Tristano e Isotta a Roma

Wagner per lunghe ore ci avvolge con l’incantesimo di un movimento serpentinato che come nebbia ci porta dentro l’amore come forza ineluttabile e irraggiungibile

I tre atti dell’“Azione” scritta e musicata da Richard Wagner non sono solo un poema d’amore che dal 1865 sfida le platee mondiali con la sua complessa musicalità. E le travolge nel sussulto orchestrale e vocale dove la storia cavalleresca dei due giovani innamorati, sedotti dal filtro magico, si snoda lungo ininterrotti racconti di seducente bellezza. Non è questo poema d’amore e di morte un precipitare verso il Nulla dell’impossibilità di amarsi superando i limiti della terrestrità. Wagner per lunghe ore ci avvolge con l’incantesimo di un movimento serpentinato che come nebbia ci porta dentro l’amore come forza ineluttabile e irraggiungibile. Un poema di morte allora, come suggeriva il direttore Daniele Gatti che ha guidato in modo eccellente l’orchestra romana del Teatro dell’Opera, cavandone raffinatezze e colori sfumati? Così come la  regia di Pierre Audi, sulle scene pure di Christof Hetzer, ha tentato, allontanando i due protagonisti – Andreas Schager e Rachel Nichols, perfetti – in una solitudine amara?

Se il testo parla di morte, la musica dice vita. Forse mai come in quest’opera di dissoluzione, Wagner ha esaltato tanto la vita. Miracolo dell’arte.

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