Trump, il muro e la comunità

Le stelle e strisce dipinte sulla barriera di separazione col Messico. Ma non erano il simbolo della libertà?

L’aveva promesso, e l’ha fatto. Tra le prime sue misure da presidente Usa, The Donald ha stato dato il via alla costruzione del muro (tra l’altro, non si vede proprio perché dovrebbe pagarlo il Messico!) che separerà gli Stati Uniti dal Messico, appunto. Con lo scopo di arginare l’immigrazione clandestina (non a caso la decisione è stata completata con provvedimenti atti a limitare l’immigrazione da Paesi potenzialmente incubatori di terroristi, come la Siria o l’Iraq).

I muri isolati, senza una finalità sociale, i muri di separazione sono palliativi, segnali d’impotenza, rassicurazioni ad uso elettorale e politico, tentativi di depistaggio, surrogati identitari. Non sono mai stati un’efficace lotta alla delinquenza. I muri in effetti hanno una funzione primaria: non tanto quella di separare una cosa dall’altra, quanto di sostenere un tetto per creare una casa, o di contenere della terra per poterla coltivare, o di proteggere l’intimità dell’abitazione, o di delimitare il campo del sacro. Da soli i muri sono monumenti all’incapacità di un gruppo sociale di fare famiglia, di fare comunità. Peggio, sanno separare le famiglie e le comunità… In California la lingua più parlata è il castillano nelle sue varie forme dialettali, la stessa lingua del Messico.

Diceva Montanelli: «Attenti, col muro si comincia ma al muro si finisce».

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