Zelensky è un eccellente comunicatore

Sembra che non sbagli un colpo. Ogni suo intervento colpisce nel segno, anche nella sua visita italiana. Da attore qual era, è diventato un epigono della “società della comunicazione” che, al di là dei significati politici del conflitto, ha trovato nella guerra un enorme campo di sperimentazione
Zelensky
AP Photo/Alessandra Tarantino

La visita romana di Volodymyr Zelensky sembra sia stata suggerita, al solito, oltre che da calcoli politici ben evidenti, anche da una visione altamente competente della comunicazione, come sin dall’inizio della guerra è apparso chiarissimo. Il presidente – questa volta non in maglietta grigioverde ma in maglioncino girocollo nero, di fronte a una “mimetica” Meloni, che la vigilia si era vestita di bianco col pontefice −, anche questa volta sembra aver colpito nel segno, almeno a favore delle opinioni pubbliche degli Stati che stanno sostenendo Kyiv nel suo sforzo bellico.

La controffensiva ucraina sembra lì lì per cominciare, in un fuoco di sbarramento di dichiarazioni apparentemente contradditorie che paiono fatte apposta per disorientare l’avversario. Giusto per dire quanto questa guerra sia un teatro di tragedie, il presidente ucraino parrebbe aver trovato un alleato paradossale nel capo della Wagner. Ma chissà se non siamo di fronte a uno dei tanti “doppi infingimenti” bellici, visto che le guerre sono sempre una rappresentazione con le maschere greche, a nascondere le vere intenzioni degli attori. Anche l’immagine di un presidente ucraino che, mentre i suoi soldati stanno iniziando la controffensiva, perora la causa di Kyiv prima a Roma e poi a Berlino è stata sapientemente studiata e preparata fin nei minimi dettagli.

Cronaca romana: Zelensky ha incontrato in una sequenza ben ponderata, il presidente Mattarella (da sempre sostenitore dell’intervento in Ucraina) per 70 minuti d’orologio, la premier Meloni (solo una volta salita al potere, nato e Unione europea oblige, diventata un’irriducibile sostenitrice di Kyiv) per quasi due ore complessive, pranzo a Palazzo Chigi compreso, mentre papa Bergoglio (che invece ha cercato sempre di mantenere l’equidistanza dai contendenti, pur avendo denunciato chiaro e tondo che la Russia ha aggredito il vicino) è rimasto con Zelensky per tre quarti d’ora, seguita da un colloquio con mons. Gallagher, ministro degli Esteri vaticano, durata circa 30 minuti. Poi Porta a porta, l’ennesimo scoop di Bruno Vespa.

Prima tappa al Quirinale. Le dichiarazioni non sono state particolarmente nuove rispetto alla retorica consueta: su Telegram la presidenza ucraina fa sapere che «abbiamo discusso con Sergio Mattarella della guerra e dell’importanza della vittoria dell’Ucraina», con un’aggiunta “umanitaria”: «Abbiamo anche prestato attenzione alla questione del rapimento dei bambini ucraini da parte della Russia, che deve essere fermato, i bambini devono essere riportati a casa e i russi devono essere puniti». Aggiunge in virgolettato lo stesso Zelensky: «Sono grato per la posizione coerente sul sostegno all’Ucraina. Apprezziamo l’importante assistenza militare che dà al nostro Paese la capacità di resistere all’aggressione russa. La chiave del nostro successo sul campo di battaglia è la ricezione tempestiva dell’assistenza necessaria». Nel corso del colloquio, Zelensky ha pure detto: «Noi siamo per la pace, la nostra vittoria è la pace. Siamo aperti a tutti i contributi internazionali, ma la guerra la stiamo subendo sul nostro territorio e la pace deve prevedere la giustizia su tutto il nostro territorio». Mattarella ha risposto: «La pace, per la quale tutti lavoriamo, deve ripristinare la giustizia e il diritto internazionale. Deve essere una pace vera e non una resa. Siamo pienamente al vostro fianco».

Seconda tappa a Palazzo Chigi, per un lungo e cordiale appuntamento, che ha evidenziato la comunità d’intenti tra il governo italiano e quello ucraino. La premier Meloni ha detto: «Il ritmo che abbiamo impresso alle relazioni tra Italia e Ucraina testimonia il rapporto che c’è. Scommettiamo sulla vittoria dell’Ucraina. Assicuriamo sostegno alla pace purché sia una pace giusta. Non si può arrivare a una resa, sarebbe ingiusto e pericoloso». E ancora: «Un chiarissimo posizionamento dell’Italia a sostegno dei nostri alleati e del popolo ucraino e il ritmo che abbiamo impresso alle relazioni testimonia l’impegno e l’importanza che attribuiamo alle nostre relazioni». Da parte sua Zelensky, nella breve conferenza stampa, ha detto: «Ci aspettiamo molto dal summit della Nato a Vilnius, a luglio, e in particolare che vengano fatti passi avanti sull’adesione all’Alleanza. Oggi l’Ucraina fa quello che farebbe qualsiasi Paese Nato, difendendo il territorio e i confini dell’Europa». Ha poi aggiunto: «Abbiamo discusso anche della sicurezza nel campo militare, ci sono diverse importanti decisioni da prendere sulla difesa dei cieli».

Infine, il Vaticano, per l’incontro politicamente più importante della visita, anche se con un personaggio che esula dalla politica del giorno per giorno, com’è il papa: ovviamente le indiscrezioni sul colloquio sono state molto più limitate rispetto a quelle delle istituzioni politiche. «La ringrazio per questa visita», ha detto Francesco accogliendo il presidente ucraino. Il quale ha risposto dicendo semplicemente «è un grande onore per me». Papa Francesco ha donato al presidente ucraino Volodymyr Zelensky una scultura, di piccole dimensioni, che rappresenta il grande sogno della pace, rappresentato da un ramoscello d’ulivo. Il presidente ucraino da parte sua ha fatto dono al papa di un’icona mariana dipinta sui resti di un giubbotto antiproiettile. Senza dubbio, i due protagonisti hanno parlato della possibile iniziativa di pace vaticana. Nel colloquio, secondo la Sala Stampa, si è parlato di temi che «sono riferibili alla situazione umanitaria e politica dell’Ucraina provocata dalla guerra in corso». Il pontefice «ha assicurato la sua preghiera costante, testimoniata dai suoi tanti appelli pubblici e dall’invocazione continua al Signore per la pace, fin dal febbraio dello scorso anno. Entrambi hanno convenuto sulla necessità di continuare gli sforzi umanitari a sostegno della popolazione». Infine, il papa «ha sottolineato in particolare la necessità urgente di “gesti di umanità” nei confronti delle persone più fragili, vittime innocenti del conflitto».

Non sembri irriguardoso un commento del genere, ma in questa guerra d’Ucraina un ruolo fondamentale ce l’ha la comunicazione. Quella di Zelensky è di altissimo livello, capace di catturare con i suoi simboli e le sue ritualità le opinioni pubbliche che stanno partecipando allo sforzo bellico. Zelensky sarebbe stato un oggetto di studio attentissimo da parte di Marshall McLuhan, colui che aveva preconizzato la “società della comunicazione”, e di quel Guy Debord, che invece aveva introdotto il concetto di “società dello spettacolo”. La guerra di Zelensky è una guerra con enormi sforzi comunicativi, necessari in questo XXI secolo per accompagnare la guerra vera, quella di Bakhmut e di Zaporizhzhia, quella dei missili che cadono sulle città ucraine e delle trincee scavate alla stregua di quelle della Prima guerra mondiale, quella del sangue, della paura, della morte. L’unica veramente reale.

Ma c’è un piccolo dettaglio: gli effetti positivi di questa riuscita campagna di comunicazione ucraina terminano di portare i loro effetti non appena si esce dal recinto dell’Occidente industrializzato, che ovviamente comprende anche alcuni Paesi asiatici e dell’Oceania. In India, in Brasile, in Cina, in tanta parte d’Africa, le simpatie vanno piuttosto all’altrettanto bravo comunicatore, ma con strategie di marketing spesso e volentieri opposte, chiamato Vladimir Putin. La pace ha bisogno di entrambi per essere reale, per avere una strategia comunicativa almeno un po’ concordante. Questo Bergoglio sicuramente l’ha ricordato.

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