Un cantiere di fraternità

Il primo sforzo è stato quello di capire come chiamarla la settimana che i Giovani per un mondo unito di Roma volevano organizzare a fine luglio, appunto, nella capitale. Una quasi pazzia vista la canicola che nell’estate precedente non aveva certo risparmiato la città capitolina. Ma, si sa, a volte senza quel tanto che basta di follia non si riesce a fare grandi progetti. In quanto al nome la ricerca è durata mesi. Avrebbe dovuto esprimere la fraternità universale che è l’obiettivo di questi giovani; l’impegno nella città che era il contesto operativo; la solidarietà ossia la vicinanza a chi è nel bisogno; la cultura del dare, cioè il motore di questo farsi prossimo all’altro; le idealità che animano la vita quotidiana dei Giovani per un mondo unito… Insomma un insieme di pezzi. Pezzi di mondo che si compongono in unità, pezzi diversi ma in rapporto, pezzi che danno colore all’esistenza. Un… Patchworld, eccolo il nome. Un ulteriore tassello di quell’impegno nella città che da qualche anno vede coinvolta la comunità romana dei Focolari nell’operazione chiamata Roma Amor (vedi Città nuova n° 4/2001). Mesi di programmazione, di inviti nelle scuole e per le strade, contatti con il Comune di Roma e la Provincia che sponsorizzano la manifestazione, con il municipio XIX che la ospita, con l’assessorato alla politiche sociali che mette a disposizione varie strutture per le attività di solidarietà, con la parrocchia di Sant’Andrea Avellino che grazie a don Giuseppe Grazioli apre tutti i suoi spazi, con la Protezione civile che allestisce le tende. E ancora con l’Ama, l’azienda del Comune per la raccolta dei rifiuti, con cui si collabora per alcune attività, con l’Esa, l’ente spaziale europeo, che offre un apporto scientifico di alto livello grazie agli interventi di alcuni esperti. Una preparazione impegnativa ma non difficile perché tutti sono contenti di sapere che più di duecento giovani vogliono vivere questi frammenti di fraternità nella città e dunque le porte si aprono al primo toc toc. E mentre gli organizzatori si sentono incoraggiati ad andare avanti, istituzioni ed enti vari si vedono pienamente coinvolti in un progetto ambizioso che fa sperare. Ecco, quindi, il 24 luglio si parte. Il villaggio di Patchworld è pronto. A popolarlo sono tanti giovani romani, certo. Ma c’è un gruppo di padovani, qualcuno dalla Puglia, dalla Sicilia, da Torino, dalla Calabria. Ci sono 13 ungheresi, qualche polacco, altri dalla Lituania, dalla Repubblica Slovacca, da Spagna, Germania, Albania, Francia, dall’India, dalla Nigeria, dalla Cina, un americano. Giovani venuti apposta per la settimana oppure abitanti temporanei di Roma per motivi di studio o di lavoro, a dimostrazione, se mai fosse necessario, della grande multiculturalità che da sempre caratterizza il tessuto sociale della caput mundi. Che dunque appare un contesto quanto mai adatto alla manifestazione. E non solo per questo. I motivi della scelta di Roma come sede di Patchworld sono infatti più d’uno e ce li raccontano gli organizzatori. Anna Marenchino ed Emanuele Casarotti sono fra quelli che hanno seguito più da vicino tutte le fasi di Patchworld, dall’ideazione alla programmazione, alla realizzazione. Ma come nasce questo progetto? All’inizio dell’anno avevamo pensato di fare qualcosa per la nostra città – dice Anna – e il modo migliore ci sembrava quello di svolgere un’azione concreta per aiutare quelli che a Roma, soprattutto nel periodo estivo, rimangono più soli. Ci pia- ceva l’idea di mettere insieme culture, situazioni sociali e storie molto diverse ma che potessero fare una vera esperienza di fraternità. Ciò che stiamo vivendo in questi giorni lo dimostra. Avete avuto un contatto diretto con le istituzioni ed anche con vari enti. Come sono andati questi rapporti? Emanuele: Generalmente abbiamo trovato una grande collaborazione da parte di tutte le istituzioni che abbiamo contattato. Mi ha colpito anche vedere che erano di ogni area politica. Penso sia un ulteriore segno del fatto che queste iniziative concorrono all’unità creando una collaborazione tra enti e cittadini per il bene del territorio. In effetti tutte le sere c’è stata la visita di alcuni dei rappresentanti contattati. Pur nel vortice di tante emergenze da gestire è stato presente Guido Bertolaso, capo del Dipartimento della Protezione civile. Sono intervenuti il vice-sindaco M. Pia Garavaglia, il vescovo del settore mons. Vincenzo Apicella, l’assessore alle politiche sociali Raffaela Milano, il presidente del XIX Municipio Marco Visconti. Insomma un segno ulteriore di come sia stata accolta in maniera positiva e con interesse questa iniziativa – commenta Anna -. Anche perché, come ci ha sottolineato la dott.ssa Milano, Roma vuole essere una città aperta e solidale, con dei cittadini responsabili e Patchworld si inserisce nella direzione di gente responsabile che ha cura del proprio territorio e si impegna per migliorarlo. Certo, trovarsi per una settimana con oltre 200 giovani di Roma, dell’Italia e da altre parti d’Europa e non solo deve essere un’esperienza particolare. L’idea di estendere quest’esperienza anche a giovani che provenivano da altri stati europei – mi spiega Anna – è nata in seno all’allargamento dell’Unione ad altri 10 stati. Ci sembrava un modo per fare un’esperienza concreta di quella unità europea che per noi non è solo politica ed economica ma è soprattutto un’unità di intenti e di valori. Per noi giovani l’Europa è un po’ la nostra casa, il nostro futuro. In questo senso con Patchworld volevamo dimostrare che le diversità dei nostri paesi sono fondamentalmente una ricchezza. Sembra comunque che questi giovani non si fermino all’Europa visto che si sono confrontati ad esempio col rapporto nord-sud del mondo… In effetti come Giovani per un mondo unito abbiamo lo sguardo allargato su tutto il mondo – mi confermano -. Da tanti anni ad esempio portiamo avanti il Progetto Africa, un progetto che basandosi su uno scambio culturale fra giovani africani ed occidentali in genere si concretizza anche con diverse iniziative che permettono di sostenere ospedali, scuole, possibilità di lavoro. Per noi lavorare nel proprio territorio o impegnarci per un’Europa unita è sempre in vista di un mondo unito; e l’Africa è il nostro primo obiettivo in questo momento. Comunicare a tanti gli ideali che animano i Giovani per un mondo unito. È stato facile? Comunicare ideali profondi in questo momento non è mai facile – risponde Emanuele -. Io ho visto però che tutti i giovani venuti a Patchworld si sono dimostrati assetati di qualcosa che vada oltre il consueto vivere quotidiano. In questo senso il nostro Patchtime, l’appuntamento pomeridiano durante il quale approfondivamo gli ideali dei Giovani per un mondo unito, è sta- to un momento prezioso e molto seguito con passaggi toccanti come quando abbiamo parlato di come affrontiamo il dolore. La risonanza in tutti è stata forte. Molti, quando andavano via, continuavano a stare in silenzio perché toccati dalle esperienze che alcuni di noi hanno raccontato. Un sogno nel cassetto dopo Patchworld? È ancora Emanuele: Una cosa che mi piacerebbe molto sarebbe che gli ideali e la concretezza di Patchworld non siano solo una nostra proprietà ma vengano fatti propri anche da altri. Sarebbe bello se le istituzioni e tanti giovani avessero in cuore di diffondere a largo raggio questo tipo di impegno. Dunque abbiamo intuito che la giornata tipo era molto articolata con attività di solidarietà al mattino, laboratori artistici e sport al pomeriggio, un momento di approfondimento spirituale, tavole rotonde in prima serata, musica dal vivo con la partecipazione di alcune band di coetanei e, per finire, il pub, dove continuare ad approfondire e moltiplicare le amicizie. Un mix ben congegnato che ha portato quest’esperienza ben oltre i confini di Patchland. Tanti i contatti con la gente del quartiere che si è sentita interpellata dalla presenza costruttiva di questi giovani. Succede così ad esempio che un signore, visti alcuni di loro che puliscono le strade dei dintorni, lascia 50 euro perché possano fare una degna merenda al bar. E se non bastano poi passo a saldare i conti, dice all’amico barista. Oppure che coi bambini del reparto di neurochirurgia infantile al Gemelli, presentati come casi delicati e difficili, si riesca a giocare e a ridere con semplicità. O che con gli anziani delle case di riposo si costruiscano rapporti profondi. E con le ragazze madri di una casa famiglia ci si scambino scambino confidenze inaspettate… Nello stile della reciprocità e non della beneficenza. Un amore che va e che torna. Nelle serate i contributi sono di vario genere e toccano aspetti diversi della vita: dal rapporto con la natura alla dimensione politica, dagli squilibri nord-sud del mondo ai viaggi nello spazio. Dal locale al globale si viaggia verso il mondo unito. Umberto Guidoni, astronauta e adesso anche eurodeputato, porta i presenti a guardare alla Terra nella sua dimensione universale con immagini mozzafiato ma anche con la sua profonda esperienza. Dalla postazione spaziale – dice – la Terra sembra davvero la casa comune ed io mi sento a casa sia che atterri in Russia o in America. E il deputato italiano Donato Mosella intervenuto al forum sull’Europa invita tutti alla politica del quotidiano impegnandosi per il bene comune a cominciare dai 300 metri che ci sono più vicini. Così mentre c’è chi scrive la costituzione ci sono dei cittadini che riscoprono il valore di costruire un’Europa senza confini. Con una scommessa: da un lato rafforzare le istituzioni, dall’altro sentirsi tutti interpellati. Non manca, lo abbiamo detto, la presenza di rappresentanti delle istituzioni. Apprezzamento ed incoraggiamento del vice-sindaco della città Maria Pia Garavaglia nel vedere l’impegno dei giovani per altri giovani normali. Spesso si opera per persone in difficoltà. C’è una certa attenzione per i drogati, gli ammalati di aids, i barboni, gli emarginati in genere… Ma Roma ha bisogno anche di iniziative come questa per quei giovani che sembrano avere tutto e invece hanno bisogno di tutto. Beh, a guardare la capitale da un satellite in quei giorni molto probabilmente si intravedeva una vitalità giovanile contagiosa. .

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