A scuola di cittadinanza

Chissà quanti dei nostri lettori avranno notato una proposta fatta sulle nostre pagine (pag. 2 del n° 14 per l’esattezza) di una scuola che si sarebbe svolta in estate dalle parti di Torino. Beh, per chi fosse rimasto incuriosito, posso dire di esserci stata e dunque di poterne parlare. Appena arrivata mi si presenta una scena inusuale: uno studente che tiene una lezione in presenza di un docente che farà la stessa cosa subito dopo. È una delle originalità di un… corso di studi svoltosi quest’estate a Pianezza, vicino Torino. Una Scuola di cittadinanza globale promossa da varie associazioni, l’Amu (Azione per un mondo unito), la Pangea, Vie di sviluppo (Vds). Un momento di immersione intensiva nelle relazioni che legano il cittadino alle dinamiche globali. Così in sintesi viene definita dai suoi organizzatori questa settimana di sperimentazione attiva di uno stile di vita solidale che ha coinvolto una quarantina di giovani provenienti da varie regioni italiane. Insomma la concretizzazione del noto principio think globally, act locally, cioè pensa globalmente, agisci localmente, che è poi la possibilità più alla portata di tutti per incidere su questo nostro pazzo pazzo mondo. Sperimentazione attiva, dicevamo, in questa scuola. Già, perché il programma della settimana non era solo teorico. La mattina si studiava: seminari su Fraternità e sobrietà, Consumo responsabile, Informazione critica e consapevole, Sviluppo sostenibile, Cooperazione allo sviluppo, Risorse ed energie rinnovabili. Il pomeriggio si sperimentava. La scuola infatti era autogestita e così a turno i partecipanti animavano i laboratori di spesa responsabile, cimentandosi nella scelta dei prodotti da acquistare, nella loro preparazione in cucina, nell’autoproduzione di prodotti per la pulizia della casa (intanto della struttura che li ospitava), nell’elaborazione di un’informazione critica, servendosi, manco a dirlo, di Linux, il sistema operativo open source alternativo a Microsoft. Ed anche visite ad una fattoria bio-ecologica, ad un emporio equosolidale, ad un centro di educazione al ripensamento dei consumi, l’Environment park di Torino, un’esperienza originale nel panorama dei par- chi scientifici e tecnologici in Europa che accoglie al suo interno aziende specializzate ed Enti di ricerca. Questa dell’abbinamento tra teoria e pratica è stata una delle cose che è piaciuta di più ai partecipanti. Veronica di Reggio Emilia, studia scienze ambientali.È stata una scuola bella – sostiene – a partire dalla vita quotidiana dove potevi mettere in pratica quello che veniva detto. I seminari erano organizzati benissimo, nessun incontro è stato noioso, sono stati tutti interessanti e si è visto che c’era un bel dialogo anche fra i relatori. Luca di Torino, comincerà a studiare Economia aziendale. Per lui si tratta di un’esperienza innovativa perché non c’era solo teoria ma anche l’applicazione di quello che si imparava. Mi ha colpito il seminario sull’informazione che ci ha aiutato a crearci un filtro attraverso cui possiamo scegliere. Ci portiamo sicuramente i rapporti costruiti fra persone che pur non conoscendosi inizialmente, non si sentivano estranee. Ho imparato uno stile di vita che è fatto di tante piccole cose. Per Anna di Milano, laureata in psicologia, questa è stata una settimana in cui provare a cambiare il proprio stile di vita, da cosa comprare da mangiare a cosa utilizzare per lavare. Marco di Iglesias ha trovato dei fratelli che hanno diversissime strade per condividere uno stile di vita che non li fa complici di ciò che affama, perché non è ineluttabile. Che non sia per questo tutto fatto lo esprime bene Gianni di Cuneo che studia Scienze politiche: Io mi sono reso conto di quante cose sia possibile cambiare, anche con poco. Si può essere molto più solidali anche se ci costa. Bisogna proprio darsi da fare. Certo, pensare che questo possa diventare il tuo stile di vita mi spaventa un pochetto, però sicuramente qualcosa resta e basta cominciare. Se non altro, intanto, c’è una nuova coscienza. Ma com’è nata questa scuola? Anna Marenchino dell’Amu mi spiega che rientra in un progetto promosso da un consorzio di ong appartenenti al Cipsi (Coordinamento di iniziative popolari di solidarietà internazionale) e finanziato dall’Unione europea. La Pangea, un’associazione culturale di Palermo che si occupa tra l’altro di attività di integrazione, tre anni fa ha