Viviamo in un videogame?

Secondo molti studiosi e molti imprenditori, vivremmo in una sorta di universo simulato. Un'ipotesi controversa

Sorprendiamoci un po’. Un gruppo di multimiliardari americani e un bel po’ di cervelloni del Mit, il famoso Massachusetts Institute of Technology di Cambridge negli Usa, uno dei più importanti centri di ricerca del mondo, stanno da qualche tempo discutendo su un’ipotesi singolare. Se, cioè, quanto ci accade ogni giorno sia davvero frutto delle nostre azioni e delle nostre scelte oppure se, invece, non siamo inseriti in una sorta di grande videogame, una realtà virtuale in cui altri decidono per noi e si divertono, ogni tanto, a rimescolare eventi, persone e situazioni.

elon-musk-foto-di-steve-jurvetsonPerché questo dubbio inquietante? Perché, spiega convinto Elon Musk, creatore di SpaceX e cofondatore di PayPal, quindi non di certo uno sprovveduto, l’evoluzione tecnologica degli ultimi decenni ha subito un’improvvisa, imprevedibile e inspiegabile accelerazione, tanto che oggi ci sono robot “pensanti” che prendono decisioni autonome e fanno dell’humor, mentre qualcuno prova le auto volanti e via inventando.

A ispirare queste tesi ci sarebbe, tra le altre, l’ipotesi dell’“universo simulato”, che vorrebbe l’umanità inserita in una simulazione interattiva, come nel film Matrix. Chi dovesse pensare che sia una grossa sciocchezza, si ricreda subito: di questo hanno discusso e stanno discutendo alcune tra le più quotate menti del pianeta, mentre vari multimiliardari hanno già finanziato degli studi milionari per cercare di “bucare” la realtà simulata e cercare una via di fuga dal videogame.

Naturalmente, non so se siamo tutti omini guidati dal joystick del giocatore di turno o se siamo, come vorremmo sperare, esseri pensanti dotati di cervello, cuore e anima. Mi è venuto però da pensare, dopo aver rivisto gli strazianti documentari su ciò che avveniva nei campi di concentramento ritrasmessi in tv in occasione della Giornata della memoria, che tutto sommato pensare che viviamo in un mondo virtuale può anche essere rassicurante almeno per due motivi: primo, perché il mondo, come dicono Musk e i suoi amici, in questo modo è destinato a durare e non a scomparire se un giorno una grande calamità dovesse abbattersi sulla terra; secondo, perché se accadono eventi come l’uccisione di 6 milioni di ebrei o guerre fratricide a ripetizione, in fondo in fondo posso pure farmi i fatti miei, tanto qualunque cosa io faccia le cose non cambieranno perché dipendono da me.

Eppure, finché non avrò la prova contraria, preferisco pensare che tutto sommato quello che mi accade mi accada sul serio. Che io, nel mio piccolo, con i miei insignificanti gesti, posso cercare di cambiare le cose, anche se solo a casa mia. Che se parlo con me stessa, non sono diventata pazza, ma forse una coscienza me la ritrovo davvero; che sia vero che, come diceva qualcuno, un gesto gentile può fermare la mano di un terrorista. Che c’è davvero qualcuno che ci guarda, dall’alto, ma non si tratta di un gruppo di giocatori che vivono a 10 mila anni luce di distanza da noi, e che – in fondo – ognuno di noi vale per quello che è, e non per il ruolo che gli viene assegnato.

E se mi fossi sbagliata? Pazienza, almeno avrò giocato la vita a modo mio, secondo i valori e la volontà che mi sono propri.

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