W l’Italia

Raitre, domenica sera. Ah, il giornalismo di una volta. E quelle belle inchieste poi!. Accanto all’obiettività che non c’è, alla deriva nel gossip e alla troppa sudditanza nei confronti del potere, la progressiva sparizione del reportage è una delle più frequenti accuse nei confronti dei cronisti italiani. Troppo pigri nell’accontentarsi delle verità ufficiali, così poco disposti a sporcarsi le mani e a cercarsi le notizie per la strada, ascoltando la gente reale e i suoi problemi concreti. Non si tratta di banali luoghi comuni e di chiacchiere da bar. C’è del vero. E se ne ha la conferma guardando alla domenica, in prima serata su Raitre, il nuovo ciclo di inchieste di Riccardo Iacona. Si chiama W l’Italia, ed è un viaggio in tre tappe dentro un Paese che raramente va in tv, solo lontano parente del modello pizza sole e mandolino. Iacona è partito affrontando l’emergenza casa, per poi passare ad analizzare la situazione degli ospedali e quella della macchina della giustizia. I tre filmati di denuncia, frutto di un lavoro durato sette mesi, mostrano senza censura i disservizi e la fatica del sopravvivere quotidiano tra disagi e difficoltà. Nella prima puntata, il giornalista di scuola santoriana, ha seguito la vita di inferno di chi si trova da un giorno all’altro sfrattato, lasciato per strada dal mercato immobiliare, costretto a chiedere allo Stato un tetto che non gli sarà mai dato. Iacona racconta in presa diretta le fasi di uno sgombero forzato, gli scontri con la polizia, le tragiche vicissitudini per cercare un alloggio decente per sé e la propria famiglia. Come già Michael Moore (quello di Farenheit 9-11) nel suo primo film-documentario di successo (Roger and me), anche Iacona segue una ordinaria giornata di sfratti pedinando l’ispettore giudiziario dell’ex istituto case popolari. Dietro ogni porta da abbattere (e poi da murare), c’è una famiglia, un dolore, una povertà, una sconfitta. Storie e voci diverse cucite insieme con maestria, seguendo il filo di un racconto che rende il documentario vero, ma anche visivamente molto avvincente. Nel guardare il primo di questo reportage (Case) chi opera nel mondo dell’informazione è portato a farsi un severo esame di coscienza: possibile che in tutti questi anni nessuno abbia mai documentato la tragedia che tutti i giorni colpisce tanti cittadini delle nostre città, nell’isolato vicino, al portone accanto al mio? Temi rimossi e facce allontanate dai riflettori che però, oltre alla categoria, chiamano in causa tutti noi. Dove eravamo quando tutto questo accadeva? Cosa ha fatto in questi anni la politica, la società civile per chi deve scegliere se pagare un affitto o sfamare i propri figli? Domande dirette, senza sconti, provocate da un lavoro che entra di diritto tra i migliori prodotti dal giornalismo televisivo italiano.

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