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Anna Foa, non abbassare lo sguardo su Gaza

di Carlo Cefaloni

- Fonte: Città Nuova

Carlo Cefaloni

Il conflitto con l’Iran rischia di distogliere l’attenzione sulla catastrofe umanitaria in atto nella Striscia di Gaza e sulle gravi responsabilità del governo Netanyahu. Alcuni spunti dal dialogo promosso da Iriad sul testo della docente della Sapienza: Il suicidio di Israele

Folla a Gaza in attesa di ricevere gli aiuti umanitari EPA/MOHAMMED SABER

Anna Foa ha scritto un testo, Il suicidio di Israele, che l’ha esposta a critiche feroci e, allo stesso tempo, a grandi apprezzamenti e riconoscimenti fino a ricevere il premio Strega per la saggistica.

L’autrice ha insegnato Storia dell’Ebraismo alla Sapienza di Roma e proviene da una delle storiche famiglie di rilievo dell’antifascismo italiano con forti radici nella cultura ebraica. È figlia di Vittorio Foa e di Lisa Giuia. La madre, anch’ella militante antifascista, subì la prigione  quando era in attesa della primogenita Anna.

Il contributo di lettura della situazione attuale in Medio Oriente proviene quindi da una persona che non può certo essere tacciata di antisemitismo, ma solo di una grande libertà e indipendenza di pensiero. Nel libro espone la tesi che per salvare oggi l’esistenza dello Stato d’Israele non c’è altra strada che contrastare la destra suprematista del governo di Netanyahu e farla finita con l’occupazione della Cisgiordania per arrivare alla creazione e riconoscimento dello Stato di Palestina.

L’Iriad ha promosso il 24 giugno un dibattito incontro con Anna Foa che ha fatto emergere alcuni elementi molto interessanti, ma soprattutto l’esigenza di non restare indifferenti di fronte alla tragedia in corso nella Striscia di Gaza.

Un primo punto emerso dal dibattito è la chiarezza dovuta a proposito del sionismo o meglio dei “sionismi”, perché parliamo di un movimento che ha avuto diversi correnti. Ad esempio esiste un tipo di sionismo favorevole alla convivenza con i palestinesi, come il gruppo Brit Shalom fondato nel 1925 e che aveva tra i suoi componenti figure di rilievo come Martin Buber e Gerson Sholem che auspicavano la creazione di un unico stato per due popoli.

Ma esiste ed è molto forte il sionismo di destra, quello segnato dall’insegnamento di Jabotinsky, che la Foa non ha timore di definire “filofascista” ed “estremista”, che esercita un ruolo significativo nella storia di Israele fino ai giorni nostri. Il padre di Netanyahu, come è noto, è stato il segretario di Jabotinsky.

L’anno 1977 ha segnato, secondo la Foa, una svolta nella storia di Israele con la prima ascesa al potere della destra guidata da Begin e Sharon, dopo decenni di governi laburisti. Ne seguì un periodo con la guerra del Libano (fino all’83), le dimissioni di Begin e Sharon dopo la strage di Sabra e Shatila in Libano, e il ritorno della sinistra al potere.

È in questa fase che si registrarono vari tentativi di pacificazione, come gli accordi di Madrid e Oslo. Tuttavia, questi sforzi si conclusero drammaticamente a causa della perdita di fiducia da parte palestinese dopo l’attentato di Baruch Goldstein a Hebron, dove il terrorista israeliano statunitense assassinò 29 palestinesi musulmani in preghiera nella moschea, e l’assassinio del leader laburista israeliano Yitzhak Rabin da parte di un colono estremista.

Come fa osservare la Foa, ormai sono oltre 20 anni, tranne brevi interruzioni, che il governo Netanyahu è in carica, fino a portare al potere un’ala estremista messianico-religiosa di coloni.
L’esecutivo di Netanyahu è di fatto espressione diretta dei coloni estremisti, ed ha condotto l’attacco a Gaza come “vendetta” per l’eccidio del 7 ottobre 2023 anche a costo di isolare Israele a livello internazionale.

