Voglia di grazia

 

Nel Duomo di Siena, al centro della libreria Piccolomini, c’è un gruppo marmoreo che rappresenta tre fanciulle abbracciate, le Tre Grazie. È una copia romana di un originale greco. Ma chi erano le Grazie? Erano delle dee della mitologia greca, emblema di tre qualità: lo splendore, la letizia e la prosperità, o meglio ancora la fioritura. Tutti noi sentiamo l’aspirazione a una vita buona e felice. E non vorremmo tutti avere i doni delle Grazie? Essere splendenti, lieti, fioriti come un ciliegio in aprile, avvolti dalla sovrabbondanza della prosperità?

Le tre dee derivano il loro nome dalla parola greca charis, che viene comunemente tradotta con “grazia”. Essa si è intrufolata nel nostro linguaggio: spesso diciamo “grazie”, diciamo che una persona è in “stato di grazia” quando è in condizioni smaglianti. Da charis deriva il termine carisma. Chi ha carisma affascina, trasmette autenticità e visione, nei suoi occhi splende la grazia. «La grazia brilla, non passa inosservata, è la vivacità che attrae», dice la studiosa Alessandra Cislaghi.

La parola charis si intrufola pure negli scritti del Nuovo Testamento, indicando il dono di Dio. Della ragazza Miryam di Nazaret è detto che è “piena di grazia”. E che complimento più grande ha mai ricevuto una donna? Di suo figlio è detto che cresceva accanto a lei e al padre in sapienza e grazia, che da uomo proferiva parole di grazia. La sua ultima cena con gli amici è ricordata col nome eucaristia, cioè “dire grazie”. San Paolo vedrà nella parola charis-grazia il segreto del rapporto tra Dio e l’umanità, e la userà più di 90 volte nelle sue lettere. In ogni circostanza, religiosa o profana che sia, la grazia porta a rallegrare e rallegrarsi, a sentirsi pienamente se stessi, leggeri, splendenti di verità, di vitalità e di fascino.

Il mondo oggi ha bisogno di grazia. Provata dalla pesantezza della pandemia, dai tentativi spesso non fruttuosi di portare pace tra le guerre, giustizia fra le ingiustizie, l’umanità ha voglia di grazia. Probabilmente neppure sa che è quello che sta cercando, ne ha voglia inconsciamente. Ma per portare tra la gente grazia è necessario averla in sé. La grazia è ordine, armonia, pace. Insomma, valgono sempre le istruzioni di Platone: «Prima di pensare a cambiare il mondo, fare le rivoluzioni, meditare nuove costituzioni, stabilire un nuovo ordine, scendete prima di tutto nel vostro cuore, fatevi regnare l’ordine, l’armonia e la pace. Soltanto dopo, cercate delle anime che vi assomigliano e passate all’azione». E l’azione sarà colma di grazia.

I più letti della settimana

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons