Di tutto un po’ a Parigi

Emmanuel Macron vara un governo chiaramente elettorale. Cerca di organizzare il suo nuovo partito, En marche, prendendo collaboratori ovunque

La data è importante per Macron: l’11 e il 18 giugno si terranno le elezioni legislative francesi, appuntamento nel quale dovrà dimostrare di aver vinto non solo per il carisma personale o l’opportunismo di una stagione, ma anche per un progetto politico che sta in piedi. Macron, in effetti, dal campo socialista e hollandiano, si è spostato al centro, smarcandosi dal presidente uscente e creando una “cosa”, che ha chiamato “In cammino!”, “En marche!” in francese, in cui convergono politici di destra e di sinistra, centristi e tecnici.

Il neo-presidente non può permettersi, visto anche il suo carattere e la sua ambizione, di governare en cohabitation, cioè con una maggioranza a lui non favorevole. Certo, la Francia è una repubblica presidenziale che attribuisce grandi poteri al presidente, ma il Parlamento resta comunque centrale nel dispiegamento delle forze politiche. Ecco allora che, in vista delle consultazioni elettorali, Macron ha varato un governo in cui raccoglie personaggi politici o meno, conosciuti o meno, giovani o meno, sperando di aver trovato il giusto mix atto a fargli vincere anche la prossima tornata elettorale, riservandosi magari di poter sistemare la squadra dopo il 18 giugno.

Chi c’è nel governo, presieduto da Edouard Philippe (46), uomo di destra come lui stesso ha voluto ricordare in occasione del passaggio di consegne col suo predecessore a Matignon? Ci sono diciotto ministri, e solo quattro sottosegretari. Metà uomini e metà donne. Ai socialisti sono stati attribuiti i due dicasteri più importanti: Gérard Collomb (70) e Jean-Yves Le Drian (69) prendono rispettivamente gli Interni e gli Esteri (ribattezzando il ministero “per l’ Europa e gli Affari esteri”), uno sguardo all’Europa è d’uopo. Entrambi hanno sostenuto Macron dalla prima ora. La destra si appropria degli altri due ministeri chiave: quello dell’Economia, attribuito a Gérald Darmanin (34), e delle Finanze, affidato a Bruno Le Maire (48), entrambi di fede sarkozyana. Riecco il centrista François Bayrou (60), alla Giustizia, per varare una legge sulla moralizzazione della vita pubblica.

Ancora, alla Difesa c’è la macroniana Sylvie Goulard (52), al ministero per la coesione dei territori c’è invece Richard Ferrand, segretario del nuovo partito. Tra gli altri da segnalare alle Pari Opportunità la sottosegretaria Marlène Schiappa (34), giornalista e blogger, mentre Nicolas Hulot (62), animatore televisivo ed ecologista notissimo, va all’Ambiente. Allo Sport c’è Laura Flessel (45), che viene dall’isola della Guadalupa, già campionessa di scherma. L’editrice Françoise Nyssen (66), fondatrice di Actes Sud, va alla Cultura e Jean-Michel Blanquer (53), direttore della Business School Essec, all’Istruzione. Alla Sanità, Agnés Buzyn (55), famosa ematologa. Al Lavoro Muriel Pénicaud (62), che viene dalla Danone. C’è pure un sottosegretario per il Digitale, Mounir Mahjoubi (33).

Di tutto un po’. Sarà il giusto cocktail? Tra un mese lo sapremo.

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