presentato all’Ue un progetto per rafforzare le capacità dei cittadini, dei politici e delle associazioni di mettersi in rete, di lavorare assieme per programmi di sviluppo. Da lì è nato questo percorso che ha coinvolto l’Amu, Vds che nel frattempo si è costituita, e poi associazioni locali come è stato qui a Torino con l’associazione Giovani per un mondo unito di Piemonte, Liguria, Valle d’Aosta. Ascolto qualcuno dei giovani che questa scuola l’ha organizzata e portata avanti. Li ho sentiti nei giorni precedenti presentare con autorevolezza e competenza lezioni all’interno dei seminari mattutini, fianco a fianco con esperti e docenti di livello, come dicevamo all’inizio. Un po’ stanchi, a dire il vero, ma entusiasti, per la buona riuscita di un’impresa che è andata al di là delle loro aspettative. La Scuola di cittadinanza è il frutto di un percorso che questo gruppo di giovani, che si sentono chiamati alla fratellanza universale e hanno la passione di fare qualcosa di concreto per promuoverla, compie da quattro anni. Durante i quali, tra l’altro, hanno dato vita all’associazione Vie di sviluppo, che, tra quelle citate, è l’ultima nata. Francesco Tortorella ne è il presidente. Studia sviluppo e cooperazione internazionale, ha studiato teologia sociale, approfondito il rapporto del cristianesimo con l’uso dei beni e il pensiero sociale della chiesa. L’associazione è stata l’occasione di fare incontrare due dimensioni: l’ interesse, l’impegno, la passione per temi come la cooperazione internazionale, gli stili di vita, l’ambiente… e l’abitudine a vivere la fraternità nel quotidiano. Ci siamo chiesti: si può vivere ogni giorno la fraternità incidendo sul mondo? Il percorso di questi quattro anni è servito proprio a scambiarci idee, esperienze e anche competenze che nel frattempo andavamo acquisendo negli studi o nel lavoro. Ci siamo così costituiti in associazione sia per avere una veste giuridica con la quale presentarci ufficialmente alle istituzioni, accedere a finanziamenti, ma soprattutto perché avevamo capito di avere un’identità con la quale potevamo presentarci. Andando avanti, poi, ci siamo chiesti se c’era la possibilità di tentare di costruire insieme un percorso lavorativo. Ci piacerebbe, ma non è facile. Vedremo… Intanto cerchiamo di fare andare di pari passo l’approfondimento culturale e il lavoro pratico come l’organizzazione di questa scuola. Sicuramente quello che lega tutto è il nostro stile di vita in quanto contribuisce a costruire una cittadinanza improntata alla fraternità.Abbiamo chiaro che ciò di cui vogliamo parlare, approfondire e studiare, lo vogliamo prima di tutto sperimentare nella nostra vita. Per Cecilia Pignagnoli di Reggio Emilia, che si occupa di elaborare progetti in ambito europeo, costituirsi in associazione voleva dire prendere un impegno concreto, un’associazione c’è da portarla avanti, da farla crescere. Io mi sento in via di sviluppo, per me è un mettersi in cammino a fianco con gli altri. Francesca Fulcheri di Torino studia sviluppo e cooperazione. Dopo due anni di studi molto teorici – afferma – non ero pienamente soddisfatta e quando mi sono resa conto che c’era un’associazione di questo tipo mi son trovata immediatamente coinvolta. Michela Caporusso, che dopo il servizio civile a Legambiente si è introdotta nel mondo dell’associazionismo, vive un vero e proprio scambio di idee fra associazioni. Per Marco Bracco di Torino, informatico e studente di Comunicazione interculturale Vds è un luogo di fraternità, dove poter spendere la mia vita per gli altri. Per Fabio Gori studente di matematica Vds unisce il contenuto e il metodo. La caratteristica principale che ci fa andare avanti è cercare di non cadere nel praticismo o nell’astrattismo, tentare di conciliarli. Una cosa che ci caratterizza abbastanza è il fatto che veniamo da esperienze in campi diversi e li mettiamo insieme. In genere le associazioni hanno una maggiore uniformità al loro interno mentre noi abbiamo una maggiore varietà. Dell’associazione fanno parte attualmente circa trenta persone fra i 20 e i 30 anni di quasi tutte le regioni d’Italia, ma c’è poi una cerchia di amici collegati da una mailing list anche dall’estero. Un modo per scambiarsi idee, suggerimenti, ma anche informazioni su seminari, corsi di laurea, appuntamenti. Perché allo sviluppo si può davvero tutti cooperare. In tanti modi.

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