Un’odissea infinita

Da Lampedusa, la nave Excelsior è approdata a Cagliari con 1.300 migranti. Resta nell’ombra una brutta vicenda affiorata nei giorni scorsi sul naufragio di un barcone colmo di immigrati  
Migranti in arrivo a Lampedusa

Calma piatta. Non ci sono sbarchi in arrivo a Lampedusa nelle ultime ore e la nave Excelsior con a bordo 1.300 immigrati dei 1.700 giunti nelle ultime ore a Lampedusa è già approdata a Cagliari stamane alle 8 e 20 e prosegue nel pomeriggio il suo viaggio verso Napoli e Genova dove porterà altri migranti.

 

Resta invece nell’ombra e senza soluzione una brutta vicenda affiorata nei giorni scorsi sul naufragio di un barcone colmo di immigrati. In questo caso, però, ci sono i testimoni oculari. Sono i nove sopravvisuti al naufragio nel Mediterraneo di un barcone alla deriva con a bordo 72 persone, (47 etiopi, 7 nigeriani e altrettanti eritrei, 6 ghanesi e 5 sudanesi), salpato da Tripoli lo scorso 25 marzo. Gli altri 63 sono scomparsi tra le onde. La barca di 12 metri, con destinazione Europa, era carica all’inverosimile, al punto che vi era a malapena lo spazio per stare in piedi. Una volta esaurito il carburante, l’acqua e il cibo, il natante ha iniziato a vagare alla deriva per due settimane prima di raggiungere una spiaggia libica vicino Misurata.

 

La testimonianza arriva da tre scampati al naufragio, raccolta nel campo per rifugiati di Shousha in Tunisia dagli operatori dell’Unhcr, l’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati. La notizia bomba ripresa e rilanciata anche dal The Guardian di Londra è che il barcone è stato avvistato da navi e da un elicottero militari che non avrebbero prestato aiuto e soccorso come le norme internazionali della navigazione marittima richiedono.

 

«Per due volte – racconta un superstite – navi militari hanno incrociato l’imbarcazione senza fermarsi. A un certo punto del viaggio un elicottero ha lasciato cadere cibo e acqua sulla barca. La prima nave ha rifiutato la richiesta dei passeggeri di essere trasbordati, la seconda ha scattato soltanto fotografie». L’uomo non è stato in grado di identificare la provenienza delle navi. Ma i naufraghi avrebbero visto bene e da vicino anche l’elicottero. «C’era la scritta in inglese Army, cioè esercito –spiega don Mosè Zerai dell’agenzia Habeshia – e con un telefono satellitare i profughi eritrei mi hanno contattato e descritto con esattezza ciò che hanno visto anche se non hanno potuto identificare neanche la nazionalità del velivolo. Sicuramente non era italiano, ma se non era della Nato di chi era?».

 

Due giorni più tardi, racconta un giovane etiope alla radio svizzera, incrociano «una grande nave con a bordo aerei da guerra». È chiaramente la descrizione di una portaerei (secondo il The Guardian potrebbe essere la francese Charles De Gaulle) che, anche per le evidenti segnalazioni dei naufraghi, non è possibile non abbia visto il barcone. Resta il fatto che tira dritto senza soccorrere i naufraghi. Che intanto cominciano a morire.

 

Dopo l’arrivo su una spiaggia nei pressi di Zliten, tra Tripoli e il confine con la Tunisia, un’altra donna è morta sulla spiaggia. I nove sopravvissuti hanno iniziato a camminare fino alla città di Zliten dove sono stati arrestati dalla polizia libica, portati in ospedale e poi in carcere, dove gli è stata data un po’ d’acqua, latte e datteri. Due giorni dopo è morto un altro di loro. Dal carcere sono stati trasferiti all’ospedale di Khums. Di nuovo in carcere a Twesha, vicino Tripoli, poi è stato pagato un riscatto dai loro amici: 900 dollari per il loro rilascio. L’odissea infinita si è conclusa per ora nel campo per rifugiati in Tunisia.

 

La Nato ha rifiutato ogni addebito e il portavoce del comando militare di Napoli, in seguito alle notizie pubblicate su The Guardian ha dichiarato di «non aver mai ricevuto alcun riferimento a questo sfortunato incidente da parte delle unità sotto comando Nato e che l’unica portaerei in zona in quei giorni era l’italiana Garibaldi, che però si trovava a più di cento miglia nautiche al largo». C’è da pensare che gli immigrati siano più scomodi di Gheddafi e che il mare nasconda meglio i cadaveri, si parla di centinaia di naufraghi morti, rispetto al deserto libico.

I più letti della settimana

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons