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Italia > Canoni di bellezza

Alleanza robusta di fronte all’odio

di Verónica Cañizares Ramos

- Fonte: Città Nuova

«C’è qualcosa di speciale quando le persone grasse si incontrano: si accompagnano, si amano, si organizzano, si abbracciano». Per Magdalena Piñeyro è questo l’amore “grasso”.

grassofobia
(Foto Freepik)

L’estate è arrivata e con essa il culmine della “prova costume”. Ogni anno milioni di donne – e non solo – sono bombardate da continui messaggi che le invitano a conformare il proprio corpo ai canoni di bellezza prevalenti per poter andare al mare senza vergognarsi. Questa campagna incoraggia la violenza contro i corpi “non a norma” attraverso i vari canali di socializzazione, dalla propria famiglia, ai gruppi di pari, ai media.

Negli ultimi mesi sono comparsi titoli come: “Ricette light per prepararsi alla prova costume (IV): 3 piatti a base di formaggio a basso contenuto calorico”, “La medicina del corpo come rimedio per la prova costume”, “Prova costume: i migliori consigli per un corpo da urlo” o “Attrezzature per l’esercizio fisico in casa per la prova costume”. Messaggi che rafforzano l’idea che c’è qualcosa di sbagliato nella diversità tra i corpi e che è responsabilità di ogni donna cambiare il proprio, attraverso pratiche che nella maggior parte dei casi non sono salutari.

Questa narrazione si basa su una concezione della bellezza che, nelle parole della sociologa Esther Pineda, è chiaramente sessista, razzista, gerontofobica e grassofobica. «L’industria della bellezza ha costruito e diffuso in modo massiccio un’estetica modellata, prefabbricata e confezionata, e ha venduto alle donne l’idea che la bellezza sia il mezzo che garantisce il successo economico, sociale e amoroso», sottolinea l’autrice.

In questo senso, l’autrice ritiene che ciò che si intende per bellezza sia stato costruito con scopi politici, economici, sociali e commerciali, nel contesto di una società patriarcale che considera le donne come oggetti, e di un sistema capitalistico che le ritiene un business.

Per tutti questi motivi diventa una sfida per le donne non soccombere alla pressione della bellezza canonica, perché chi non si conforma all’immaginario di “bellezza” costruito, trasmesso e riprodotto dai discorsi e dalle rappresentazioni dei media, secondo Pineda, è esposto alla sanzione sociale che si esprime in critiche, domande, derisioni e rifiuti. Questo è ciò che l’autrice chiama “violenza estetica”.

Per affrontare questa realtà sono sorti movimenti come la lotta contro la grassofobia. Secondo le parole dell’attivista Magdalena Piñeyro, «la grassofobia è la discriminazione a cui sono sottoposte le persone grasse per il fatto di esserlo. Stiamo parlando di umiliazione, invisibilizzazione, maltrattamento, ridicolizzazione, patologizzazione, emarginazione, esclusione e persino esercizio di violenza fisica contro un gruppo di persone per il fatto di avere una certa caratteristica fisica: la grassezza».

Da parte sua, la comunicatrice Amelia Lombardi sottolinea che la lipofobia degrada la salute e la qualità della vita. «Crea tristezza emotiva e psicologica, ci distrugge e ci fa odiare il nostro corpo». Per combattere questi stereotipi c’è una mobilitazione di associazioni femministe e attiviste che cercano di sensibilizzare la società sul fatto che la grassofobia contribuisce a peggiorare la vita delle persone grasse.

Questo attivismo “robusto” riunisce un’ampia gamma di individui e gruppi il cui obiettivo è lottare contro l’oppressione delle persone grasse, ognuno dalla propria posizione geografica, a modo suo e con i propri strumenti. Piñeyro spiega che le linee d’azione sono l’appropriazione dell’insulto grasso/grassa, la politicizzazione della grassezza, la segnalazione dei fattori socio-culturali ed economici della grassofobia, la denuncia delle istituzioni, dei collettivi e degli individui che la esercitano, la visibilizzazione e la rappresentazione dei corpi grassi nei media e nei prodotti culturali, e la guarigione collettiva della ferita.

«Dal mio punto di vista, l’alleanza dei grassi consiste nel criticare il mondo che ci odia e nel lottare contro di esso, ma anche nel costruire l’amore e l’affetto tra di noi per sopravvivere, nell’aiutarci a rialzarci quando cadiamo, nel darci una mano a vicenda per proseguire il cammino», dice Piñeyro. Per l’autrice di 10 gritos contra la gordofobia (“10 grida contro la grassofobia”, ed. Vergara), c’è qualcosa di speciale quando le persone grasse si incontrano: si accompagnano, si amano, si organizzano, si abbracciano. È questo, secondo lei, il senso dell’alleanza dei grassi: l’amore robusto.

I primi passi per formare un’alleanza di questo tipo consistono nel cercare delle figure di riferimento positive e seguirle. Ne è un esempio Dalila Bagnuli, una ventiduenne che sul suo account Instagram fa attivismo con l’obiettivo di ribaltare la narrazione dei corpi non conformi agli attuali standard di bellezza, mostrando il proprio corpo. Sotto una foto che la ritrae in costume sulla spiaggia riflette sulla frase «per avere un corpo da spiaggia bastano un corpo e una spiaggia», molto promossa dalla lotta anti-lipofobia. «Ho scelto di smettere di rincorrere il canone di bellezza. Voglio uscire dalla gabbia. Il mio corpo è energia. Il mio corpo sono io, con i miei peli, con le mie cosce grandi, le smagliature e tutto il resto. È una scelta personale, per nulla semplice e molto più complessa di uno slogan», assicura. Inoltre, a giugno è uscito il suo primo libro L’ANTI Manuale della Bellezza (Ed. Sonda), in cui sostiene di non voler allargare il canone di bellezza, ma di volerlo distruggere.

