Tutto tranne la verità

Mentre una parte notevole delle nuove generazioni è evidentemente allo sbando, ci sono cristiani che cercano di insegnare il Vangelo al papa e ai vescovi, e intellettuali che definiscono progresso la disgregazione morale e regresso la difesa di un minimo livello etico della società (rispolverando il classico caso del bue che dice cornuto all’asino). Perché? Facciamoci dare la risposta da un profeta di centocinquant’anni fa (che tra l’altro era in profonda consonanza col nostro Leopardi), il grande Kierkegaard: L’umanità nel corso delle generazioni è divenuta sempre più insulsa. Questo dipende dal fatto che è cresciuta soltanto in direzione della razionalità, della razionalità finita. Ma questo progresso è in un senso più profondo talmente ambiguo che è un regresso, un vero regresso dall’Assoluto, dall’impressione dell’idea di Assoluto: ed è un progresso nel senso d’intendersela sempre più con ciò che è relativo e mediocre, con ciò che è fino a un certo punto. Così si vede anche facilmente che questo progresso è una caduta da ciò che è eterno. Perché la vita di questo mondo è fino a un certo punto. Il risultato è, dice Kierkegaard, che in questa eclissi della verità (la quale non è mai fino a un certo punto), non mi sarà più permesso dire: Io credo che c’è un Dio… ma devo dire: La dottrina del cristianesimo insegna: io credo, ecc. (se me lo lasciano dire). Siamo cioè giunti storicamente alla allergia per la verità, che è sempre latente nell’umanità (ancora Kierkegaard: L’uomo naturalmente ha più paura della verità che della morte), ma oggi, con un salto di qualità in basso, sbandierata, proclamata, e intimata: Non parlateci della verità gridano ormai in coro schiere di mâitres à ne pas penser che con le loro palpebre serrate si rivelano ciechi e guide cieche. Infatti negare la possibilità stessa della verità è più che per un pesce negare l’esistenza dell’acqua in cui nuota, perché il pesce sarebbe semplicemente pazzo, ma chi nega la verità sta esattamente pretendendo di dire la verità, e così alla follia si aggiunge la contraddizione insuperabile. I greci avevano scoperto già migliaia di anni fa questo autogol, il cosiddetto paradosso del cretese. Un cretese dice: Tutti i cretesi sono bugiardi. Ora, se il cretese dice la verità, anche lui è bugiardo; se non dice la verità, è bugiardo. Fin qui i greci. Io aggiungo: evidentemente, anche e specialmente quando si nega la verità, essa esiste, anzi specialmente risplende. Negare la verità è solo una pretesa (pro ratione voluntas, al posto della ragione la volontà, dicevano i latini), una pretesa che non cancella la verità, ma perverte l’umanità delle persone. Perciò la rivolta contro la verità non riesce a proporsi come tesi contro tesi, idea contro idea, ma, essendo frutto di volontà e non di ragione, alla lunga non può che tradursi, anche contro o fuori delle proprie intenzioni, in persecuzione e repressione della verità; cioè, nel concreto, delle persone che semplicemente la vivono, la riconoscono, e all’occorrenza la dicono. Questo per dedurre che chi si rifiuta di scivolare nella deriva dei molti ha molte possibilità di sperimentare su di sé il perseguiteranno anche voi; e, in tale persecuzione, la perfetta letizia, grazie san Francesco, di ritrovarsi perfettamente libero dal gridore , rubo la parola rara a Leonardo da Vinci, che è la necessitata manifestazione dell’assenza di verità.

I più letti della settimana

Chiara D’Urbano nella APP di CN

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons