Viaggio nell’inquietudine

Ricerca di sé, pene d’amore, fatiche del lavoro. Mario Dal Bello, di “Città nuova”, scrive dei giovani attraverso il cinema.
Viaggio nell'inquetudine

«Cosa cercano le nuove generazioni?». È questa la domanda che muove Mario Dal Bello in Inquieti. I giovani nel cinema italiano del duemila (Effatà Editrice, 12,50 euro). Un viaggio che si snoda lungo quattro filoni: generazionale-giovanilista, psicologico, sociale, e un percorso sull’interiorità.

 

 L’autore lascia parlare i film: per ciascun settore sceglie ed analizza una serie di titoli significativi, dando voce ad attori e registi. In coda a ciascuna sezione troviamo un filone trasversale, “Sogni e visioni”, «il lato onirico di parte del nostro cinema». La panoramica è vasta, e include tra gli altri quattro anteprime – Il compleanno, Ce n’è per tutti, Per Sofia e Alice – in uscita nel 2009.

Questa carrellata, tuttavia, non è una serie di recensioni dirette ad un esperto di cinema: è piuttosto il mezzo per guidare anche i non cinefili lungo la ricerca di una risposta alla domanda che apre il libro. L’intento è dipingere una generazione che – con l’allungamento della giovinezza fin oltre i trent’anni – è estremamente variegata e difficilmente definibile, «costringendo perciò il cinema ad una varietà di stili e di sensibilità non indifferenti». Una generazione, appunto, inquieta.

Se al termine di ciascun capitolo è lasciato al lettore il compito di tirare le fila riguardo al filone descritto, la conclusione del libro propone una sintesi del percorso sulla scorta della risposta ipotizzata nell’introduzione: i giovani cercano la felicità, ed è proprio questa ricerca il comune denominatore del cinema italiano sul tema.

Da sottolineare la scelta di Dal Bello di concentrarsi sul cinema italiano e sulle sue peculiarità: sia quelle prettamente stilistiche, sia quelle relative al disagio giovanile nel nostro Paese.

Il libro diventa per ciascun lettore anche un interessante viaggio all’interno di sé stesso: ogni titolo, infatti, può riaccendere ricordi più o meno lontani, e portare così il giovane ad interrogarsi sull’età che sta vivendo, e l’adulto sul rapporto con le generazioni successive.

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