Testo originale in spagnolo

Alianza gorda frente al odio

«Existe algo especial cuando se encuentran las personas gordas, se acompañan, se quieren, se organizan, se abrazan», para Magdalena Piñeyro de eso va el amor gordo.

-Verónica Cañizares Ramos-

Llega el verano y con él culmina la llamada “Operación bikini”. Cada año millones de mujeres son bombardeadas con mensajes constantes para que adecúen sus cuerpos al canon de belleza imperante y así puedan ir a la playa sin pasar vergüenza. Esta campaña fomenta la violencia contra los cuerpos no normativos a través de los diversos agentes de socialización, desde la propia familia y los grupos de pares, hasta los medios de comunicación.

En los últimos meses se pueden leer titulares como: “Recetas ligeras para la operación bikini (IV): 3 platos con queso bajos en calorías”, “La medicina corporal como remedio para la operación bikini”, “Operación bikini: los mejores consejos para lucir cuerpazo” o “Equipos de ejercicio para una operación bikini en casa”. Mensajes que refuerzan la idea de que hay algo erróneo en la diversidad corporal y que es responsabilidad de cada mujer modificarlo, ello mediante prácticas que en la mayoría de ocasiones no son saludables.

Esta narrativa se fundamenta en la concepción de una belleza que, en palabras de la socióloga Esther Pineda, es claramente sexista, racista, gerontofóbica y gordofóbica. «La industria de la belleza ha construido y difundido de forma masiva una estética moldeada, prefabricada, manufacturada, y les ha vendido a las mujeres la idea de que la belleza es el medio que garantiza el éxito económico, social y amoroso», subraya.

En este sentido, considera que lo que se entiende por belleza ha sido construido con fines políticos, económicos, sociales y comerciales, en el contexto de una sociedad patriarcal que considera a la mujer un objeto y un sistema capitalista que la considera un negocio.

Por todo ello, se convierte en un reto para las mujeres no sucumbir a la presión de la belleza canónica, pues quienes no se adecuan al imaginario de “lo bello”, construido, trasmitido y reproducido por los discursos y representaciones mediáticas, según Pineda se expone a la sanción social expresada en crítica, cuestionamientos, burlas y rechazo. Lo que ella acuña como violencia estética.

Con el objetivo de hacer frente a esta realidad, surgen movimientos como la lucha antigordofobia. En palabras de la activista Magdalena Piñeyro, «la gordofobia es la discriminación a la que nos vemos sometidas las personas gordas por el hecho de serlo. Hablamos de humillación, invisibilización, maltrato, ridiculización, patologización, marginación, exclusión y hasta de ejercicio de violencia física ejercidos contra un grupo de personas por tener una determinada característica física: la gordura».

Por su parte, la comunicadora Amelia Lombardi1 destaca que la gordofobia degrada la salud y calidad de vida. «Crea tristeza emocional y psicológica, nos destruye y nos hace odiar nuestro cuerpo». Para combatir estos estereotipos, existe una movilización de asociaciones y activistas feministas que persiguen concienciar a la sociedad para que se dé cuenta de que la gordofobia contribuye a empeorar la vida de las personas gordas.

El activismo gordo agrupa a una amplia gama de individualidades y colectivos cuyo fin es luchar contra la opresión hacia las personas gordas, cada cuál desde su punto geográfico, a su modo y con sus propias herramientas. Piñeyro explica que las líneas de actuación son la apropiación del insulto gordo/gorda/gorde, la politización de la gordura, la señalización de los factores socioculturales y económicos de la gordofobia, la denuncia de las instituciones, colectividades e individualidades que la ejercen, la visibilización y representación de los cuerpos gordos en los medios de comunicación y productos culturales, y la cura colectiva de la herida.

«Desde mi punto de vista, la alianza gorda consiste en criticar el mundo que nos odia y luchar contra él, pero también en construir amor y afectos entre nosotras para sobrevivir, ayudarnos a levantarnos cuando nos caigamos, darnos la mano para seguir el camino», reivindica Piñeyro. Para la autora de 10 gritos contra la gordofobia (ed. Vergara), existe algo especial cuando se encuentran las personas gordas, se acompañan, se quieren, se organizan, se abrazan. Considera que de eso va la alianza gorda: de amor gordo.

Los primeros pasos para formar esa alianza son buscar referentes positivos y seguirlos. Un ejemplo de ello es Dalila Bagnuli2, una joven de 22 años que en su cuenta de Instagram hace activismo con el objetivo de dar un vuelco a la narrativa de los cuerpos que no se ajustan al actual estándar de belleza, mostrando el suyo propio. Bajo una foto suya en bikini en la playa reflexiona sobre la frase «para tener un cuerpo de playa todo lo que necesitas es un cuerpo y una playa», muy promovida por la lucha anti gordofobia. «He elegido dejar de perseguir el cánon de belleza. Quiero salir de la jaula. Mi cuerpo es energía. Mi cuerpo soy yo, con mis pelos, con mis piernas grandes, las estrías y todos los atavíos. Es una elección personal, para nada fácil y mucho más compleja que un eslogan», asegura. Además, en el mes de junio ha salido a la venta su primer libro, L’ANTI Manuale della Bellezza (“El antimanual de belleza”, Ed. Sonda), donde defiende que no quiere ampliar el canon de belleza, sino destruirlo.

2 https://www.instagram.com/dalila.bagnuli/

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