Disarmo nucleare, iniziativa del papa

Simposio internazionale promosso in Vaticano con Nobel per la Pace, vertici Nato e Onu, diplomatici di diversi Paesi tra i quali Usa, Russia, Iran e Corea del Sud. Primo incontro globale dopo l’approvazione del “Trattato sul bando delle armi nucleari” del luglio 2017
Foto Ap

Nel pieno dell’estate di san Martino, dal 10 all’11 novembre, l’Aula Nuova del Sinodo, in Vaticano, ospiterà il Simposio Internazionale dal titolo “Prospettive per un mondo libero dalle armi nucleari e per un disarmo integrale”, organizzato dal Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale della Santa Sede.

Si tratta di un evento che radunerà a Roma, come recita il comunicato stampa ufficiale, «la partecipazione congiunta di 11 Premi Nobel per la Pace, dei vertici di Onu e Nato, dei diplomatici rappresentanti degli Stati tra cui Russia, Stati Uniti, Corea del Sud, Iran, nonché dei massimi esperti nel campo degli armamenti ed esponenti delle fondazioni, delle organizzazioni  della società civile da tempo impegnate attivamente sul tema».

Anche se comprensibilmente rimosso dalla percezione comune, l’incubo nucleare, come non si stancano di ripetere gli scienziati atomici, è quanto mai possibile e solo il caso, la fortuna o la Provvidenza, a seconda dei punti di vista, ha evitato finora che accadesse l’irreparabile. Il pericolo imminente lo si percepisce dalle parole che usa papa Francesco come è avvenuto ultimamente nella recente visita al cimitero di guerra statunitense di Nettuno e al sacrario delle Fosse ardeatine. Non sono momenti rievocativi di eventi passati e  consegnati per sempre alla follia delle precedenti generazioni.

La comunità internazionale cerca di fare la sua parte. La conferenza dell’Onu ha approvato lo scorso 7 luglio il trattato per la proibizione delle armi nucleari. Entrerà in vigore dopo 90 giorni dalla ratifica di almeno 50 stati, ma dei 195 Stati potenziali partecipanti al dibattito (193 membri dell’Onu, più lo Stato Vaticano e la Palestina), 66 non hanno aderito formalmente ai negoziati.

Chi sono? Tutti quelli che dispongono di armi nucleari (Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Francia, Cina, Israele, India, Pakistan e Corea del Nord). Ma anche quelli, come l’Italia, che sono parte di alleanze militari che includono la deterrenza nucleare quali gli Stati della Nato (a eccezione dei Paesi Bassi, che comunque hanno votato contro il trattato), la Corea del Sud, il Giappone, l’Australia. Il nostro Paese, come è noto, ospita 70 ordigni nucleari nelle basi Usa di Aviano e Ghedi Torre, in fase di ammodernamento per essere caricati sui nuovi caccia bombardieri F35, asset strategico delle Forze armate italiane e dei piani industriali di Finmeccanica Leonardo.

Si tratta, in questo caso, di una frazione insignificante dell’enorme potenziale atomico del nostro alleato, se si considera che, negli ultimi atti dell’amministrazione di Barack Obama nel 2016, bisogna annoverare il  programma di ammodernamento degli arsenali americani che costerà mille miliardi di dollari in 30 anni. Una scelta da leggere nel quadro di una corsa generalizzata all’arma dell’Apocalisse percepita come manifestazione di potenza e garanzia di ultima istanza. La minima dotazione della Corea del Nord secondo Alessandro Orsini, direttore dell’Osservatorio sulla sicurezza internazionale della Luiss, la rende capace di resistere alla potenza statunitense in una tensione logorante, sempre aperta alla possibilità dell’errore umano.

L’intenzione della Santa Sede è quella di alzare lo sguardo da una via senza uscita e pertanto il simposio vedrà una partecipazione allargata «ai rappresentanti delle Conferenze episcopali e delle Chiese, a livello ecumenico e di altre fedi, anche delle delegazioni di docenti e studenti provenienti dalle Università di Stati Uniti, Russia e Unione Europea». Centrale sarà l’ascolto riservato alla «testimonianza di Masako Wada, una delle ultime superstiti del bombardamento di Hiroshima, che interverrà in rappresentanza delle vittime delle armi atomiche così come di tutte le vittime degli altri esperimenti nucleari».

Come osserva l’ambasciatore Carlo Trezza dell’Istituto affari internazionali,  nell’incontro promosso in Vaticano, primo soggetto a ratificare il Trattato di luglio 2017, «il principale obiettivo da raggiungere è dunque quello di riavvicinare gli stati nucleari al processo iniziato, riallacciandosi a quanto indicato da papa Francesco nel suo messaggio del marzo scorso alla presidente della Conferenza di New York( per il disarmo atomico, ndr), quando le  scrisse che “questo dialogo dovrebbe essere il più inclusivo possibile di tutti: Stati nucleari, Paesi non possessori di armi nucleari, settore militare e quello privato, comunità religiose, società civile, Organizzazioni internazionali”».

Una visione quindi universale, “cattolica”, necessaria se si vuole salvare il Pianeta dalla sua autodistruzione.

È bene, infine, ricordare che la conferenza del Vaticano è organizzata in collaborazione con: Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, Centro Interdisciplinare Scienze per la Pace (CISP); Università di Pisa; Conferenza Episcopale Giapponese; Conferenza Episcopale Tedesca; Georgetown University; Kroc Institute for International Peace Studies of the Keough School of Global Affairs; Mazda Motor Europe GmbH; Notre Dame University, Office of the President; Nuclear Threat Iniziative; Pugwash Conferences on Science and World Affairs; Senzatomica; Soka Gakkai International; Unione degli Scienziati per il Disarmo Onlus (Uspid).

 

 

 

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