Tutti assolti

Un mese fa appena il tribunale di Milano aveva assolto Paolo Cantarella ex amministratore delegato e Giorgio Garuzzo, ex presidente di Fiat Auto, accusati di omicidio colposo per i 10 operai morti per forme tumorali provocate dall'esposizione all'amianto nello stabilimento dell'Alfa Romeo di Arese. Stesso verdetto di questi ultimi giorni, anche per gli otto ex manager della Breda Termomeccanica-Ansaldo, accusati di omicidio colposo per la morte di una decina di operai causata, secondo l’accusa, dall’esposizione all’amianto nello stabilimento milanese di viale Sarca tra gli anni ‘70 e il 1985. La protesta dei parenti delle vittime edelle associazioni parti civili nel processo

Un mese fa appena il tribunale di Milano aveva assolto Paolo Cantarella ex amministratore delegato e Giorgio Garuzzo, ex presidente di Fiat Auto, accusati di omicidio colposo per i 10 operai morti per forme tumorali provocate dall’esposizione all’amianto nello stabilimento dell’Alfa Romeo di Arese. Con loro sono stati tutti assolti con la formula “perché il fatto non sussiste” e “per non aver commesso il fatto” per le varie imputazioni, anche gli altri tre dirigenti.

Secondo il pm, gli ex manager nel periodo tra gli anni ’70 e gli anni ’90, non avrebbero adottato le necessarie misure di prevenzione per proteggere i lavoratori dal rischio amianto. Nel corso della requisitoria il pm aveva affermato che anche prima della legge di messa al bando dell’amianto, in vigore dal 1991, «esisteva un apparato normativo che stabiliva che l’uso dell’amianto doveva essere cautelato» e che quindi andavano adottate una serie di misure concrete contro i rischi a cui andavano incontro i lavoratori.

«Vergogna» è stato l’urlo di una figlia delle vittime, e vergogna è stato il grido fuori dall’aula. «È una vergogna, uno schifo, mio padre allora è morto per la gloria». Tra le parti civili, oltre ai familiari di alcuni lavoratori morti, figuravano la Regione Lombardia, il Comune di Arese, l’Associazione italiana esposti amianto e il sindacato Slai Cobas. La sentenza di assoluzione è in linea con i recenti verdetti del tribunale milanese che hanno assolto manager di grandi imprese che erano imputati per omicidio colposo e lesioni colpose per casi di lavoratori morti o ammalati per mesotelioma o altre forme tumorali dopo essere stati esposti senza misure di prevenzione, secondo l’accusa, all’amianto.

Tutti assolti è il verdetto di questi ultimi giorni, anche gli otto ex manager della Breda Termomeccanica-Ansaldo, accusati di omicidio colposo per la morte di una decina di operai causata, secondo l’accusa, dall’esposizione all’amianto nello stabilimento milanese di viale Sarca tra gli anni ‘70 e il 1985.  Il pm per questi imputati aveva chiesto condanne con pene da 2 anni a 4 anni e 11 mesi di reclusione. Aveva parlato di condotte «gravemente colpose» da parte degli imputati, che «sapevano di mettere a rischio i lavoratori» e che «se ne sono infischiati fino al 1985» delle norme sull’amianto. «La Corte che dovrà riflettere molto prima di emettere una sentenza di condanna, pensi attentamente anche alle vittime dell’ amianto», aveva detto rivolgendosi al collegio della nona sezione penale, Laura Mara, avvocato di Medicina Democratica, Aiea e del Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio, associazioni parti civili nel processo. Nemmeno in questo processo, come in altri precedentemente celebrati,  la corte ha tenuto conto delle richieste del p.m. E mentre i familiari delle vittime non vengono risarcite, altri operai continueranno a morire, in attesa che altri signori che danno decretato le loro morti, adottino quanto previsto dalle normative attuali per evitare tutto ciò.

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