Un 2009 di solitudini, un 2010 di condivisioni

Presepi

Se leggessimo solo i giornali o guardassimo solo la tivù per capire come in Italia si stia chiudendo il 2009, troveremmo un Paese attraversato da micro e macro conflittualità. Registreremmo le esternazioni di gente isolata, in guerra col mondo intero. Dal premier, che scorge il nemico assoluto nella magistratura, all’ex giudice che annusa venti di fascismo. Dal bullo-Corona che si vergogna d’essere italiano a certi sindaci del Nord in lotta con gli immigrati, causa di tutte le disgrazie. Solitudini.

Perché non guardiamo invece alla nostra Italia che lascia il 2009 per orientarsi verso il 2010 attraverso le parole e gli atti di chi l’Italia la costruisce nella coscienza dei propri limiti? Tanti, noi compresi, cercano di dare voce a questa gente che, consapevole della propria “finitudine”, sa che la vita, la dura e bella vita che ci è data, è ricca di problemi complessi. È perciò necessario il concorso dei più per trovare soluzioni condivise, per forza di cose altrettanto complesse.

Ce lo suggerisce un giovane lettore, Francesco Crepaz, in una appassionata lettera pubblicata nella posta. È finito il tempo delle solitudini, è finita l’epoca delle “separatezze”, dei “solipsismi”, degli umani che si propongono come salvatori della patria. È iniziata la stagione delle condivisioni, dell’altruismo, degli umani che si uniscono ad altri umani per il bene comune.

 

Nella ricerca di soluzioni condivise e praticabili, i cristiani hanno un ruolo unico, quello proposto dal Nazareno, lo sconfitto per eccellenza, colui che morendo ha aperto lo spazio per la vita. E non lo ha fatto indicando una ricetta di facile applicazione; ha invece detto chiaro e tondo che la via di soluzione passa per l’assunzione su di sé della croce. Tutta la sua vita, da Natale fino all’ultima cena, è stata una preparazione alla morte in croce, la confessione estrema della finitezza, del dolore, della incomprensibilità, talvolta, della condizione umana. Condizione nella quale, però, si fa largo il germe della resurrezione. La via dei cristiani è quella della ripetizione della logica della croce: il cristiano «può sollevare il mondo intero», come diceva papa Montini, se prende sul serio questa costosa implicazione personale.

 

L’associazione “Aiuto alla Chiesa che soffre” ha pubblicato anche quest’anno la preziosa fotografia della libertà religiosa nel mondo. I cristiani, come sempre, sono quelli che pagano di più. Non c’è da stupirsene, se il “fondatore” stesso ha fatto la fine dei delinquenti, crocifisso «fuori dalle mura», espulso cioè dal consesso umano perché aveva fatto di tutto per spingere i singoli ad abbandonare “solipsismi” e “separatezze”, imboccando la via dell’altro, dell’autenticità, dell’amore per il nemico. Nulla di meno, un messaggio radicale, devastante per ogni conformismo e per ogni buonismo. Per fare un esempio, è proprio questa logica che ha spinto il card. Tettamanzi a ricordare che l’arcivescovo di Milano «segue solo il Vangelo» quando si trova ad accogliere lo straniero.

Degli attenti osservatori della realtà sociale italiana – tra gli altri Franco sul Corsera, Mancuso su la Repubblica, la Corradi su Avvenire – si sono interrogati sulla presenza dei cattolici in Italia, che si ritroverebbero ormai dispersi e poco influenti. In queste analisi la scala di valori usata è quella del potere e della “visibilità” (il volto assunto dal potere nel XXI secolo). Il metro da usare dovrebbe essere invece quello indicato da Gesù: chi vive il Vangelo, costruisce la comunità e agisce come lievito nella pasta, questi è cristiano.

In questo Natale 2009 rinasce il Bambinello, colui che ha creato comunità, colui che ha eletto la condivisione a regola prima della socialità. Ci dia il coraggio necessario per imitarlo.

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