Il vero spavento che arriva dal Brasile

Le frasi choc del candidato di destra alla presidenza, per la diffusione delle armi e contro gli indigeni, i gay, gli avversari politici, le donne, gli abitanti delle favelas

Le condizioni del candidato alla presidenza, Jair Bolsonaro, migliorano dopo la coltellata di uno squilibrato mentale che lo ha mandato in ospedale. Ma preoccupano non poco le idee di questo politico in testa nei sondaggi. Giovedì scorso, la campagna elettorale forse più incerta della storia del Brasile si è colorata di sangue nella città di Juiz da Fora, quando uno squilibrato ha ferito con un coltello da cucina il candidato alla presidenza Jair Bolsonaro. Ormai fuori pericolo, la ferita all’addome manterrà il candidato una settimana in ospedale e un mese a casa sua, dove dovrà riposare. La sua campagna continuerà attraverso le reti sociali, ambito nel quale si sente molto più comodo, senza bisogno di dover pronunciare discorsi e dibattere su come governare una delle prime 12 economie del mondo, con più di 200 milioni di abitanti, immersa in una grave crisi economica, politica e sociale. Bolsonaro ottiene nei sondaggi un 20% delle intenzioni di voto, meno del 39% dell’ex presidente Lula da Silva, la cui candidatura è stata annullata.

L’intero arco politico, che ha sospeso la campagna nei primi momenti dopo l’aggressione, ha manifestato la sua solidarietà al ferito ed espresso la ferma condanna dell’episodio violento. Le istituzioni democratiche del Paese hanno reagito con immediatezza, senza se e senza ma. Che in Brasile si vivano tempi difficili e di grande instabilità, è un fatto. Ma non è normale la violenza politica. L’ultimo precedente risale al 1930, quando il candidato Joao Pessoa venne freddato a rivoltellate da un suo avversario politico. Più recentemente, in un clima dove la violenza comune – questa sì – è una tragedia quotidiana, con 68 mila omicidi all’anno, ha destato preoccupazione l’assassinio di Marielle Franco, consigliere comunale di Rio de Janeiro. Un episodio forse da includere tra i casi di violenza che fanno vittime tra ambientalisti e difensori dei diritti umani per il loro appoggio ai più vulnerabili e alle minoranze indigene.

La reazione immediata dei collaboratori di Bolsonaro non è stata saggia, né democratica. «Ora sarà la guerra», ha esclamato uno di questi, incoraggiato dai sostenitori del candidato di destra, ma contestato dal resto dell’arco politico… e da chi fa uso di buon senso. E il buon senso non pare abbondare nel pensare politico di Bolsonaro. Come nel caso di donna Prassede, Manzoni ne riassumerebbe la sostanza indicando che, in quanto a idee, si comporta come per le amicizie: ne ha poche e a queste è molto affezionato. La sua foto più ricorrente lo riproduce facendo il gesto di sparare. Il nucleo del suo messaggio è diffondere armi per consentire a ciascuno di difendersi. Ex militare, Bolsonaro rivendica la dittatura e considera eroe chi reprime i diritti umani. A una giornalista che gli ricordava di essere stata torturata in quegli anni, ha risposto: «Gli eroi uccidono». E in merito alla sicurezza: «Un poliziotto che non uccide non è un poliziotto».

Bolsonaro ama poco le minoranze, in un Paese che ne è un crogiolo. Gli indigeni sono «puzzolenti, ignoranti e non parlano la nostra lingua». Sostiene che non è probabile che un figlio suo si sposi con una persona di colore «perché sono ben educati». E nel caso di un figlio omosessuale, preferirebbe vederlo morto perché «sarei incapace di amarlo». Comunque, per evitare che sia gay basta «picchiarlo».

A suo tempo chiese che qualcuno sparasse all’ex presidente Fernando Henrique Cardoso. E a una deputata commentò: «Non ti violenterei, non te lo meriti». La sua ricetta per mettere fine alla delinquenza nelle favelas raggiunge l’eccellenza con la proposta di dare sei ore di tempo per sloggiare agli abitanti e in caso di diniego «si mitraglia la favela dall’alto».

Pare chiaro che il fenomeno inquietante, in Brasile come altrove, è la possibilità che diventino leader politici figure che rappresentano solo un’immagine, sensazioni e frustrazioni, sentimenti di rifiuto e spesso di egoismo meschino ammantati di sicurezza e di una mai chiara quanto improbabile identità nazionale. Mali comuni, in realtà, contrapposti al vero bene comune, che è il bene di tutti.

 

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