Watly contro la siccità

Uno strumento per purificare l’acqua del mare senza uso di membrane o agenti chimici. Una macchina che funziona con pannelli fotovoltaici e può dissetare il pianeta. Un “gigantesco cellulare” che permette di comunicare senza infrastrutture

Finalmente un po’ di pioggia per la nostra terra. La forte siccità che ancora attraversa la Penisola ha, speriamo, i giorni contati. Intanto a Udine è stata realizzata una macchina in grado di dissetare il pianeta, e non solo. È infatti in grado di generare elettricità e offrire una connessione a Internet. Può purificare anche l’acqua del mare, da ogni forma di contaminazione senza la necessità di utilizzare membrane o agenti chimici.

Il primo prototipo è stato presentato a giugno 2013. Si chiama Watly e nasce dall’intuizione di Marco Attisani: il suo team ha sviluppato il progetto e testato in Ghana, nel villaggio di Abenta, dove ha portato acqua pulita agli abitanti.

Watly è uno strumento autosufficiente, cioè non ha bisogno di energia per funzionare. Usa innanzitutto il sole per purificare l’acqua da ogni contaminazione (solventi, idrocarburi, batteri). L’acqua entra nel sistema grazie a pompe solari, e poi viene stoccata in contenitori provvisti di lampade UV. E in tutto questo procedimento è in grado di produrre energia.

Presentato il mese scorso nella propria terra, a Trieste, in realtà il macchinario è diventato famoso anche grazie a un documentario della Discovery Channel. «Depurare l’acqua significa avere un impatto sul piano sanitario – spiega Marco Attisani, ideatore di Watly –, arginando la diffusione di epidemie. Penso a luoghi della terra dove gli standard di vita sono diversi dai nostri, come ad esempio l’Africa o il Sudamerica: qui è già partita una produzione seriale di esemplari di Watly»

I pannelli fotovoltaici collocati sulla macchina non servono solo a vaporizzare l’acqua contaminata, ma anche per ricaricare ad esempio le batterie. Sulla fiancata del macchinario poi c’è un enorme schermo interattivo: «Potrebbe servire a dare alle comunità locali accesso a Internet e dunque in senso lato al sapere. Interi villaggi, soprattutto in Africa, potrebbero seguire le lezioni di un professore di un’università che si trova a chilometri di distanza».

L’obiettivo è soprattutto il continente nero. «L’ideale sarebbe poter creare un ponte fra il Paese africano prescelto e una città italiana: la macchina ha display grandi nove metri, è come un gigantesco cellulare, i bambini potrebbero vedersi e parlarsi a distanza di migliaia di chilometri» conclude Attisani.

Questa nuova tecnologia ha ricevuto nel 2015 l’European Pioneers, l’Horizon2020 e il Premio Corporate Gaetano Marzotto, e a breve entrerà a far parte del programma di accelerazione di Esa (European Space Agency).

In 15 anni di funzionamento può abbattere le emissioni di Co2 di 2mila tonnellate. Ora la sfida è quella di portare questo progetto ovunque. Ad esempio si sta pensando di produrre taniche da 5 litri per uso personale. I primi acquirenti potrebbero essere nel settore pubblico: scuole, istituzioni, ospedali…

La scarsità di acqua sta diventando un problema da non sottovalutare, esempi come questa startup sono preziosi come l’oro.

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