Trieste e la nuova via della seta

Grandi investimenti e nuove attività nello strategico porto della città che rappresenta un tassello decisivo nel rapporto tra la Cina e l’Europa  
ANSA/ PORTO.TRIESTE.IT/ FABRIZIO GIRALDI

Il futuro di Trieste e del suo porto è nelle mani della Cina? La rendita di posizione legata alla sua posizione geografica strategica per l’Europa è davvero sufficiente a garantirne un ruolo centrale nei traffici internazionali? Cosa vuol dire affrontare una sfida che ha come orizzonte la complessità? Trieste è consapevole di giocarsi una parte importante di una partita globale tra Usa e Cina?

Queste alcune delle questioni emerse nel corso della conferenza – che ha registrato il tutto esaurito, ben oltre i 600 presenti, e un numeroso pubblico collegato in diretta Facebook – “La via della seta e del ferro – scenari per Trieste e l’Europa” organizzata dal Limes Club Trieste giovedì 14 febbraio scorso presso la Stazione Marittima di Trieste.

In 300 anni di sodalizio (ossia, la “patente di porto franco”) il cui anniversario ricorrerà il prossimo 18 marzo, Trieste e il suo porto hanno vissuto stagioni di grande sviluppo, alternate a periodi di declino.

Negli ultimi quattro anni, tuttavia, il porto sta conoscendo una nuova stagione di splendore, con un forte incremento dei traffici di merci e l’implementazione di nuovi sbocchi in Europa grazie ai collegamenti ferroviari, sempre più orientati all’intermodalità.

E in questo momento storico Trieste si trova al centro di una partita globale, legata al ruolo che la Cina vuole giocare nel mercato e nella geoeconomia mondiale. Una partita in cui la questione non è solo legata agli investimenti e alle infrastrutture, ma anche alla capacità di costruire relazioni in un mondo che è sì conflittuale, ma è pur sempre un mondo aperto.

«Siamo chiamati, sia a Trieste sia a Roma, a fare delle scelte cui non siamo abituati» ha detto Lucio Caracciolo, direttore di Limes «e dobbiamo esserne consapevoli.  Stati Uniti e Cina in questo momento sono in rotta di collisione in una sorta di guerra fredda. Le vie della seta non sono semplicemente un progetto commerciale, ma un vero e proprio marchio della Cina nel mondo.

E se l’Italia, come ha proposto, sarà il primo Paese del G7 firmatario del Memorandum of understanding con la Cina, per immettersi nel circuito delle vie della seta, darà un segnale importante, anche se non piacerà agli Stati Uniti che non vedono di buon occhio l’accaparramento di risorse in ambito tecnologico sul mercato italiano da parte dei concorrenti cinesi».

Non può però mancare una consapevolezza geopolitica. Come ha affermato Laris Gaiser, docente alla Scuola diplomatica di Vienna, «la geopolitica è impietosa e Trieste lo sa bene, perché essa nasce e muore di geopolitica. In questo momento, i grandi investimenti cinesi nei Balcani, tutti infrastrutturali e non produttivi, stanno dando un segnale abbastanza preciso: la Cina vuole usare la Serbia come piattaforma per entrare nell’Unione europea».

Eppure gli investimenti cinesi coinvolgono Paesi nei quali la bilancia commerciale con la Cina è negativa (quindi in futuro vi sarà un maggiore debito pubblico). E sono tutti investimenti a trattativa privata. Questo il motivo per cui la costruzione della ferrovia Salonicco-Belgrado è stata bloccata dall’Ue. Manca poi anche il collegamento ferroviario da Belgrado a Budapest, quindi, di fatto dal Pireo – porto in mano cinese – in Europa non si arriva.

Per questo Trieste è strategica: «Essa respira solo con il suo porto. E non c’è altra porta per l’Europa» ha concluso Gaiser.

Ma insieme alla geopolitica, vi è il nodo della complessità del sistema. Per Giovanni Longo, docente di Ingegneria dei Trasporti all’Università di Trieste, «Trieste è al centro dell’Europa e del corridoio Adriatico-Baltico, ma questa rendita di posizione non è sufficiente. Siamo al centro di un sistema e ci sono tanti elementi che incidono nella sua gestione. Se poi mettiamo insieme a questo la complessità specifica del sistema ferroviario si capisce come avere una visione strategica sia di fondamentale importanza».

Riferendosi all’investimento cinese nel porto del Pireo, Zeno D’Agostino, presidente dell’Autorità di Sistema Portuale Mare Adriatico Orientale, ha quindi affermato che «anche i cinesi sbagliano (perché dal Pireo non si va da nessuna parte), ma se lo possono permettere perché hanno a disposizione molti soldi. Noi, invece, non possiamo sbagliare. Su Trieste si sta concentrando un’attenzione internazionale fortissima e questa cosa ce la dobbiamo giocare bene».

Interessante anche la posizione dei lavoratori portuali di Trieste, rappresentati da Massimo Giurissevich che ha ripercorso i traguardi degli ultimi anni in «aumento dei traffici, incremento dei turni di lavoro e dei giovani lavoratori con un occhio di riguardo alla sicurezza per tutti i lavoratori del porto» appoggiando l’ipotesi dell’ingresso nel circuito delle vie della seta purché «questo porti lavoro e valorizzi la specificità del nostro porto, extra Ue».

Ed infine l’invito di Stefano Visintin dell’Associazione Spedizionieri del Porto di Trieste ad «avere coraggio ogni giorno. Un coraggio che ha avuto Francesco Russo – che da senatore ottenne la sdemanializzazione del Porto Vecchio di Trieste – e che dovranno avere anche i politici nazionali. Bisogna prendere atto che a Trieste si stanno facendo cose coraggiose – vedi l’area retroportuale logistica della Free Zone of Trieste da poco inaugurata –  e bisogna decidere».

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