Tra pace ed elezioni

Le strane coincidenze della storia che incrocia la vita dei popoli e delle persone. L'India ritrova i Gandhi e lo Sri Lanka la pace.
Tra pace ed elezioni

 

Sono di questi giorni due notizie che hanno fatto colpo: la conferma del Partito del Congresso e della sua coalizione nelle elezioni svoltesi in India e la conclusione, definitiva si spera, della guerra civile in Sri Lanka fra esercito regolare e guerriglieri tamil. Avvenimenti che sembrerebbero avere un solo elemento comune: il teatro del subcontinente indiano. Ma c’è di più, molto di più.

 

La stella nascente

 

Rahul Gandhi ha la faccia fresca di un uomo ancor giovane eppure già maturo. È alla soglia dei quaranta e ricorda in modo impressionante il padre, Rajiv. Mr. Clean (il signor Pulito) lo avevano soprannominato, quando, nel 1984, si trovò catapultato alla testa di un Paese che gli diede un mandato plebiscitario. Poche settimane prima aveva acceso la pira funeraria della madre, Indira, per anni protagonista indiscussa della politica internazionale e premier della più grande democrazia del mondo, morta crivellata di colpi sparati dalle due guardie del corpo.

Rajiv, marito di Sonia, l’italiana di Orbassano, conosciuta 18 anni prima a Oxford, senza alcuna esperienza politica – da pilota dell’Indian Airlines si era trovato a fianco della madre dopo la tragica morte del fratello Sanjay – balzò al governo di un Paese immenso con problemi immani e senza una vera opposizione. Furono tempi importanti, ma anche burrascosi.

Pochi anni dopo, durante la campagna elettorale che lo avrebbe riportato al potere, perso dopo il primo quinquennio, Rajiv cadeva anch’egli vittima di un attentato, una bomba suicida della guerriglia tamil dello Sri Lanka. La minoranza dell’isola di Ceylon non gli aveva perdonato un accordo con il governo di Colombo che aveva, di fatto, favorito le forze governative con l’invio di truppe.

 

È passata una generazione. Il Congresso oggi è il vincitore delle elezioni in India, una vittoria su tutti i fronti, inattesa soprattutto nei numeri, ma con un protagonista indiscusso: Rahul. La sue foto, con la sorella Priyanka accanto, hanno fatto il giro del mondo. Sono diventati volti conosciuti anche fuori dell’India.

La stampa locale, sorpresa della debacle del Bharathya Janata Party (Bjp), non ha esitato a riconoscere i meriti del giovane Gandhi, passato da inesperto apprendista ad attento stratega. In effetti, il suo ruolo è stato riconosciuto da tutti. Lo stesso premier uscente, Manmohan Singh, nell’accettare il secondo mandato consecutivo – non succedeva dai tempi del Pundit Nehru –, ha confermato la sua disponibilità senza nascondere la possibilità di un ritorno della famiglia Nehru-Gandhi alla guida del Paese. Un accenno chiaro a Rahul.

Il successo del Congresso ha confermato che l’India ha decisamente rifiutato la politica dell’Hindutva (India agli indù), che i fondamentalisti hanno cavalcato per due decenni con risultati sorprendenti dalla seconda metà degli anni Novanta. Oggi, quel linguaggio non sembra attirare più gli indiani. L’opposizione fondamentalista dopo la sconfitta subìta cinque anni fa, non ha trovato le vie per rigenerarsi. Comunque il fondamentalismo rimane sulla breccia e costituisce ancora, a diversi livelli e su sponde opposte, una minaccia seria per la società indiana.

Quello che è certo, tuttavia, è l’allergia dell’India del 2010 a certe forme stereotipate che rischiano di chiudere il Paese alla scena internazionale. La stabilità che la coalizione vittoriosa sembra garantire ha già fatto fare un balzo, inatteso di questi tempi, alla borsa di Mumbai.

Nelle prossime settimane si chiariranno tutti i vari giochi delle alleanze per un governo che dovrebbe, salvo imprevisti, restare stabile nel prossimo quinquennio. Rahul ne sarà senza dubbio un protagonista.

 

La guerra dimenticata

 

La conclusione della guerra in Sri Lanka è arrivata a sorpresa, anche se da alcune settimane le truppe governative stavano sferrando delle offensive decisive contro i tamil. Di questo conflitto, più che ventennale, il mondo non si è mai occupato; o, meglio, se lo ha fatto è stato per approfittare dell’occasione preziosa di un nuovo mercato di armi. Nel passato gli interessi di varie potenze mondiali hanno contribuito a mantenere in vita un conflitto che, in vari momenti, sembrava a un passo dalla soluzione.

Il problema fra tamil e cingalesi è reale e complesso, ed affonda le sue radici nel periodo della colonizzazione britannica che, favorendo la razza tamil, ha finito per creare una reazione a favore della maggioranza cingalese, scoppiata in modo chiaro, una volta ottenuta l’indipendenza. Negli anni Sessanta e Settanta i tamil si sono trovati alle corde e la guerriglia non era un’opzione chimerica. A partire dai primi Ottanta, l’escalation della violenza ha fatto 70 mila vittime in un’isola con poco più di 17 milioni di abitanti. Una guerra di violenza inaudita.

La guerriglia tamil ha il triste onore di aver dato inizio alle bombe suicide, dimostrando, con azioni spettacolari, di poter colpire dove e quando voleva: l’aeroporto di Colombo è stato bombardato due volte, i templi buddhisti di Kandy sono stati colpiti con furgoni carichi di tritolo, i mercati, i treni e gli autobus sono stati teatro di esplosioni micidiali senza scampo.

La guerra ora è finita. La gente, i cingalesi ovviamente, hanno celebrato con mortaretti e proclami. Ma il popolo tamil, soprattutto lungo la costa nord-orientale, è allo stremo: si parla di catastrofe umanitaria. Lo Sri Lanka nei fatti è un Paese diviso in due. Si passa dalla vita agiata della capitale e di città come Kandy alla fame di villaggi devastati dalla guerra, con gente testimone di violenze, con vite perse ogni giorno nei campi minati. La gente per decenni ha vissuto nel terrore delle rappresaglie delle truppe governative, ma anche di Prabhakaran, il leader carismatico della guerra tamil e dei suoi. Bambini e bambine tamil venivano presi alle famiglie e diventavano guerriglieri in erba. Ma le agenzie del governo hanno diffuso l’immagine del leader tamil ucciso. Si tratta, quindi, di cominciare la ricostruzione di un terzo del Paese. Ma soprattutto ci vorranno generazioni per sanare le ferite di 25 anni di guerra fra cingalesi e tamil.

L’India potrebbe giocare un ruolo importante. Il Tamil Nadu è uno Stato importante nello scacchiere della politica indiana, e il partito locale del Dmk fa parte della coalizione che ha vinto le elezioni con il Congresso. Il grande vicino non può ignorare la situazione di migliaia di tamil sull’isola a pochi chilometri di mare dalle sue coste. Quale sarà il ruolo del nuovo governo Singh nella ricostruzione dello Sri Lanka? E Rahul, nuova stella del firmamento politico indiano, saprà fare passi anche verso i tamil, che uccisero il padre?

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