Verso un esercito europeo?

Il presidente francese Emmanuel Macron ha rilanciato la proposta, suscitando le ire di Trump, ma manifestando anche chiaramente la sua ambizione di porsi alla guida dello scacchiere europeo.

L’idea non è nuova: Macron l’aveva già lanciata il 26 settembre 2017 in un discorso tenuto all’Università Sorbona, nel quale proponeva di creare una forza europea d’intervento, un bilancio della difesa e una dottrina di azione comune. Egli, inoltre, proponeva di accogliere negli eserciti nazionali soldati di tutti i paesi europei disponibili, per attività di intelligence e di supporto alle operazioni.

A dire il vero, l’idea di fondo di Macron riprende la vecchia ambizione del generale Charles de Gaulle di rendere l’Europa indipendente sul piano militare dagli Stati Uniti, ma sempre a guida francese, mentre siamo da quasi 70 anni sotto l’ombrello della NATO a guida statunitense. L’idea fu evocata in passato anche dal presidente francese Jacques Chirac.

Macron ha motivato la sua proposta constatando che «di fronte alla Russia, che è ai nostri confini e ha dimostrato che può essere una minaccia […] dobbiamo avere un’Europa che si difenda da sola, senza dipendere solo dagli Stati Uniti e in modo più sovrano». Questo sarebbe necessario per proteggere l’Europa dalla Cina, dalla Russia e finanche dagli Stati Uniti, che sotto la presidenza Trump sono tornati ad essere isolazionisti, criticando spesso la Nato e arrivando a ritirarsi dal trattato sul disarmo nucleare. Pensare che ci sono stati tempi in cui gli Stati Uniti premevano per un esercito europeo, come nel 1954 con la Comunità europea di difesa (CED), che fallì proprio a causa delle reticenze francesi.*

Il commento del presidente americano, Donald Trump, in un tweet, è stato alquanto critico, bollando la proposta francese come «un grosso insulto», ricordando che «forse l’Europa dovrebbe prima pagare la sua quota alla Nato, che gli Stati Uniti sovvenzionano in gran parte». Allora la Francia si è affrettata a motivare la reazione degli Stati Uniti come frutto di un’incomprensione, poiché Macron si sarebbe riferito al cyberspazio, venendo incontro a Trump nel confermare la necessità di «condividere meglio il fardello nell’ambito della Nato».

Queste schermaglie avvenivano mentre oltre settanta capi di Stato e di governo si incontravano a Parigi per celebrare il centenario dell’armistizio di Compiègne che ha segnato la fine del prima guerra mondiale, il 10 novembre 1918. Un conflitto con 18 milioni di morti che cambiò la carta geografica dell’Europa, con la fine di imperi secolari e la nascita di nuovi Stati. È interessante notare che Trump non ha poi partecipato al successivo forum sulla pace.

Inoltre, il Ministro della Difesa francese, Florence Parly, ha chiarito che la proposta francese riguarda settori che non sono adeguatamente coperti dagli strumenti esistenti, facendo l’esempio dei Caraibi, «che non rientrano nella giurisdizione naturale dell’Unione europea e non è un’area in cui l’Alleanza atlantica intende intervenire».

La proposta francese si era concretizzata a giugno, con l’Iniziativa europea di intervento (IEI), alla quale partecipano finora dieci Stati: Belgio, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito e Spagna. Il progetto mira a costituire un gruppo di intervento per poter eseguire rapidamente un’operazione militare, operazioni di evacuazione in un paese in guerra o fornire assistenza in caso di calamità naturali.

Del resto, nell’ambito dell’UE, l’Europa della difesa procede a rilento, nonostante alcuni recenti progressi quali un cooperazione strutturata permanente fra 25 Stati membri circa programmi di attrezzature comuni e l’istituzione di un Fondo europeo di difesa, con 13 miliardi di euro per finanziare ricerca e capacità operativa. Vero è che l’IEI vede la Francia alla guida del sistema, ovviamente con l’accordo della Germania, ma fuori dalle logiche istituzionali dell’UE.

L’Italia si è mostrata subito dubbiosa circa la proposta francese; se il governo presieduto da Paolo Gentiloni aveva comunque partecipato alle trattative, il governo presieduto da Giuseppe Conte ha deciso di ritirarsi. Infatti l’Italia non vede di buon occhio una proposta di difesa europea a guida francese, fuori dall’alveo dell’UE. Del resto, in questa fase, la Francia sta competendo con l’Italia sullo scenario internazionale: basti pensare alle diverse posizioni sulla Libia, dove l’Italia non riesce a ritagliarsi un ruolo di mediazione al quale invece aspira. Inoltre l’Italia è fortemente legata agli Stati Uniti; basti ricordare la questione dell’acquisto degli aerei F-35.

Recentemente, anche il Belgio ha deciso di acquistare degli aerei F-35, pur essendo un partner dell’IEI. Mentre il Regno Unito partecipa all’IEI, esso sta per lasciare l’UE. Allo stesso tempo, la Danimarca partecipa all’IEI ma non partecipa alla Difesa comune dell’UE. Tutto questo dimostra quanto i Paesi europei manchino ancora di una visione strategica condivisa sulla difesa europea, purtroppo. Non a caso il presidente russo Vladimir Putin ha espresso un’opinione favorevole in merito alla costituzione di un esercito europeo, nell’ottica di un mondo multipolare e di un indebolimento della Nato che preme ai confini russi. Solo il tempo, nonché la prossima crisi geopolitica, mostrerà se e quanto l’IEI, ma anche l’Europa della difesa, possa davvero funzionare.

 

* Per un approfondimento: Fabio Di Nunno, “La questione tedesca e la questione indocinese nelle relazioni tra la Francia e gli Stati Uniti d’America (1954-1955)”, Annali dell’Istituto italiano per gli studi storici, Napoli, 2017.

I più letti della settimana

Chiara D’Urbano nella APP di CN

La forte fede degli atei

Mediterraneo di fraternità

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons