Un salutare anno sabbatico

Concediamoci un anno di salutare pausa per avviare un ampio dibattito che coinvolga i diversi soggetti della società in un progetto sul futuro prossimo della nostra scuola.
Una ragazza che studia

«Niente cultura, niente sviluppo». È il lapidario titolo con cui recentemente il quotidiano Il Sole 24 Ore ha lanciato un appello per una “Costituente della cultura”. Per fare ripartire il Paese! Perché dove c'è più cultura – indicano le ricerche – c'è più sviluppo, più ricchezza e senso civico. E meno corruzione.
Da qui, la necessità di una vera “rivoluzione copernicana” rispetto alle politiche degli ultimi decenni, ripartendo da una seria riflessione su quanto sia “conveniente”, oggi più che mai, investire in cultura, in tutti gli ambiti del sapere, sia scientifico, sia umanistico.
In questa direzione il tema delle riforme scolastiche è decisivo per un reale cambiamento. Servono nuovi modi di interrogarsi, di pensare, di confrontarsi. Un più coraggioso investimento che coinvolga la passione di un popolo in un patto per l’educazione, in un comune sentire. Come nella Corea del Sud, dove buona parte dell’attuale ripresa economica si deve alla solidità e all’efficienza del suo sistema educativo. Un effetto che, secondo una ricerca dell’Istituto Bruegel di Bruxelles, non dipende solo dalla pur rilevante spesa per l’istruzione (oltre il 7 per cento del Pil). Più delle variabili economiche ed organizzative, qui sembrano pesare quelle culturali, l’elevata considerazione sociale per l’istruzione e il prestigio di cui godono gli insegnanti.
Perché non cogliere allora la straordinaria occasione offerta dall’intermezzo di un governo “tecnico”, per avviare da subito un ampio dibattito che coinvolga i diversi soggetti della società in un progetto sul futuro prossimo della nostra scuola?
Concediamoci un anno sabbatico, di salutare pausa, come nell’antico calendario ebraico in cui ogni sette anni si lasciava riposare la terra, condonando i debiti e liberando gli schiavi. Così anche noi variamo un tempo di riflessione per liberarci da troppi pregiudizi e vecchi steccati, che sono anche antieconomici. Chissà che non maturi per le prossime elezioni qualche idea più lungimirante e condivisa. Se no, il nostro tipico vezzo dell’improvvisazione continuerà a far cultura. Con quel che consegue.

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