco orientale: uno sforzo a cui l’Italia contribuisce con 2.500 unità. Nel medio periodo siamo pronti a rafforzare ulteriormente il nostro contributo in Ungheria e Bulgaria, rispettivamente con 250 e 750 unità, in linea con l’azione dei nostri alleati. Valutiamo infine la possibilità di sostenere la Romania nelle attività di sminamento marittimo del Mar Nero e la Slovacchia nella difesa antiaerea».

In questo quadro trova spiegazione il deciso sostegno di Roma alla richiesta di entrata nella Nato da parte di Svezia e Finlandia, due Paesi che storicamente, in forza della loro neutralità, hanno rappresentato finora il ponte per trattative di pace come l’accordo di cooperazione in Europa del 1975 concluso nella capitale finlandese Helsinki o l’azione di mediazione svolta dal presidente svedese Olof Palme tragicamente scomparso nel 1986.

Il fatto che le due giovani premier di Svezia e Finlandia, donne di estrazione socialdemocratica, si siano mosse per un’adesione veloce all’Alleanza atlantica rappresenta, a prescindere da ogni valutazione di merito, un segnale del clima di crescente tensione internazionale innescata dal conflitto in Ucraina che appare di lunga durata e logoramento a prescindere dall’auspicabile arrivo di un cessate il fuoco che interrompa il numero delle vittime e delle atrocità.

Foto Ap

Draghi ha infine annunciato che, ad inizio luglio, andrà ad Ankara «per il vertice bilaterale con la Turchia, il primo di questo tipo da dieci anni. In questo incontro discuteremo delle prospettive negoziali e diplomatiche del conflitto e del rafforzamento dei rapporti tra Italia e Turchia».

Un appuntamento di medio termine che indica la previsione del protrarsi del conflitto in Ucraina e la necessità di un confronto diretto con Erdogan con il quale abbiamo tante questioni da affrontare. Dalla gestione dei migranti alla situazione in Libia, dalla fornitura di armi alla politica di repressione dei curdi, solo per fare qualche esempio che merita una conoscenza avvertita e consapevole della società italiana.

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