Acqua nemica? A proposito delle inondazioni in Emilia Romagna

La catastrofica alluvione che ha colpito l'Emilia Romagna innesca una riflessione sulle politiche ambientali nel nostro Paese (e non solo) e sulla necessità di ri-trovare una coscienza ecologica, il rispetto e la cura per la Madre Terra, di «salvare la natura deturpata dall'uomo, necessario sfondo ad un'umanità rappacificata»
Acqua nemica Romagna
Foto Michele Nucci/LaPresse

La situazione alluvionale in Romagna è una vera e propria tragedia. I dati vengono continuamente riportati ed aggiornati dalla Tv. Intere città sommerse dalle acque, altre citta in allarme, notti in bianco, evacuazioni preventive lì dove il pericolo si avvicina: una fibrillazione endemica che non accenna a diminuire, il cui centro è diffuso e non facilmente rintracciabile, in quanto i fiumi e gli affluenti esondati sono numerosi ed estesi dagli Appennini al mare Adriatico e travolgono nel loro flusso case, alberi, terreni, strade e persone.

Sgomento l’uomo che non riesce a comprendere questo improvviso cambio di passo: l’acqua da sempre considerata “benedizione del cielo” oggi diventa la “nemica” da cui difendersi. Un’acqua che sembra essere rovesciata sulla Terra da forze avverse all’uomo. Commerci distrutti, aziende allagate, coltivazioni spazzate via, case circondate da allagamenti, comitive umane in fuga. Dove? Verso l’ignoto che si materializza in un accampamento dove si spera di essere fuori pericolo.

La famiglia che ieri aveva aperto la propria casa per ospitare evacuati, oggi è costretta a chiedere un rifugio per sé, pertanto anche la solidarietà, mai venuta meno in queste ore, è messa in fibrillazione fisica e psicologica: frana, in questi giorni convulsi e allarmanti, la “sicurezza” della casa, da sempre considerata rifugio, salvezza, riparo, la speranza.

La politica affila le armi e predispone interventi straordinari; patetiche scaramucce ideologiche di parte tentano di alzare il tiro, ma il terreno è franoso anche per loroLa soluzione ultima, mi sia consentito, non è lì, non è nel risarcimento economico pur necessario. La soluzione è in una rinascita di una coscienza ecologica nei cittadini tutti che deve sollecitare in futuro la responsabilità degli organismi territoriali, a cominciare dai Comuni, in un impegno rinnovato delle forze di volontariato impegnate da sempre nell’arduo ma necessario cammino di gratuita fraternità.

Nella piccola isola di Procida, su 3,7 kmq è stato distrutto l’80% dei territori agricoli per far posto al cemento; qualcosa di simile nella vicina isola d’Ischia e in tantissimi Comuni italiani. Le conseguenze future sono facilmente prevedibili.

Se a questa devastazione ecologica si aggiungono le anomale condizioni climatiche sottostimate dalla cieca politica ambientale mondiale, non credo che sia esagerato affermare che il quadro si fa veramente apocalittico. Ne prendeva coscienza, già negli anni ’80, la scrittrice Anna Maria Ortese che nel suo bellissimo libro Corpo celeste scrive: «Un Paese, come non può mancare di corsi d’acqua, di sorgenti, di nuvole, deve avere cura, o consentire la crescita di anime, coscienze, grazia, linguaggi puri… o perirà. Si asciugherà il suolo, se mancano acque e foreste; si perderà la Nazione se mancano anime e coscienze».

Gli faceva eco, in quegli stessi anni, un’altra donna, Chiara Lubich, nel suo Discorso all’Onu, quando invitava tutti a costruire una cultura di pace per un mondo unito, ponendo la difesa ambientale fra i principali obiettivi da raggiungere, ed essere «in prima fila nella grande battaglia per salvare la natura deturpata dall’uomo, necessario sfondo ad un’umanità rappacificata».

Con ancora maggiore forza papa Francesco ha puntato il dito sulla cura del pianeta, con la sua enciclica Laudato si’, spronandoci a guardare con amore la Madre Terra nella ricerca di possibili soluzioni ai mali che l’assediano. Purtroppo queste ed altre voci non hanno ancora trovato nei nostri territori molti alleati convinti, capaci di portare nelle culture locali questo anelito al rispetto della Terra, nostra casa comune.

Disperiamo? No, forse in questo frangente possiamo trovare ragioni necessarie per determinare un avanzamento del discorso ecologico e ambientale nelle nostre città. Lo affermava un nostro amico comune, Giovanni Parolin di Cittadella (Padova), di fronte alla abominevole scelta di iniettare ormai agli animali. Non solo si oppose a tale scelta pagando di persona, ma elaborò il progetto di formazione nelle scuole “Una terra per l’uomo” per dare questa visione nuova di cura e rispetto dell’ambiente alle generazioni future. Per dirla in parole di Chiara Lubich, «la pace è sentita anche come rispetto della natura e i giovani svolgono una loro battaglia contro la distruzione del patrimonio vegetale e animale».

 

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