Di fatto, sottolinea Anna Foa, la recente “guerra di 12 giorni” e cioè l’attacco all’Iran condotto da Israele con l’aiuto Usa ha permesso a Netanyahu di spostare l’attenzione globale da Gaza, rendendo più difficile per l’Unione Europea e altri prendere provvedimenti contro Israele.

Una sorta di “mossa del cavallo“, espressione del gioco degli scacchi, che ha compattato il mondo occidentale e distolto l’attenzione dalla crisi umanitaria a Gaza.
E questo anche davanti alla gestione “assurda” degli aiuti a Gaza, una volta estromesso l’azione dell’Onu, con l’esercito israeliano accusato di sparare su coloro che sono in fila per ricevere il cibo.  Ormai, nota la Foa, sono stati interrotti i collegamenti internet con Gaza, colpiti i giornalisti locali (si contano oltre 200 morti tra di loro), limitando drasticamente la diffusione di informazioni dall’interno della Striscia. L’interruzione delle comunicazioni è avvenuta tre giorni prima dell’attacco israeliano all’Iran.

L’Iran è certo una dittatura sanguinaria che compie gravi violazioni dei diritti umani, come l’impiccagione di donne che non indossano correttamente il velo, omosessuali e politici dissidenti. Ciò ha permesso a Netanyahu di sfruttare questa realtà per giustificare l’intervento armato e presentarsi come difensore dei diritti umani contro il regime degli ayatollah.
Di fatto l’Iran è al centro di un “gioco di potenze” che coinvolge Stati Uniti, Europa, Russia e Cina, ma ciò non giustifica il fatto che sia distolta l’attenzione da Gaza.

In tale contesto è sempre più evidente il rischio della “tenuta democratica” di Israele. La polizia è controllata dal ministro Itamar Ben-Gvir, leader del partito di estrema destra Otzma Yehudit, che sembra coinvolto nell’assassinio di Rabin. Senza giri di parole Anna Foa afferma che gli “assassini di Rabin sono attualmente al potere in Israele”.

Ciò non fa che mettere in pericolo la democrazia interna favorendo la repressione degli oppositori, in particolare negli ambienti universitari che sono stati tra i maggiori critici del governo Netanyahu.

Cosa si può fare davanti a tale scenario sempre più preoccupante? La priorità assoluta, ribadisce la professoressa Foa, è quella di “sollevare l’attenzione su Gaza”
«Siamo di fronte a un’emergenza assoluta, la cosa più importante è dire: “fermate questo massacro!”». Un’emergenza umanitaria assoluta, con la mancanza di soccorsi e il rischio costante di morte per la popolazione, in particolare i bambini. Non è questo il momento di concentrarsi su dibattiti politici, giudizi di colpa o termini come “genocidio”, ma di agire immediatamente per “fermare questo massacro”.

Occorre “insistere su Gaza”, salvare gli abitanti di Gaza finché ce n’è qualcuno ancora in vita. Ma occorre fare presto. Riportare l’attenzione politica su Gaza e dare spazio alle poche voci che ancora riescono a farsi sentire, riconoscendo la grave svolta politica in atto in Israele e la necessità di agire immediatamente per fermare la catastrofe umanitaria.

Urgenza confermata dalle parole affidate ai social dal direttore generale del ministero degli Esteri, Pasquale Ferrara, all’indomani della fine del suo ultra quarantennale servizio: «La tragedia di Gaza, immane, indegna, inqualificabile, ingiustificabile, vergognosa e al di sotto di ogni criterio di civiltà ed umanità, vera barbarie che non conosce misericordia, furia omicida di massa, parla da sola, anzi, grida dinanzi alla nostra coscienza e alla coscienza – anzi all’incoscienza – del mondo».

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